- n. 10 - Ottobre 2009
- Recensioni
La morte di Marc Bolan, leader dei T. Rex
The show must go on
“Quando ero un ragazzino mi credevo un essere superiore, non mi sentivo affatto come gli altri esseri umani”.
Marc Bolan
(30 settembre 1947 - 16 settembre 1977)
Aveva solo 8 anni quando Mark Feld, in arte Marc Bolan, rimase folgorato da Bill Haley, uno dei paladini indiscussi della grande stagione del rock. Genere musicale che influenzò le gesta di una delle più grandi rockstar di sempre.
Il 1964 fu l’anno in cui Marc decise di lasciare la scuola. Il mondo dorato dello spettacolo esercitava su di lui un fascino irresistibile. Bolan, per un breve periodo, ritenne che l’anticamera del suo successo dovesse necessariamente passare attraverso la moda. L’ambiente era di per sé in fermento e la sua esuberanza sembrava perfetta per lo specchio patinato delle nuove tendenze che, verso la metà degli anni ’60, cominciarono ad affacciarsi in Gran Bretagna. La carriera di modello durò poco. Le passerelle, la superficialità di quell’ambiente: Marc sentiva che quella non era la sua strada; la moda gli piaceva, ma era solo una minima parte di tutto ciò che avrebbe voluto fare. Il giovane rocker voleva raggiungere il successo cantando.
La chitarra era la sua vera passione, così si convinse a muovere i primi passi nel circuito folk britannico. Decise di cambiare nome. La sua prima incarnazione musicale si chiamò Toby Tyler. A detta dell’estroso cantante, quello era un nome perfetto per il genere che voleva inizialmente proporre. La strada di Tyler durò poco; la EMI, non credendo nel progetto, si rifiutò di pubblicare quelle canzoni che invece trovarono un discreto riscontro nei pub inglesi. Bolan aveva da poco passato i diciotto anni e l’approccio con il mondo della musica non era stato dei più felici. Voleva fuggire. Le prime delusioni della vita stavano già chiedendo il conto, la crisi che stava attraversando lo portò a decidere di abbandonare temporaneamente l’Inghilterra.
La Francia lo accolse nel migliore dei modi. L’ambiente maudit parigino lo aveva da subito stregato, generando in lui la convinzione profonda che il cammino scelto lo avrebbe portato lontano. Il periodo passato in Francia lo rigenerò. Fu l’inizio della svolta. Il musicista, dopo numerose peripezie, riuscì a firmare un contratto con la Decca, che pubblicò il suo singolo d’esordio: The Wizard, inizialmente con il nome Marc Bowland, successivamente mutato in Marc Boland. Marc aveva imposto la “c” finale sul nome anziché la “k”, un vezzo che la casa discografica gli concesse. Nonostante i numerosi escamotage per lanciare la propria carriera, il singolo non ebbe successo. La strada per Marc continuò ad essere in salita. Il successo tardava ad arrivare e dopo un breve periodo nei “John’s Children” il cantante formò la band che nel corso di quegli anni gli permise di raggiungere la fama, i Tyrannosaurus Rex.
Tony Visconti, un ex musicista divenuto produttore e arrangiatore, si accorse dei T. Rex durante il loro primo tour. La band era ancora in stato embrionale; nonostante questo, Visconti intuì subito le potenzialità del frontman. Garantì a Marc il primo contratto con la Parlophone che nel giro di un anno gli pubblicò il primo disco ufficiale: My People Were Fair And Had Sky In Their Hair, But Now They’re Content To Wear Stars On Their Brows. In Inghilterra quelli erano gli anni dei Beatles e dei Rolling Stones. La loro musica sembrava aver inesorabilmente omologato gli ascolti della gente. Esistevano però piccoli focolai musicali indipendenti. Progetti senza pretese che stavano suscitando sempre più l’interesse della stampa specializzata. Sul finire degli anni sessanta il sottobosco musicale inglese era più che mai attivo, e i T. Rex ne furono indiscutibilmente la punta di diamante.
Il disco ottenne buone recensioni e il discreto successo di pubblico portò in orbita il talento di Marc Bolan. Seguirono a quell’esordio altri due album che in fotocopia cercarono di ricalcare il sound del primo disco, ma dopo l’uscita di Unicorn la band capì che si stava rivolgendo al pubblico sbagliato. Nel frattempo i commenti positivi della stampa avevano lasciato il posto a recensioni decisamente più tiepide. Marc, nonostante la svolta elettrica, sembrava essere ricaduto nell’oblio di una crisi profonda. La formazione si stava sfaldando e, alla vigilia del tour americano, Took, il percussionista, se ne andò a causa dei suoi noti problemi con LSD. Il gruppo, nonostante il periodo, non si sciolse. Michey Finn venne arruolato alle congas e la band, nel giro di qualche mese, pubblicò Beard Of Stars, quarto disco dei T. Rex.
La recente line up aveva generato nuovi entusiasmi. Bolan sembrava rinato e la critica tornò ad interessarsi al gruppo. Le recensioni sui giornali furono di un certo spessore. Il successo nazionale arrivò nell’ottobre del 1970. Ride a White Swan raggiunse il secondo posto della classifica inglese, mentre l’album T. Rex, uscito subito dopo, riuscì a salire fino al tredicesimo posto. La musica del gruppo si era evoluta. Le canzoni erano avvolte da spirali di chitarra fuzz, sostenute da un ritmo progressivo ed insistente. Ride a White Swan si rivelò il perfetto passaporto verso le vette delle classifiche.
Era ciò che Bolan aspettava da anni. I T. Rex acquisirono in seno al gruppo il bassista Steve Currie e il batterista Bill Legend. La band, andata definitivamente a regime, era finalmente pronta a colpire l’immaginario di chi comprava davvero i dischi: i teenager, che reagirono spedendo il nuovo singolo Hot Love per sei settimane di fila al numero uno. Il successo fu tale che le porte del mondo si spalancarono improvvisamente. La pubblicazione del singolo Get It On mandò la popolarità della band alle stelle. Mark Feld, in arte Marc Bolan, aveva coronato il suo sogno.
Il sound dei T. Rex era in continuo mutamento. Beard Of Stars aveva solamente lasciato intuire il cambiamento di percorso del gruppo. Nel 1971 fu invece chiaro a tutti che quella svolta aveva trovato in Electric Warrior (il nuovo disco) il suo naturale e definitivo compimento. Le atmosfere sature di elettricità rivestivano l’intero lavoro che attingeva a piene mani al calderone del Rock’n’Roll anni ’50. Ma non era tutto. L’ambigua sessualità di Marc era parte del cambiamento. L’ostentazione di essa era funzionale alla musica, nonché il fulcro del nuovo look di Marc Bolan. Numerosi furono in quel periodo i proseliti: da David Bowie a Brian Ferry dei Roxy Music. Tacchi e zeppe portati con eccessiva disinvoltura. Piume e boa di struzzo sopra i pantaloni a zampa di elefante. Il tutto con colori decisamente sgargianti. Era il trionfo del kitsch, ma soprattutto una risposta, neanche troppo velata, al rigore formale che aveva avvolto la musica “pop” di fine anni ’60.
Era ufficialmente partita la grande stagione del Glam. La storia di quel periodo ha spesso sottovalutato i meriti di Marc Bolan, offuscandone la stella in favore dello stesso Bowie, che molto opportunamente aveva capito la grande intuizione del rocker nel generare quel periodo e che con Ziggy Stardust ne aveva cavalcato l’onda, ampliandone le gesta grazie alla sua maggiore popolarità. Nonostante il successo inglese i T. Rex non riuscirono mai a sfondare negli USA. Questo fallimento, in verità, non riguardava soltanto Bolan & Co. La musica glam, e il suo relativo carrozzone, era decisamente troppo sfrontata. L’esibizione di una sessualità marcatamente ambigua o quantomeno troppo sgargiante era un po’ troppo per i gusti decisamente straight degli americani.
Il dominio sulle vendite d’inizio anni ’70 si fermò al principio del 1973. La pubblicazione di Thanks riportò tutti con i piedi per terra. In un periodo dove la musica continuava a scoprire se stessa, tre ottimi album come quelli che avevano dominato incontrastati le vendite avevano, nonostante tutto, segnato il passo. Zinc Alloy and the Hidden Riders of Tomorrow e Bolan’s Zip Gun, rispettivamente del ’74 e del ’75, furono massacrati dalla critica che trovò nel pubblico uno spietato alleato. I dischi non vendettero: il primo, poi, attirò molte critiche a causa di un evidente tentativo di incalzare David Bowie e la moda lanciata da Ziggy Stardust. Fu l’inizio del punto più basso della carriera di Marc, in perenne conflitto con se stesso e con un mondo che suo malgrado lo stava fagocitando.
Nel 1976 l’album Futuristic Dragon arrivò solo al cinquantesimo posto della classifica inglese, ma Bolan sentiva di avere ancora molto da dare. Nel 1977, dopo essersi disintossicato, tornò sulle scene con un nuovo album, Dandy in The Underworld. I T. Rex erano tornati con rinnovata energia. Il mondo della musica rock era pronto ad accogliere nuovamente una delle band più importanti degli anni ’70. Il punk nel frattempo si era imposto come nuovo fenomeno della musica britannica. Erano pochi gli artisti della vecchia generazione ai quali veniva tributato il dovuto rispetto. Marc, nonostante le ultime vicissitudini, fu uno di questi. Il disco, considerato da molti il suo miglior lavoro dopo i fasti di Electric Warrior, ottenne ottime recensioni e non fu certo un caso se il tour seguente vide come gruppo spalla una delle migliori punk band di sempre, i Damned. I T. Rex erano la formazione ideale per traghettare la musica glam verso la New Wave. Una nota rete televisiva incentrò un intero programma, suddiviso in sei puntate, sul cosiddetto mutamento della musica. Partendo proprio dal sound dei T. Rex. In un momento nel quale le sorti sembravano volgere ancora una volta a favore del nostro arrivò invece la fine, inesorabile.
Marc Bolan muore all’alba del 16 settembre 1977, due settimane prima del suo trentesimo compleanno. Stava tornando a casa dopo aver trascorso la notte in un ristorante con la sua amante Gloria Jones, quando l’automobile su cui viaggiava si schiantò contro un albero, dopo che la donna ne perse il controllo a causa dello scoppio di una gomma. Ironicamente Bolan citava diversi modelli di automobili nelle sue canzoni, ma soprattutto non sapeva guidare né possedeva la patente di guida.
Il luogo dove è avvenuto l’incidente è stato trasformato in una sorta di santuario, chiamato Bolan’s Rock Strine, dove è stato posto a partire dal 2002 (l’anno del venticinquesimo anniversario della morte) un busto di Marc Bolan, scoperto durante la cerimonia dal figlio Rolan.
Marco Pipitone
“Incontrai Marc Bolan mentre dipingevamo le pareti dell’ufficio del nostro manager. Lui mi portò a fare shopping nelle pattumiere. All’epoca Carnaby Street - il distretto della moda - attraversava un periodo di incredibile ricchezza. Così, piuttosto che rimettere i bottoni alle camicie o sostituire le zip ai pantaloni, alla fine della giornata gettavano tutto nella spazzatura. Così Marc ed io passavamo la sera tardi e mettevamo insieme i nostri guardaroba”.
David Bowie