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SLEEPERS

Affacciarsi alla finestra della verità

“Non vale la pena buttare la propria vita per pareggiare un conto”
La vicenda di Barry Levinson si consuma tra i vicoli di Hell’s Kitchen, degradato e degradante quartiere di New York che vive di droga, di criminalità e di corruzione. Levinson si avventura tra i marciapiedi, scruta con occhi indiscreti nei bar e negli appartamenti privati e proietta l’immagine fumosa di una umanità disillusa, ma ostinatamente illuminata dalla luce del sole.
A Hell’s Kitchen vivono quattro amici, appena adolescenti, che si aggirano per il quartiere con serena indolenza, consapevoli della propria realtà sociale, ma senza particolare intenzione di sfuggirla. La loro è una amicizia genuina, garbatamente delineata dalla mano del regista, che filtra attraverso lo schermo e getta un chiarore soffuso sulla sordida collettività da cui sono circondati. Un tragico incidente, però, spezza la loro quiete giocosa e una bravata finita male li porta a un passo dall’uccidere un uomo e a diciotto mesi in riformatorio. Il sole di Hell’s Kitchen diventa il grigiore del Wilkinson, il carcere minorile maschile a cui tutti e quattro vengono destinati: tra le mura del penitenziario conflagra la loro infanzia, demolita barbaramente da violenze e stupri, bagnata da soffocati pianti notturni e invocata a gran voce da grida di pietà.
Levinson vira dall’allegria al dramma con modestia, quasi sottotono, e non esaspera i toni di una vicenda già dolorosa per sua natura, ma anzi sfuma i particolari più scabrosi lasciando allo spettatore il fardello dell’interpretazione. L’esperienza al Wilkinson è lo spartiacque della vicenda che si divide nettamente in due grandi momenti: l’infanzia rubata (prima) e l’età adulta che sconta le memorie e le tragedie del passato (poi).
La seconda parte di Sleepers muta forma e diventa un thriller giudiziario, dalla rigorosa impalcatura, i cui protagonisti sono sempre i quattro di Hell’s Kitchen, ma più cresciuti e meno amici. Trasfigurati dal riformatorio, i ragazzi crescono schivi e diffidenti, traboccanti di odio e di rabbia verso il mondo, sfiduciati dal genere umano ed incapaci di relazioni. Vivono in attesa, nella speranza di una vendetta che si manifesta per caso in un anonimo bar del quartiere dove due di loro incontrano e freddano una ex guardia del Wilkinson. La violenza apre e consacra la seconda parte della vicenda, ma rimane scintilla fugace di uno script che abbandona l’asfalto rovente e i sotterranei bui per incanalare le proprie potenzialità all’interno di un’aula di tribunale, teatro del processo ai due giovani assassini.
Levinson accelera il ritmo, velocizza i dialoghi, balza dalla tragedia degli abusi sessuali al dramma della corruzione della giustizia e si interroga sulla correttezza di una condanna anche quando i carnefici sono stati prima vittime o quando la vittima è stata peggiore dei carnefici.
In definitiva, Sleepers è un prodotto hollywoodiano completo che amalgama temi scottanti, ma che si astiene dal giudicarli, limitandosi a trasferirli sullo schermo con la giusta miscela di gravità e di compostezza. La mano di Levinson è sapiente e sicura, ma la sua è una regia ordinaria, senza guizzi, che fa i conti con un cast stellare (Brad Pitt, Robert De Niro, Dustin Hoffmann, Vittorio Gassmann) e che si trova a gestire una vicenda esplosiva, narrandola però linearmente e senza bagliori. La storia avvince, ma non esalta.
 
Laura Savarino

SLEEPERS
(USA, 1996)
di Barry Levinson
Durata: 147 minuti
Cast: Kevin Bacon, Brad Pitt, Robert De Niro, Dustin Hoffman, Jason Patric, Vittorio Gassman


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