- n. 4 - Aprile 2009
- Psicologia
Per aiutare chi perde un animale
Un nuovo servizio on-line
I legami affettivi che vengono stabiliti con gli animali da compagnia sono altrettanto forti (e talvolta più forti) di quelli intrattenuti con le persone care. Per questo motivo quando i nostri amici animali muoiono viviamo un lutto che dobbiamo elaborare con modalità e con tempi molto simili a tutti gli altri lutti della nostra vita. Possiamo essere favoriti dal fatto che è più “facile” sostituire un cane, un gatto, un canarino, un criceto, una tartaruga o un pesce piuttosto che un essere umano. Abbiamo con il nostro animale un “legame di attaccamento” che consiste nell’attaccarsi ad esseri viventi, cose, situazioni, condizioni esistenziali o ruoli che soddisfano bisogni di adattamento e che, quando si spezza, provoca un disadattamento che si supera “sostituendo” l’attaccamento con altri altrettanto “efficaci”. Se invece siamo legati ai nostri animali come se fossero un qualcosa che ci manca e che vorremmo essere (ad esempio la fedeltà di un cane o l’apparente autismo di un gatto), allora ce li portiamo dentro, li facciamo diventare parte di noi e non sarà possibile sostituirli quando muoiono perché sono diventati unici, e quindi insostituibili. In tali casi il consiglio che tutti tendono a darci di fronte al dolore per la morte del nostro animale preferito, e cioè che sarebbe meglio prenderne un altro, non è efficace perché sentiremo che quello perduto era unico per noi e non avremmo voluto che morisse mai o addirittura ci sentiremmo in colpa se lo sostituissimo. Per elaborare il lutto dovremo ritagliare nel nostro animo un posticino per l’amico che non c’è più e farlo vivere dentro di noi sentendo così che nessuno ce lo potrà mai togliere. Se, infine, ci legheremo ai nostri animali per la tenerezza che ispirano e non per i bisogni che soddisfano, cioè se li teniamo accanto a noi “per il loro bene” e non per il nostro (come può accadere quando accogliamo e accudiamo un cane abbandonato o che nessuno vuole senza averne nessun bisogno), quando moriranno potremo continuare a ricordarli e a voler loro bene senza bisogno di sostituirli o di farli vivere dentro di noi.
Ciascuna di queste modalità di elaborazione (che valgono per tutti i tipi di perdita) può svolgersi normalmente o incontrare ostacoli:
1. per sostituire un “attaccamento” con un altro bisogna sciogliere il legame precedente e distaccarsi dall’animale morto. Ma il lutto può essere ostacolato da un difficile distacco (quando l’attaccamento faceva stare “troppo” bene o tanto più quanto più è stato traumatico il distacco) o dalla difficoltà di attaccarsi ad un altro animale (quando non si riesce a trovarne un altro che soddisfi come quello che non c’è più);
2. per portare e fare vivere dentro di sé l’animale morto non bisogna avere troppi sensi di colpa o essere troppo arrabbiati (come invece può accadere quando ci si incolpa per non aver portato in tempo l’animale dal veterinario o perché l’animale è morto perché è scappato infrangendo un divieto che gli avevamo insegnato a rispettare);
3. per poter continuare a voler bene all’animale perduto e ricordarlo senza bisogno di sostituirlo o di farlo vivere dentro di sé, bisogna poterne parlare liberamente quando se ne ha la necessità, guardarne le foto, far visita alla sua piccola tomba (ma vi possono essere circostanze sfavorevoli o può accadere di vivere con qualcuno che si addolora troppo nel parlarne o nel ricordare e che non ci aiuta).
In tutti questi casi il lutto tende ad essere ritardato o a bloccarsi (con le conseguenti sofferenze psicologiche) e si può aver bisogno d’aiuto.
Proprio per venire incontro a questo bisogno il “
Servizio di aiuto psicologico per le situazioni di crisi” del
Dipartimento di Psicologia dell’
Università di Bologna (in collaborazione con la
facoltà di Medicina Veterinaria e con il sostegno della
Fondazione Del Monte di Bologna) ha istituito un
Servizio sperimentale on-line (
progettoriviverepet@libero.it) allo scopo di rispondere (con due psicologhe preparate ad hoc) alle richieste di coloro che trovano ostacoli nell’elaborazione psicologica della perdita di un animale da compagnia.
Francesco Campione