Rotastyle

La morte di Jeff Buckley

Sulle rive del Mississipi

A quell'ora il sole si richiude in se stesso, volge al tramonto; le cose o le persone non possono farci nulla. Per molti è solo un lento digradare di forme e di colori; per alcuni, invece, l'incanto di quel momento è poesia, suprema fonte di bellezza, che nidifica nell'anima e che schiude le ali del cuore nell'eterna ricerca dell'amore.

Il corpo fu ritrovato il 5 giugno 1997, la corrente lo aveva trasportato nel tratto di fiume che scorre al centro della città ...

"Jeff entra nel Wolf River (...) e comincia a nuotare. Canta insieme a Robert Plant, canta il ritornello di Whole Lotta Love, mentre l'amico a riva si sgola, pregandolo di fare attenzione. Lo invita un paio di volte ad uscire. Buckley continua a nuotare fino ai piloni del ponte autostradale che attraversa il fiume. Ormai è quasi buio. Keith gli urla di stare attento: c'è un battello che arriva dalla direzione opposta (...); Jeff si sposta, ma evidentemente troppo tardi. La corrente provocata dall'elica del motore del battello lo tira giù. Keith non si accorge di nulla; l'onda provocata dal passaggio del barcone gli finisce addosso (...). Una questione di secondi. Quando torna a guardare verso il fiume, Jeff è scomparso".
(dal libro di Chiara Papaccio, "Aspetto nel fuoco")

... Più tardi l'autopsia rivelerà che il cantante non aveva bevuto e non era drogato al momento del suo annegamento. Gli esami tossicologici hanno riscontrato nel suo sangue tracce minime di alcool, mentre assente è risultata ogni traccia di droghe. "Annegamento accidentale": questa la causa ufficiale della scomparsa del figlio del cantautore Tim Buckley, morto anch'egli prematuramente per droga.
Occorre ricordare un Artista straordinario, nato il 17 novembre 1966 a Orange Country, in California, da Mary Guibert, una violoncellista di origine panamense, e Tim Buckley, leggendario cantautore folk-rock della fine degli anni '60.
Nel 1992, all'alba del proprio successo, dopo aver partecipato al "Greetings from Tim Buckley" alla St. Ann's Church di New York comincia ad esibirsi come solista nei locali del Lower East Side e alla fine dello stesso anno firma un contratto discografico con la Columbia, tramite il chitarrista e produttore Steve Berkowitz; nell'agosto del 1993 viene registrato Live at Sin-é. È il debutto del piccolo grande Buckley.
Grace, l'album d'esordio (l'unico ufficiale), pubblicato nella seconda metà del 1994, è soprattutto l'involontario testamento di un artista straordinario che aveva doti non comuni, come il padre Tim, del resto, con il quale condivideva una padronanza assoluta della timbrica vocale. Un disco ispirato in cui Buckley è riuscito a far convivere gli stili più disparati: il folk e l'hard rock, la musica etnica, nella sua accezione ritmica, con il pop caldo e fuorviante. Il suo modo di cantare, invece, modulando le inflessioni nello stile dei folk-singer, finiva sempre in un crescendo drammatico e "mistico", lambendo blues e gospel. Uno stile ad effetto, soprattutto in ballate come Lover o Ethernal Life.
In Dream Brother, capolavoro assoluto, traspare l'esigenza di una profonda ricerca spirituale. Si ascolti anche Allelujah di Leonaard Cohen riveduta e corretta, dai toni profondi e dall'incedere meditativo. In Corpus Christi Carol le note si fanno rarefatte e gli strumenti sono un semplice accompagnamento per la voce: impetuosa ed assoluta.
Ogni brano è imprescindibile tassello di un capolavoro incommensurabile. Una pietra miliare della musica rock degli anni ‘90. Il successo planetario del album di debutto aveva catapultato Jeff Buckley all'attenzione del pubblico che scoprì in lui un nuovo eroe da amare. Il disco, inoltre, fu acclamato unanimemente dalla critica specializzata che vedeva in lui, per ovvi motivi, l'ideale prosecutore dell'opera incompiuta del padre.
Tra l'estate del 1996 e il febbraio del 1997 il cantante stava lavorando alle canzoni del disco. I lavori procedevano a rilento; c'erano stati problemi con il produttore dell'album, Tom Verlaine (ex-Television), e questo aveva rallentato le registrazioni. Buckley veniva da un tour che tra il 1994 e i primi mesi del 1997 lo aveva portato in giro per il mondo. In quel periodo tenne una quantità incredibile di concerti, toccando, oltre agli Stati Uniti, il Canada, l'Australia, il Giappone e diversi paesi europei. Sbarcando in Italia per tre soli appuntamenti: Milano, Cesena e Correggio.
Nel maggio del 1997 l'artista si trovava a Memphis poiché riteneva quella città il luogo ideale nel quale dare vita al suo secondo attesissimo album che, con ogni probabilità, avrebbe dovuto intitolarsi My Sweetheart The Drunk.
Il 29 maggio 1997 Jeff Buckley al tramonto, scomparve nelle acque del Mississipi. Si era tuffato, allontanandosi dalla riva... . Il fiume lo restituirà quattro giorni dopo.
A circa dieci anni di distanza la morte dell'artista non è ancora finita nel cassetto dei ricordi. Jeff Buckley è ancora oggi considerato una delle voci più emozionanti nel panorama musicale ed il suo culto non è dissimile da quello di icone musicali morte in circostanze altrettanto drammatiche. Come Kurt Cobain, cantante dei Nirvana, o Jim Morrison, leader dei Doors. Lutti di portata eccezionale nel mondo della musica rock, sempre alla ricerca di nuovi miti da poter celebrare.
 
Marco Pipitone

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