- n. 2 - Febbraio 2010
- Fiere
Tanexpo Design & Ricerca
Le sepolture del terzo millennio
Già da tempo vi abbiamo anticipato che la sezione Design & Ricerca di Tanexpo 2010 focalizzerà la propria attenzione sui luoghi di sepoltura ed in particolare sulle tombe a terra e sulle cappelle di famiglia, tipologie fondamentali del paesaggio cimiteriale di cui determinano la crescita e l’identità. Due prestigiose istituzioni culturali, l’Università La Sapienza di Roma e l’Accademia di Belle Arti di Brera, si sono impegnate nella ricerca e nello sviluppo di nuove idee e presenteranno le proprie proposte nell’ambito di una Mostra che verrà ospitata nel padiglione 22 di BolognaFiere.
Il lavoro di docenti e studenti dell’Accademia si è concentrato sulla ricerca estetica, sull’utilizzo dei materiali e sulla suggestione delle forme. Il progetto elaborato da Stefania Albertini e da Giampiero Moioli presenta caratteristiche inedite. “La proposta” - spiega Ida Chicca Terracciano, coordinatrice insieme ad Andrea B. Del Guercio del gruppo di lavoro di Brera - “trae origine dall’idea base della scala rivisitata attraverso il suo valore simbolico e quale elemento di raccordo-comunicazione. Espressione radicale del viaggio e del passaggio di stadio e di dimensione, è configurata dalla sequenza modulare di contenitori che accentuano e che non mimetizzano il concetto di preservazione corporea, sottolineando la presenza simbolica della relazione memoria-avelli. La loro sovrapposizione è racchiusa all’interno di una scatola plastica che si presenta come una struttura aperta attraverso feritoie scaturite da piani inclinati. Le superfici interne del corpo architettonico specchiano proiezioni tridimensionali animate dal configurarsi di bolle evanescenti che ricreano una dimensione posta oltre la realtà fisica. La natura del progetto divide e mette a confronto la dimensione umana e quella trascendente, creando una doppia prospettiva, esterna nella plasticità della scatola ed interna come immediato rovescio di quelle stesse pareti che diventano un parallelo, una interfaccia. Questa azione progettuale segna un passaggio di livello tra la razionalità costruttiva e la progressiva smaterializzazione della struttura che diviene un luogo d’anima e di purezza, uno spazio aperto alla meditazione e alla amplificazione sensoriale verso una dimensione altra. Viene a configurarsi così una scatola digitale della memoria, ma anche una soluzione formale caratterizzata da una forte tensione psicologica”.
Il giovane architetto e scultore Radis Nikzad presenterà una edicola classica dai valori formali e materiali fortemente in relazione con la cultura medio orientale. “L’originalità della soluzione progettuale è offerta dalla delimitazione circolare dell’area sulla quale s’innalza la struttura che funge al tempo stesso da basamento e da luogo di sepoltura. Il territorio così definito è caratterizzato dalla disposizione radiale degli avelli. La conformazione dello spazio aperto e in relazione con il territorio circostante è rigidamente interrotta dalla pianta quadrangolare del piccolo tempio che si innesta interrompendone lo sviluppo come a suggerire una pausa. La sacralità è indicata dalla direttrice ascendente e spiraliforme di una struttura metallica in ottone che si distacca al di sotto della cupola emisferica per condursi fino al centro del tempietto. La presenza delle sepolture è segnalata dalla disposizione perimetrale di una successione di panche la cui installazione rappresenta un momento di sosta e di riflessione per i presenti, ma anche una testimonianza, una trasmissione di memoria espressa attraverso l’oggettività-soggettività dei singoli nomi che ciascuna seduta reca incisi su di sé”.

Numerosi ed interessanti anche gli spunti della Facoltà di Architettura “Valle Giulia” dell’Università La Sapienza di Roma. Il progetto di Tino Grisi mira a rivisitare il concetto di cappella di famiglia “ora concepito come un assemblaggio non-finito di parti a base esagonale che lascia la costruzione come interrotta e aperta a una simbolica dimensione d’oltranza. Racchiuso da superfici scabre in pietra grigia, lasciate spontaneamente inerbarsi, lo spazio vuoto della costruzione sepolcrale è contraddistinto dal lucore chiaroscurale delle finiture marmoree del pavimento (nero) e delle lapidi (bianche). La sezione inclinata dei loculi li avvicina gentilmente all’osservatore, mentre il tetto a guscio in alluminio introduce un elemento di fragilità che sembra staccarsi dal costruito come un modulo celeste in attesa di decollo. Un lato della composizione è chiuso da una vetrata, schermo di contemplazione artisticamente plasmato dall’espressività del colore; l’accesso avviene da un portale in lamiera ritagliato su uno dei due lati a frangisole in metallo e marmo”.
Suggestiva anche una delle proposte di Ahad Shaosseini per una tomba sciita da realizzarsi con una commistione di elementi lapidei e biodegradabili destinata a trasformarsi nel tempo per effetto degli agenti decompositori e atmosferici e a dissolversi/reintegrarsi nel corpo della madre terra.
L’attento studio della luce e delle geometrie messo in atto da Daniela Boscia e da Laura Persico mira a ottenere, in una cappella di famiglia contenente loculi, cinerari ed ossari, uno spazio che allontani dallo stato d’animo ombroso e triste che si genera nell’essere umano nel momento in cui si confronta con il tema della morte e che racchiuda il concetto di speranza nella vita dopo la morte proprio della religione cattolica. Nel segno della religione Cristiana anche l’opera di Claudia Torrini in cui la spoglia essenzialità formale e l’attento studio della luce lasciano emergere la suggestione simbolica del numero.
Assolutamente inedito l’innovativo sistema di tombe–ritratto “FaceTomb” di Andrea Marcuccetti in cui l’urna contenente le ceneri del defunto viene sigillata all’interno di un contenitore luminoso che potrà entrare a far parte di un sistema modulare regolato dalla consolle “Caronte” progettata da Mauro Pantuso.
Antonino Bontempo propone una tomba di famiglia dalle caratteristiche particolarissime. “L’idea guida è individuata nella ricerca di una forma pura, ridotta all’essenziale, in grado di costituire un involucro leggero, a protezione della memoria di ciò che contiene: un involucro scarno che all’interno svela la luminescenza di uno spazio raccolto e privato la cui sospensione è ottenuta mediante un nucleo centrale strutturale sul quale gravano tutti gli elementi principali. Lo stacco dal terreno genera un fascio di luce diffusa la cui sorgente scaturisce dall’interno e che amplifica l’effetto di leggerezza”.
L’originale tomba a terra ideata da Stefano Mavilio recupera ed elabora il tema del sarcofago. “A fronte della scomparsa della forma-corpo dalla cultura contemporanea, mi è parsa urgente una rivisitazione della sua icona storicamente più nota, l’artefatto sarcofago. Tratto da un sol blocco di marmo bianco di Carrara, scavato e lavorato a bassorilievo sulla faccia esterna a riprodurre le sembianze umane, sarà completamente affrescato al suo interno per riprodurre l’immaginario del defunto in una sorta di volta celeste recante le sue costellazioni-pensieri”.
Nara Stefanelli