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Riti commemorativi collettivi

All’indomani della fine del lockdown si moltiplicano le celebrazioni collettive per ricordare le vittime del Covid-19 e per colmare il vuoto determinato dall’impossibilità di celebrare il funerale durante il periodo dell’emergenza.

La Bergamasca non dimentica i suoi morti. Dopo i mesi di imposta clausura è arrivato finalmente il momento di rendere omaggio alle vittime e dare sfogo a quel lutto sospeso che impedisce l’elaborazione della perdita e determina un blocco emotivo in chi l’ha subìto. Una tragedia che ha colpito interi paesi, dove non c’è persona che non abbia perso un parente, un amico o un conoscente. Comunità unite dalla sofferenza, da un senso di sgomento e di impotenza di fronte a quanto stava accadendo. Per questo, oltre alle funzioni private, è emersa forte l’esigenza di una celebrazione collettiva perché, se una cosa buona è venuta da questo dramma, è stata una ritrovata vicinanza e una grande solidarietà con gli altri.

E così il 21 giugno, il giorno che segna l’inizio dell’estate, Alzano Lombardo ha istituito una giornata della memoria per ricordare non solo le sue 139 vittime, ma anche tutti coloro che si sono prodigati senza risparmiarsi per fronteggiare l’emergenza. "Si è scelto – ha spiegato il sindaco Camillo Bertocchi – di celebrare questo momento nel giorno del solstizio d’estate, la giornata in cui la luce dura di più. Vorremmo segnasse la vittoria della luce sulle tenebre, il passaggio alla maturità della stagione più bella e feconda di frutti della terra. Abbiamo pensato a una giornata contraddistinta dalla sobrietà, momenti semplici di raccoglimento”. L’evento si è svolto nello stadio cittadino e per garantire il distanziamento sociale per ogni deceduto sono state ammesse cinque persone tra parenti ed amici. La cerimonia è stata contraddistinta da due momenti: uno religioso con una messa officiata dai sacerdoti delle varie parrocchie e quindi un rito civile. A ciò ha fatto seguito un Consiglio Comunale straordinario tenutosi all’aperto nella piazza cittadina per ringraziare i volontari delle diverse associazioni. La giornata si è conclusa con il concerto per pianoforte del maestro Gabriele Rota. Tutta la cittadina è stata coinvolta: i negozi sono stati invitati a rimanere aperti e bar e ristoranti a proporre menù particolari. “L’idea – racconta l’assessore al Commercio Giovanna Zanchi - è che, nella quiete di questa giornata, ci si ritrovi per le strade, magari rinunciando all’auto, ricominciando a vivere la città”.

Analoga iniziativa si è svolta il 23 giugno a Nembro, il paese che ufficialmente conta 188 decessi da Covid-19 ma dove, confrontando i dati di mortalità degli ultimi otto anni, si sospetta siano molti di più.  Anche qui nel campo sportivo si è celebrata una toccante funzione religiosa alla presenza di un migliaio di persone (tutte quelle che vi potevano avere accesso nel rispetto delle misure di sicurezza). 188 rintocchi di campana hanno scandito la cerimonia, uno per ricordare ciascuna vittima. “Abbiamo portato i nostri morti al cimitero senza alcuna cerimonia – racconta Laura, che ha perso il padre e due zii, alla redazione de Il Fatto Quotidiano - oggi possiamo condividere il nostro dolore insieme mentre negli scorsi mesi ognuno ha vissuto il dolore da solo”.

Nel suggestivo borgo di Clusone in Alta Val Seriana, oltre ad una funzione religiosa comunitaria che si è tenuta il 24 giugno, festa del patrono, il parroco ha deciso di celebrare 90 messe, una al giorno, per novanta giorni per rendere omaggio ad ogni vittima del virus. L’idea è venuta a monsignor Giuliano Borlini, arciprete di Clusone, che intende in questo modo riservare ad ogni defunto un ricordo da condividere con familiari e amici.
 
Domenica 28 giugno è stata Bergamo, il capoluogo di una provincia diventata tristemente famosa a livello mondiale per l’enorme tasso di mortalità dovuta al coronavirus, ad essere protagonista di una celebrazione istituzionale alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, avvenuta nello spazio antistante il cimitero monumentale della città, trasmessa in diretta da RAI1. "La mia partecipazione vuole testimoniare la vicinanza della Repubblica ai cittadini di questa terra così duramente colpita. Bergamo, oggi, rappresenta l’intera Italia, il cuore della Repubblica", ha dichiarato Matterella. E ancora: “Ci ritroviamo qui per ricordare. Per fare memoria dei tanti che non ci sono più. Del lutto che ha toccato tante famiglie, lasciando nelle nostre comunità un vuoto che niente potrà colmare“. Non manca un invito a riflettere sugli errori commessi “da non ripetere” e un elogio al personale sanitario, alla Protezione Civile, alle forze dell’ordine, agli amministratori pubblici e ai tanti volontari, testimoni di valori positivi.
Una cerimonia sobria, dai toni misurati, anche nel numero degli interventi. Presenti tutti i 243 sindaci della provincia, assieme al primo cittadino di Bergamo Giorgio Gori e al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, a ricordare gli oltre 6.000 morti, una ferita indelebile nel tessuto sociale di quel territorio. Momento culminate della serata, dopo la deposizione di una corona alla memoria e la lettura di alcuni brani, è stato l’esecuzione del concerto Messa da Requiem di Donizetti. 

Manifestazioni simili si sono svolte in molte località delle zone più toccate dal micidiale virus. A Mantova l’associazione Maria Bianchi per il sostegno al lutto si è resa promotrice dell’organizzazione di una cerimonia laica che si è tenuta al Cimitero Monumentale lo scorso 3 luglio. L’idea dello psicologo Nicola Ferrari, realizzata in collaborazione con Maria Angela Gelati, cerimoniere ed esperta delle tematiche della morte, ha incontrato subito il favorevole accoglimento delle istituzioni pubbliche (Comune, Azienda Sanitaria e la municipalizzata TEA) ed è stata inserita fra le iniziative della settimana dei cimiteri storici europei promossa da ASCE. “Un rito collettivo per commemorare i nostri cari, un’esperienza per vivere il lutto individuale in una dimensione di comunità - ci spiega Nicola Ferrari - è stato l’obiettivo che ha dato vita a questa iniziativa. Non a caso l’abbiamo chiamata ‘Noi’, intendendo  mettere fortemente in risalto il valore della condivisione, perché il dolore quando trova luoghi, persone, momenti per essere raccontato e accolto da altri, diminuisce la sua carica angosciante, permettendo un iniziale senso di maggior sollievo e di minore solitudine”.

I partecipanti sono stati accolti all’ingresso del cimitero, punto simbolico di passaggio, dalle autorità cittadine. Quindi condotti in silenzio nella sala del commiato. Qui, guidati dai promotori, sono stati invitati a disporsi in cerchio e ad accendere insieme una candela, emblema di luce e di vita. Quindi ognuno ha scandito il nome del proprio caro e successivamente, stimolato con tatto,  ha raccontato la sua storia  dando libero sfogo ai propri pensieri ed emozioni.  Uno dei momenti più toccanti è stato il passaggio di mano in mano (ovviamente con tutte le dovute cautele imposte dalle regole per la sicurezza sanitaria!) di un oggetto di particolare significato appartenuto al defunto, venendosi così a creare quel legame condiviso che rafforza il senso di appartenenza alla propria comunità. “È stata una cerimonia molto emozionante - racconta ancora Nicola Ferrari  - e ha commosso anche chi, tra i presenti, non aveva subìto un lutto. Abbiamo scelto il silenzio alla musica per accompagnare la commemorazione e renderla ancora più intesa ed il silenzio si è rivelato la colonna sonora più adeguata ed efficace”. 

Certamente nulla sarà come prima nella vita chi ha vissuto direttamente o da vicino l’esperienza della pandemia, che, oltre al dolore della perdita, ha dovuto subire anche il trauma di non aver potuto accompagnare il proprio caro nei suoi ultimi giorni e dell’impossibilità di salutarlo nei modi convenzionali. Queste cerimonie postume hanno dunque un grande valore umano e psicologico: per ripercorrere insieme ciò che è stato, per rendere omaggio alle vittime, per non dimenticare, per chiudere quel cerchio di sofferenza e poter guardare al domani.
 
Raffaella Segantin


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