Rotastyle

11 settembre 2001
Interventi di: A. Bona, Anonimo, G. Boetti, F.M. Marcucci

Il suicidio è preferibile alla morte.
Implosioni doloranti che lacerano lucidità e consapevolezza di una morte incalzante, vicina, ovunque e intorno.
Mai l'immaginazione filmica di esplosioni, fiamme e distruzione si è avvicinata all'orrore della morte implorata per sfuggire alla certezza del dolore. Ho visto esseri umani, avvolti da fumo nero e calore di fuochi divoranti, gettarsi dall'alto di finestre infernali a metri e metri sul nulla che separa dall'asfalto della fine.

Ho avuto paura delle loro paure. Di quei pensieri terminali. Della scelta consapevole per una morte migliore.
Centonove piani di destino malvagio urlante, che piange e grida e sventola messaggi bianchi di stoffa fuori da un vetro infranto a chiedere un aiuto che mai arriverà. La frenesia della salvezza. La ricerca di una fuga.
Chissà quanti a piangere impazziti nel terrore di una corsa disarticolata, pazza furiosa verso una via d'uscita, che non esiste. Rinchiusi in un mostro crepitante di cemento e ferro incandescente. O finestre e scale irraggiungibili. Braccati dall'asfissia della fine. E quel volo verso il suolo avido di carne morta, poi macerie, poi polvere, infine una città sfigurata.
Cimitero all'aperto brulicante di paura. Di rabbia impotente e sciagurata. Quelle immagini di sangue e calcinacci, idee di membra e morte non mi lasceranno mai più. Scegliere la morte, per l'illusione di non morire gettandosi nel vuoto è quanto di più crudele abbia mai visto.
Vedo volti sfigurati e pensieri, ricordi, gli ultimi pensieri di chi ha subito l'imposizione della morte. E resto esanime, cadavere nella sensibilità rimasta che mi obbliga all'odio verso questi assassini partorienti l'ultima loro mostruosità.

ARIANNA BONA



Things here are calming because we aren't getting any new info on the number of casualties.
When they are announced, it will be a sadder moment. We expect them to be in the 10,000 range for the WTC.
800 are said to be dead in the Pentagon attack. The city today didn't get back to work, the schools are closed again and will reopen tomorrow. So will the stock market. There is little traffic because the B & T are closed to incoming traffic. Only essentials came get to the city.

The most amazing sight for me was the army big equipment (bulldozers & backhoes) lined up along the parkside of Fifth. The removal of the rubble is still going on night & day with very few survivors found. Some miracle stories occur with people on cells & PCs letting rescuers know where they are.
What an inane act. All New Yorkers are in disbelief that this could have happened. The entire situation makes my stomach churn.

UN AMICO DI MANHATTAN



Poteva, può essere un film. Di quelli in cui dirottano, distruggono, incendiano, assaltano, urlano, spargono sangue e violenza.
Non riesco a rendermi conto che quello che ho visto e continuo a vedere in tv sia successo davvero.
Devastazione, fumo, esplosione, fiamme, frantumi, crolli, soccorsi, cerimonie per le vittime, storie di orfani. E poi il continuo rivedere quell'immagine, quell'aereo che finisce la sua maledetta corsa conficcandosi in quel mito di vetro, spezzando la vita. Eppure non è proprio un film.
È accaduto. È accaduto che corpi volassero dalle torri, che la città prendesse fuoco, che terrificanti boati prendessero il sopravvento su una folla terrorizzata in cerca di salvezza. È accaduto in uno dei punti più frenetici del cosmo. Ora lì è stata seminata la morte.

Una giornata luminosa è diventata una notte buia. Ciò che era corsa, ritmi frenetici, appuntamenti, telefonate e telefonini, taxi e shopping, borsa e affari, è diventato silenzio. Dove la vita era a velocità supersonica, dove era tutto un intrecciarsi di voci, colori, emozioni, rumori e frastuoni, ora c'è desolazione.
Silenzio e desolazione.
È questo ciò che sento da quella visione di macerie. Un silenzio interrotto dal coraggio dei soccorsi, dalle lacrime e da chi disperatamente cerca ancora in quel caos qualche brandello di vita.

GIANNA BOETTI



Sono passati poco più di dieci giorni e, nonostante il ricordo di quelle splendide icone della modernità, le Twins, che si ripiegavano su se stesse sia ancora vivo, è tutto avvolto nella nebbia.
E' così facile dimenticare? Non è così facile, ma dopo aver sentito banalità di ogni tipo, commenti di super esperti che sembra sappiano tutto di tutti, risulta quasi fastidioso sentir parlare di questa tragedia.
È ovvio che la notizia dovesse essere divulgata, ma credo che le immagini potessero parlare da sole, senza bisogno di aggiungere niente. Colpiscono più di qualsiasi parola, lacerano la coscienza di ognuno di noi. Personalmente penso che abbiano il peso di qualsiasi tragedia: sono morte migliaia di persone, sono morte consapevoli di ciò che stava accadendo, disperate e impotenti.

Il mio pensiero va sempre ad una foto vista in una delle tante edizioni straordinarie dei giornali del giorno dopo: uno zoom su una delle due torri, le sagome delle persone affacciate ad una finestra appese ad una flebile speranza. Semplicemente agghiacciante.
Almeno il caso, e solamente il caso, ha voluto che non fosse possibile vedere le espressioni di quelle persone condannate a morte. Siamo di fronte al trionfo dell'abitudine. Riusciamo ad abituarci a tutto, anche ai genocidi.
Ci siamo abituati, e per un certo periodo abbiamo accettato, lo sterminio degli ebrei per mano dei nazisti, lo faremo anche con la tragedia americana. Se sfogliamo un giornale, o visitiamo un sito, piuttosto che guardare la televisione, non vedremo un articolo sulle vittime della tragedia, se non poche righe a fondo pagina, ma articoli su questa guerra che sembra imminente.

Una guerra non nostra, una guerra che spaventa ma non coinvolge, una guerra che porterà vittime e che trasmette tristezza e desolazione.
Anch'io vorrei che i responsabili dell'atto terroristico pagassero per quello che hanno fatto, li farei camminare in mezzo ai corpi straziati e privi di vita, e li lascerei lì a contemplare i risultati del loro operato. Penso sarebbe una punizione più efficace di qualsiasi guerra. Sono molto spaventata da questa guerra.
Ma non temo per la mia incolumità, cosa molto comune tra tutta la popolazione italiana, piuttosto temo l'emarginazione razziale indistinta ed indiscriminata verso un popolo o un gruppo di popoli che vantano menti illustri o semplicemente persone oneste ed affidabili.
La psicosi verso i musulmani ha già preso piede, io stessa guardo in maniera diversa questa gente. Sto cercando di ricacciare questo impulso con tutte le mie forze, perché è orribile sentirsi razzisti.
Tutto quello che si può dire su questo argomento è già stato detto e tutto quello che si può sentire io lo ho già sentito.
Abbiamo bisogno di silenzio, per rispetto alle vittime e per rispetto a noi stessi ed alla nostra intelligenza. Niente più Bush o Bin Laden, solo la nostra anima.
La morte non è piacere, riscatto o vendetta. La morte è dolore e riflessione.

FRANCESCA MARIA MARCUCCI


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