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VITA senza fine

ristoratore alla fine di una intensa giornata, la morte giunge come un meritato riposo al termine di una vita. In realtà esistono diversi modi di interpretare un evento che crea indubbiamente dei moti interiori significativi.

C'è la concezione della morte orientale e quella occidentale. Purtroppo nel nostro paese non c'è una adeguata preparazione ad un qualcosa che ognuno di noi prima o dopo dovrà affrontare.


La filosofia e le religioni orientali ci tendono una mano per aiutarci a capire qual'è la chiave giusta per aprire questa porta sull'insondabile. È inevitabile provare dolore per un qualcosa che crea un distacco definitivo tra noi e tutte le persone e le cose con cui abbiamo trascorso una vita, ma se vogliamo cercare il senso più profondo della Legge naturale della dimensione in cui viviamo, è necessario ricercare, attraverso i mezzi che abbiamo, il reale senso di ciò che ci accade.

Sicuramente almeno una volta ad ognuno di noi è capitato di assistere a scene drammatiche, autentiche celebrazioni del dolore (al sud in maniera più plateale, al nord in versione più composta), in un contesto di "morte=cessazione della vita".

Tuttavia c'è chi crede in una "vita oltre la vita", alla trasmigrazione dell'anima, al sopravvivere dello spirito. Nella nostra cultura, intrecciandosi tra magia e superstizione, esiste nell'arte della divinazione attraverso la lettura dei tarocchi, una carta (la n° 13) tra gli arcani maggiori, che rappresenta proprio la morte. In fondo l'antica saggezza popolare in qualche modo si aggancia alla visione orientale cui ho accennato prima, in quanto la suddetta carta nella sua traduzione divinatoria, tra i vari significati ad essa attribuiti, rappresenta più che la fine di un qualcosa la trasformazione: grandi mutamenti che spesso generano un nuovo fiorire di situazioni, come un presente gravido di avvenimenti futuri, nuove germinazioni di idee alle quali è necessario farsi spazio per manifestarsi e crescere, spazzando via in modo netto e deciso il passato.

Il vero cambiamento è spesso drastico e a volte traumatico. Interessante è il confronto tra le diverse culture per creare una sintesi che permetta di risolvere questo antico ed eterno dilemma. Nelle religioni orientali si tende a considerare la morte come un mezzo, sia da un punto di vista biologico per rigenerare la nostra apparenza consumata dalla vita, sia dal punto di vista spirituale, per rigenerare la nostra essenza dall'illusione che con la morte la vita finisca... E qui ci addentriamo nel cuore di un concetto piuttosto complesso da capire e da accettare. Se si crede alla teoria della reincarnazione, la morte non è che la barca che ci traghetta in un'altra vita verso la sponda di una nuova nascita.

Tutto dipende da come abbiamo viaggiato. In sostanza, la qualità del congedo da questa dimensione terrena è legata alla qualità della nostra permanenza in essa. Quindi, come in un percorso a ritroso, per superare il problema della paura della morte dovremmo impegnarci a condurre un corretto modo di vivere; l'una è il riflesso dell'altra. Per dirlo nella nostra lingua: nulla può mettere fine all'anima, neanche la morte.
 
Cristina Villone

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