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Fuoco, per liberare l’anima

Se l’uomo di Neandertal copre il capo dei suoi defunti con ocra rossa, molto probabilmente per ricordare il colore del sangue, forza vitale, l’homo sapiens dispone i cadaveri verso est, dove nasce il sole: un segno, forse, della speranza della rinascita. Col tempo, soprattutto dal 3000 a.C., inizia a praticarsi anche la cremazione: perché, grazie alle fiamme, il trapassato volerà in cielo.
Se l’uomo di Neandertal copre il capo dei suoi defunti con ocra rossa, molto probabilmente per ricordare il colore del sangue, forza vitale, l’homo sapiens dispone i cadaveri verso est, dove nasce il sole: un segno, forse, della speranza della rinascita. Col tempo, soprattutto dal 3000 a.C., inizia a praticarsi anche la cremazione: perché, grazie alle fiamme, il trapassato volerà in cielo.


Insediati in accampamenti all’aperto e in grotte, vivono di caccia e di pesca, spostandosi spesso alla ricerca di cibo. A partire da 150 mila anni fa, gli uomini di Neandertal abitano l’Europa e il vicino Oriente, nutrendosi anche di radici e di numerosi vegetali selvatici, raccolti per lo più dalle donne e dai bambini. Così chiamati dal nome della località della Germania occidentale, non lontano da Dusseldorf, dove verso la metà del secolo scorso vengono trovati i primi resti di questo tipo, i neandertaliani, caratterizzati da cranio schiacciato ed allungato, fronte bassa e corporatura robusta e muscolosa, mani enormi e gambe leggermente piegate, sono presenti sulla Terra fino a circa 35 mila anni fa. In tutto questo arco di tempo, uccidono gli animali con strumenti di pietra e usano le loro pelli per coprirsi. E già praticano le sepolture dei loro defunti: quelle più antiche risalgono a 100 mila anni fa.

MANDIBOLE E CONCHIGLIE. Sono stati trovati anche numerosi crani e mandibole risalenti a 400 mila anni prima di Cristo: una scoperta che ha fatto pensare gli studiosi alla usanza, documentata ancora recentemente presso alcune tribù australiane, di conservare i crani dei genitori morti e di portarli con sé in ogni luogo. Anche se, date le ere così remote, risulta difficile dare una interpretazione a questi ritrovamenti. Comunque, la credenza di una vita dopo la morte sembra presente fin dalle prime sepolture dell’uomo di Neandertal: infatti, alle volte la testa del defunto viene cosparsa di ocra rossa, colore che indica il sangue, il simbolo della vita. Questa pratica, diffusa dalle coste occidentali dell’Europa all’Africa, dall’Australia alla Tasmania, dall’America fino alla Terra del Fuoco, sembra dunque collegata all’idea della presenza di una forza vitale che contrasta la quiete della morte. In alcuni casi, i cadaveri vengono sepolti in posizione ripiegata o addirittura legati: cosa che potrebbe far pensare ad una precauzione contro l’eventuale ritorno del morto. Alcuni ricercatori, però, collegano la posizione piegata del defunto non alla paura del suo ritorno, quanto alla speranza della rinascita: se testa e piedi si toccano, infatti, vuol dire che il ciclo vitale non si esaurisce, ma continua all’infinito. Alle volte l’uomo di Neandertal lascia vicino al cadavere anche conchiglie, ossa di animali, piccoli strumenti di pietra. Alcuni corpi di bambini, invece, sono circondati da corna di stambecco: si tratta, forse, di una sorta di protezione contro le insidie del tempo.
Estinti i neandertaliani, inizia a comparire un nuovo tipo: è l’homo sapiens, un uomo vero e proprio, che vive in gruppo e diventa sempre più abile nella realizzazione degli utensili. Pur conducendo per millenni una esistenza simile a quella del suo predecessore, continua a progredire con continuità: impara a costruire oggetti di corno, di osso, d’avorio, a levigare la pietra e, col tempo, a lavorare i metalli. Anche le sue sepolture sono più elaborate: i corpi vengono deposti con cura in fosse, in posizione allungata, e interamente cosparsi di ocra rossa. Il corredo funebre diventa più ricco: collane, pezzi di selce e di avorio, sempre più conchiglie. Spesso colloca alcune pietre sulle braccia, sulle mani e sui piedi del defunto, mentre usa le conchiglie preferibilmente per coprire la testa. Molto probabilmente sono offerte al defunto, che sta per incominciare una nuova vita. Infatti, per gli studiosi l’homo sapiens crede in una esistenza dopo la morte: una idea collegata, oltre che alla deposizione di oggetti accanto al cadavere, alla disposizione del corpo verso est, là dove nasce il sole. Un segno, forse, della speranza nella rinascita.
Ossa di orsi e rituali. Nelle preistoriche caverne delle regioni intorno alle Alpi, sono stati finora trovati numerosi depositi di ossa di orsi, dai quali l’homo sapiens impara astutamente a difendersi: attirandoli nelle caverne e soffocandoli con il fumo. In particolare, in grotte della attuale Svizzera, sono stati scoperti soprattutto crani e ossa lunghe del possente animale: alle volte, sono raggruppate e disposte lungo la parete della caverna, oppure in nicchie naturali della roccia, molto spesso orientate da est a ovest. Questi resti di orsi hanno portato gli studiosi a ritenere che i primitivi cacciatori credano in una sorta di "signore degli animali", al quale offrono parti dell’animale, soprattutto cervello e midollo, cioè le parti più apprezzate. Altri ricercatori hanno collegato questi ritrovamenti con il culto dell’orso praticato fino al XIX secolo da alcune popolazioni nomadi dell’emisfero del nord, che comporta la conservazione del cranio e delle ossa lunghe dell’orso ucciso, affinché il Signore degli Animali possa risuscitarlo l’anno successivo. Per questo, la sepoltura dell’animale serve ad evitare che le ossa siano divorate dai cani e da altre bestie selvatiche e, quindi, si possano nuovamente ricoprire di carne.
Un fossile di un giovane orso bruno, trovato in una zona dell’odierna Polonia, sembra invece anticipare un rituale praticato dagli Ainu, popolo molto religioso stanziato nelle isole settentrionali del Giappone: il primitivo esemplare ha i denti incisivi e i canini segati o limati, mentre i molari sono ancora in un eccellente stato di conservazione. Parrebbe quasi una remota "festa dell’orso", evento che si celebra appunto presso gli Ainu: prima di essere abbattuto, l’animale deve subire il taglio dei canini e degli incisivi con una specie di sega, affinché non possa più ferire i partecipanti al rito. Si tratta di una cerimonia molto importante: l’anima dell’orso è inviata come messaggera dagli uomini presso la divinità protettrice, affinché questa garantisca il successo delle cacce future.

SOTTO LE DIMORE E NELLE GROTTE. Verso il 10 mila a.C., l’homo sapiens impara a levigare la pietra: è il cosiddetto periodo neolitico, che provoca una vera rivoluzione nelle condizioni di vita. La caccia non è più l’unica occupazione, si fanno le prime piantagioni, inizia a praticarsi la pastorizia. Nascono così i primi villaggi, dove gli uomini vivono più stabilmente. I morti vengono spesso posti sotto le abitazioni, anche se la maggior parte delle sepolture avviene nelle sporgenze naturali della roccia o nelle grotte. Spesso, soprattutto nelle grotte, la tomba contiene più di uno scheletro: si tratta probabilmente di appartenenti alla stessa famiglia. Qui, sono spesso incise nella pietra figure femminili: potrebbero essere divinità, protettrici della tribù o della tomba, che vegliano sui morti. In questa età si pratica anche la cremazione, di cui sono state trovate tracce in quasi tutto il territorio europeo. Verso il 7000 a.C., soprattutto nelle regioni dell’Europa orientale, i corredi funebri si fanno più consistenti. Ai morti sono lasciati diversi oggetti, personali e di uso quotidiano: vasi di legno, tessuti, pietre. Probabilmente, l’uomo già crede che tutti questi beni siano necessari nell’oltretomba. Grandi cure sono dedicate alla testa del defunto, che viene addirittura modellata con una sorta di fango. Gli occhi sono invece ricoperti da conchiglie: magari, gli uomini del neolitico pensano di conservare così il ricordo del loro congiunto.
Il funerale del capo. Alla fine della età della pietra levigata, l’uomo inizia ad usare i metalli per le sue attività: prima il rame, poi il lo stagno, quindi il bronzo. La civiltà dei metalli, che inizia ad affacciarsi verso il 3000 a.C., comporta il sorgere della prima rudimentale metallurgia, che richiede il lavoro di tecnici specializzati. Così, nella società iniziano a distinguersi i gruppi professionali e a manifestarsi le differenze sociali. Anche nei funerali. Le cerimonie per i capi delle tribù diventano piuttosto sfarzose e nelle loro tombe si colloca una grande quantità di oggetti preziosi, utensili e anche cavalli. Talvolta accompagnano il defunto nell’oltretomba persino alcuni uomini, uccisi per l’occasione. Un grande tumulo, poi, chiude il luogo della sepoltura. In queste epoche si diffonde ancora più la cremazione: a questa è collegata l’idea che il fuoco liberi l’anima, dandole la possibilità di volare in cielo.
 
Gianna Boetti

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