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LE TOMBE dei GIGANTI

Penso sia pressochè impossibile interessarsi alle cose misteriose senza incontrare il tema della morte, nè essere affascinati dal mistero senza essere affascinati dalla morte. Ovunque, in giro per il mondo, mi sia imbattutto in qualcosa velato di mistero, questo aveva invariabilmente un qualche rapporto con la morte.

Mi è capitato anche in Sardegna, forse la più misteriosa tra le isole del nostro Mare Mediterraneo e, con ogni probabilità, del mondo.
Le culture che ci hanno regalato le vestigia che tutti possono ammirare ancora oggi in Sardegna si trovano solo lì, e non a caso proprio solo e sempre lì si trovano monumenti funerari antichissimi e di misteriosa origine chiamati "Tombe dei Giganti".

Probabilmente chiunque abbia visitato la Sardegna spinto anche da un seppur minimo interesse per la cultura, ne ha vista almeno una di persona. Sono proprio delle tombe, su questo non v'è alcun dubbio. Ma mi pare sia opportuno precisarlo perchè ciò che viene designato con un nome dalla cultura popolare non è detto che corrisponda alla realtà.

Per esempio, sempre in Sardegna, le "Domus de Janas" o "Case delle Fate" o "Case delle Streghe" non sono affatto delle Case bensì, per l'appunto, delle tombe preistoriche. Mentre, per fare un altro esempio, il Dente del Gigante delle Alpi, non è il dente di un gigante bensì una montagna.

Le Tombe dei Giganti, invece, sono esattamente delle tombe, anche se non dei giganti. Anzi, con ogni probabilità, le popolazioni che le costruirono e ne fecero uso erano costituite da individui sufficientemente piccoli da poter entrare nelle piccole camere mortuarie che vi si trovavano all'interno.

Sembrerebbe che l'aspetto con cui si presentano oggi non sia quello originario. Le vestigia dei più di trecento siti sparsi su tutta la Sardegna sono oggi costituite da una grande pietra centrale, spesso un monolito, da cui si dipartono altri monoliti più piccoli disposti a semicerchio come a formare una sorta di "invito" all'ingresso della tomba. In origine queste pietre erano probabilmente collegate a una copertura che andava appunto a coprire le camere mortuarie. Erano sepolture collettive, e potevano contenere fino a duecento individui. Cimiteri neolitici in piena regola. Di cui nessuno sembra sapere nulla.

I Sardi, si sa, non sono apprezzati in particolare per la loro ospitalità, lo sono per innumerevoli altre ragioni, ma non per il contatto con lo straniero. Il turismo è tollerato, visto che è necessrio all'economia, ed è naturale che, come succede ormai da decenni, la gente ami frequentare le meravigliose coste dell'isola. Ma se il turismo si sposta all'interno, cosa che non capita troppo di frequente, allo-ra è tutt'altra cosa. Ci sono sì le pro loco, ma si deve proprio muovere faticosamente la farraginosa macchina dell'amministrazione pubblica per organizzare qualcosa che assomigli ad un depliant.

Sembra ironia gratuita, ma è la verità. Si stanno facendo grandi sforzi in Sardegna per promuovere il turismo, specie quello interno, ma l'atteggiamento generale degli isolani in tal senso fa sì che, per trovare un nuraghe segnalato da una guida pocket, si debba essere molto ben allenati e soprattutto motivati. In pieno agosto nelle necropoli più suggestive a qualsiasi ora è difficile trovare più di otto o dieci persone al massimo.

Casi di maggior sovraffollamento si possono verificare quando un pullmann di turisti mitteleuropei obbliga i paseggeri a scendere ed a visitare il sito, ma sono relativamente rari. Tutto questo fa sì che sia i nuraghi, sia le tombe dei Giganti rimangano ancora avvolti nel mistero.

In tutte le librerie dove mi sono presentato per cercare qualcosa sull'argomento sono stato guardato con sospetto, persino nelle biblioteche non si trova nulla. A un certo punto mi è parso pure di essere seguito, ma dev'essere stata senza dubbio solo una sensazione, del resto era l'imbrunire. In realtà ho trovato in un paio di biblioteche alcuni libri sulla civiltà nuragica, ma erano avari di informazioni sull'argomento specifico delle Tombe dei Giganti e tutte e due le volte inoltre si è inceppata la fotocopiatrice...

Amenità a parte, esistono ovviamente dotte pubblicazioni sulla civiltà nuragica, anche se non numerose, ma l'aspetto più interessante, ovvero quello dei culti ad essa legati, non è particolarmente conosciuto. Si tratta di studi complessi e costosi che richiedono ricostruzioni di cose successe intorno a 3.500 anni fa.

Molti simboli scolpiti o raffigurati sulle pietre delle tombe lasciano supporre l'esistenza di un culto dei morti probabilmente piuttosto sviluppato. Si ipotizza che la tomba avesse oltre alla sua funzione pratica anche quella simbolica di raffigurare una sorta di abitazione di un defunto deificato. Alcune delle pietre che si trovano di fianco o di fronte alla stele, che è l'elemento più evidente delle tombe dei giganti, sono provviste di diversi simboli.

Alcuni di questi sono fallici, altri rappresentano coppie di seni (secondo alcuni coppie di occhi), altri ancora sono di difficile interpretazione e il loro significato rimane misterioso. Sembrerebbe fosse presente l'idea sia di una divinità maschile che di una divinità femminile, forse maggiormente caratterizzata. Forse la tomba era un unico simbolo che poteva rappresentare sia il principio femminile che quello maschile, sia la vita che la morte e proteggere così la pace dei morti e i vivi dalla morte stessa. Un unico simbolo che producesse venerazione e paura. Anzi, di più: una porta sul mondo dell'ignoto che servisse tanto ai vivi quanto ai morti.

La grande pietra caratteristica posta all'ingresso della tomba è essa stessa un simbolo. Ha una forma ovale, probabilmente a rappresentare l'universo o forse l'uomo. È divisa in due parti da un listello orizzontale, forse a indicare l'esistenza di due realtà, quella della vita e quella della morte, esistenza e non esistenza, noto e ignoto. Un altro simbolo, presente su tutte, è indecifrabile. Si tratta di una sorta di scanalatura di forma irregolare: mistero.

Altri simboli individuati sembrano indicare la presenza anche di un culto solare. L'orientazione delle tombe non è mai casuale: quasi sempre sono rivolte a mezzogiorno, a volte a est o a ovest. Sembra che, se la stele principale rappresenta il sole, le pietre più piccole siano gli altri pianeti del sistema solare. Come altre vestigia megalitiche raccontano di popoli che conoscevano i misteri dell'astronomia/astrologia. Alcune delle pietre poste di fronte all'ingresso della porta pare siano dei veri e propri sedili.

Lo spiazzo antistante l'ingresso alla tomba doveva avere dunque una funzione rituale. Veniva in qualche modo "utilizzato" come luogo di culto perchè probabilmente la presenza dei morti permetteva di accedere in qualche modo all'arcano mondo dell'ignoto.

Secondo Aristotele gli antichi abitanti della Sardegna dormivano vicino alle tombe per ricevere consigli e incoraggiamenti. I Sardi restavano immersi nel sonno presso queste tombe per vari giorni e così guarivano anche dalle ossessioni.

Le tombe erano perciò considerate come templi e luoghi di culto e non solo di sepoltura. Oggi queste vestigia sono ancora ricche di fascino e di mistero. Si ritrovano isolate o a piccoli gruppi in luoghi spesso disabitati ed enormemente suggestivi della Sardegna. Sono pietre lavorate dall'uomo 3.500 anni fa, sono delle rovine, ma loro, le pietre, non sembrano affatto morte. Basta fermarvisi nei pressi dopo il tramonto, dopo l'imbrunire, dopo il crepuscolo.

Aspettare il buio. Che paura! Sì, fa paura. Ma perché? Perchè dobbiamo avere paura? Sembra una cosa perfettamente naturale avere paura. Al buio, di notte in montagna... su un'isola poi.

E poi lì c'è la tomba, antica, quasi come la storia dell'uomo. Ma non è affatto naturale.

Se ci dormivano sulle tombe, per trovarvi consiglio e conforto, di sicuro gli antichi non avevano nessuna paura o non quel tipo di paura che conosciamo noi.

La piccola corte antistante l'ingresso della tomba era un luogo di culto, ma un luogo di culto assolutamente popolare.

Era probabilmente il luogo dove i vivi si incontravano con i loro antenati, in una dimensione diversa dall'ordinario. I morti non erano morti e basta, erano viaggiatori dell'ignoto. Non erano solo corpi da buttare via, ma i simboli del trapasso e per questo venivano conservati in un luogo sacro.

Il legame con i vecchi, i morti, gli antenati rappresentava un continuum, un flusso continuo della vita, di generazione in generazione. Di tutto questo nella nostra cultura cotemporanea non è rimasto che un vago sentore che si materializza nel dolore per la perdita e nel funerale tradizionale, qualche foto ricordo qua e là.

In 3.500 anni siamo cresciuti o sono forse altri segni della debolezza della nostra civiltà?
 
Mauro Villone


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