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Decessi, il picco tra 35 anni

Secondo le previsioni di evoluzione della popolazione dell’ISTAT si prevede un incremento del 18%.

L’ISTAT ha recentemente diffuso l’aggiornamento delle previsioni di evoluzione della popolazione in Italia, sulla base dei dati all’1 gennaio 2022, con evidenziazione delle variazioni intermedie al 2030, al 2050 e fino al 2080.

Analizziamo i dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica in merito alle previsioni dei decessi che avverranno nel nostro Paese a medio e lungo termine, arrivando a una stima che copre fino al 2080.

Lo scenario di previsione “mediano” contempla un calo della popolazione residente anche nei successivi otto anni: dai 59 milioni di italiani al 1° gennaio 2022 (punto base delle previsioni) ai 58,1 milioni nel 2030; mentre nel medio termine la diminuzione della popolazione risulterebbe più accentuata, da 58,1 milioni a 54,4 milioni tra il 2030 e il 2050.
Nel lungo termine le conseguenze della dinamica demografica prevista sulla popolazione totale si fanno ancora più importanti. Tra il 2050 e il 2080 la popolazione diminuirebbe di ulteriori 8,5 milioni di unità, ammontando così a 45,8 milioni nel 2080.
La maggior parte dei commentatori dei dati analizzati si è soffermata soprattutto sul calo demografico, sull’importante calo delle nascite, sul contributo dell’immigrazione e dell’emigrazione. Invece l’aspetto dell’evoluzione dei decessi è stato poco considerato.
Scopo di questo articolo è quello di analizzare in profondità l’evoluzione futura di mortalità come la prevede l’ISTAT.



Cosicché rileviamo che nello scenario mediano, l’evoluzione della mortalità, determinerà un numero annuo sostenuto di decessi, fino a un picco di 845mila nel 2059. È appena il caso di ricordare che la mortalità è stata attorno alle 700mila unità annue negli anni 2021 e 2022.

Rispetto al dato di partenza della simulazione ISTAT (2022) si ritiene che la mortalità aumenti del 18,1%. Questo aumento considerevole di mortalità viene registrato anche in un contesto di buone aspettative sull’evoluzione della speranza di vita che, come sappiamo, è in crescita.
La speranza di vita alla nascita, infatti, passerà a 86,1 e 89,7 anni nel 2080, rispettivamente per uomini e donne, con un guadagno di 5,7 anni per i primi e di 5,2 anni per le seconde sul 2022. L’aumento concomitante nella previsione dei decessi è quindi un incremento di mortalità strutturale, dato dall’avvicinarsi di coorti sempre più numerose di popolazione al periodo della vita con la probabilità di morte maggiore.
E ciò è evidente dalla semplice osservazione dell’evolversi nel tempo della piramide della popolazione alle diverse età. Nella tabella presente in queste pagine mostriamo l’evoluzione per decade dal 2022, anno preso come riferimento per la previsione, fino al 2080.

L’evoluzione nelle regioni

L’incremento cambia attraverso le diverse regioni, in base alla presenza più o meno importante di anziani all’interno della popolazione.
Analizzando l’evoluzione regionale, l’area territoriale dove l’incremento di mortalità è più accentuato nel corso degli anni è il Trentino-Alto Adige.
Il motivo è dato dalla numerosità percentualmente più elevata di classi di popolazione di media età.
La regione dove si registra un decremento di mortalità invece, è la Liguria. Anche in questo caso è semplice notare come ciò derivi dal fatto che la Liguria è da molti anni la regione italiana con la più importante presenza di persone anziane, che quindi sono già arrivate da tempo nella zona di vita con la massima probabilità di morte. E quindi ci si attende ora un decremento di mortalità.

Segmentando la situazione regionale nell’anno di massima mortalità prevista in Italia, cioè nel 2059, dove si prevedono 844.637 morti, la regione con il massimo numero di decessi è la Lombardia con 142.788 decessi, mentre quella con il minor numero di decessi attesi è la Val d’Aosta, con 1.816 morti.
La variazione percentuale rispetto al dato base (2022) è visionabile nella figura sopra ed evidenzia appunto la posizione del Trentino Alto Adige e della Liguria, raffrontate a quelle delle altre regioni e a quella media italiana.
 
Daniele Fogli

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