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TANTI DONI PER L'ALDILA'

Per rendere meno gravoso il cammino verso il mondo dei morti, i Sumeri sono soliti "regalare" al defunto diversi oggetti, che sono posti nella bara a lato del cadavere. Che, spesso, viene sepolto in maniera raggomitolata, una posizione che ricorda quella del feto. Come a voler indicare che l'uomo, morendo, torna ad inserirsi nel ciclo vitale della natura: ovvero, che vita e morte sono sempre indissolubilmente legate.

Artefici di mille anni di storia. Abili coltivatori dei più disparati generi di piante, grandi esperti di sistemi idrici, sapienti architetti, i Sumeri abitano la pianura tra i due fiumi, il Tigri e l'Eufrate, la cosiddetta "Mesopotamia", sin dal 3600 a.C.
Per gli Assiri e i Babilonesi, "Sumer" è la terra che corrisponde circa alla parte meridionale dell'attuale Iraq, che si affaccia sul Golfo Persico: qui l'operosa civiltà vive e lavora, suddivisa in tanti piccoli staterelli, ognuno con una piccola dinastia, fino verso il 2600 a.C., quando ha fine la potenza sumerica per il sopravvenire di invasioni di gente semitica.
Ed è in queste terre che vede la luce, attorno al 3000, la prima città della storia dell'umanità: Uruk, caratterizzata da una imponente cinta muraria di oltre nove chilometri. Un centro politico ed amministrativo di enorme importanza, che si espande commercialmente nel vicino oriente e fonda colonie commerciali.

TUNICHE NUOVE E CINTURE PREZIOSE. Coscienti della fragilità umana di fronte ai violenti fenomeni della natura, grande rilievo ha per i Sumeri la divinità e tutto quello che riguarda la vita dopo la morte. Tanto che, anche se la loro occupazione principale è l'agricoltura, davvero fiorente grazie a sofisticati sistemi di canalizzazione delle acque, spendono grandi energie nella costruzione di templi per gli dei. Così, pure, hanno anche una particolare cura per i loro defunti: le numerose tombe e i cimiteri riemersi dagli scavi archeologici, stanno a dimostrare quanto siano importanti le sepolture per questo popolo.
Fin dagli albori della civiltà, al corpo del defunto viene prestata grande attenzione: dopo essere stato "purificato" con l'acqua, viene rivestito di una tunica nuova, il più delle volte stretta da una cintura in vita. Tanto più è ricco il defunto, tanto più la cintura è arricchita di gemme preziose. Portato su una specie di lettiga nella tomba, di solito una fossa scavata nella terra, viene posto, nel luogo di sepoltura, in una bara di legno, piena di doni: è questo l'omaggio che i superstiti gli fanno, probabilmente per rendergli più dolce il cammino che sta per intraprendere. Non solo: al defunto vengono anche lasciati oggetti personali: cosa che fa supporre la credenza che il defunto continui a vivere dopo la morte. Spesso, poi, il cadavere, anziché essere lasciato disteso o adagiato sulla parte destra, viene sepolto in maniera raggomitolata. Una posizione che ricorda quella dell'embrione nel ventre materno: probabilmente, un modo per indicare l'idea che l'uomo, morendo, non ricade nel nulla, ma torna ad inserirsi nel ciclo vitale. Un ciclo fatto, inevitabilmente, di vita e di morte.

IL CIMITERO REALE DI UR. Se alla gente sumera viene assicurata una dignitosa sepoltura, grandiosa è quella riservata ai sovrani. In particolare, la necropoli dei principi della città di Ur, vivace e prospero centro a sud est di Uruk, è un grande esempio dell'arte, della cultura, delle tradizioni di questa civiltà. Ritrovato circa una settantina di anni fa, il regale cimitero ha oltre milleottocento tombe, ricchissime di corredi funerari: dagli elmi, ornamenti per capelli, recipienti, tutti d'oro e d'argento, agli strumenti musicali con preziosi lavori d'intarsio e guarnizioni in metallo e pietre preziose, dalle spade ai pugnali.
Mentre al di sopra del suolo è una costruzione in muratura, con una volta a forma di cupola, all'interno una rampa conduce alle vere e proprie tombe sotterranee. Particolarmente interessante una zona della tomba, in cui viene individuato il seguito del sovrano Abarage e la sua consorte, la regina Pu-Abi: soldati con gli elmi e le armi, sacerdoti e musicanti, uomini e donne di corte con ornamenti d'oro, lapislazzuli e corniola, servi, addirittura carri con i buoi, asini e leoni.
Una ottantina di personaggi, molto probabilmente morti suicidi per seguire la sorte dei loro principi: infatti, accanto a quei corpi, vengono trovati calici, che si suppone contenessero appunto veleno. Raffinato in modo particolare è il corredo funebre di Pu-Abi: sepolta in una bara di legno, con una tazza d'oro accanto alla mano, ha la parte superiore del corpo completamente nascosta da una massa di grani d'oro, argenti, lapislazzuli e corniola. Quasi un mantello che la protegge.

UNA FORTEZZA, DALLE REGOLE FERREE. Ben definito e localizzato, per i Sumeri il mondo dei morti si trova sottoterra ed ha nomi significativi: "ki-gal", la grande terra, "kur-nu-gia", la terra senza ritorno. È circondato da sette mura, come una fortezza, e vi regnano regole ferree: la prima, quella fondamentale, è quella per cui nessuno, una volta entrato, potrà più uscirne. Capo degli Inferi è la dea Ereshkigal, mentre la funzione di giudici è esercitata da sette dei, gli Anunna. Decisioni e leggi vengono fatte osservare dai demoni, esseri ripugnanti ma incorruttibili. Sembra che la sorte dell'uomo sumero nell'aldilà non sia affatto piacevole.
Determinante è la maniera in cui si muore: chi muore per una disgrazia è condannato a soffrire. Anche il numero dei figli può essere rilevante per il destino nell'aldilà: solo chi ha parecchi figli potrà godere negli Inferi. Comunque, nonostante nel mondo dei morti non vi siano grandi gioie, i sumeri hanno piena fiducia nella divinità, che venerano e rispettano: per loro, infatti, un compito fondamentale è quello di costruire templi per gli dei, per comunicare con loro attraverso le preghiere, affinché li seguano nelle terrene vicende. E, coscienti dell'abisso profondo che li separa dagli dei, affidano le attività di culto a sacerdoti, sacerdotesse e cantori, a cui tocca recitare gli inni e le lamentazioni funebri.
Elevato il numero degli dei: oltre cinquecento. Ovviamente, non tutti sono onorati in ogni città, ma ogni centro ha una sorta di pantheon proprio. Il dio principale è Enki, il creatore dell'uomo e divinità dell'acqua dolce del sottosuolo, che, avvicinandosi alla terra, fa sì che diventi fertile e dia vita alle piante. Enlil è invece il dio dell'atmosfera, dell'aria e del vento ed è lui che separa terra e cielo e che fa sorgere la vita sulla terra.
Quanto all'uomo, è stato creato per subentrare agli dei nel duro lavoro della terra: infatti, prima della sua esistenza, toccava a loro lavorare per procurarsi il sostentamento. Così, proprio per porre fine a questo stato di cose, il dio Enki crea l'essere umano. Che diventa il continuatore dell'opera degli dei nel mondo.
E, lavorando, si assicura la loro benevolenza.
 
Gianna Boetti

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