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Una vita di ardenti passioni

Industriale visionario, mecenate dello sport e della cultura, uomo colto e gentile, Giorgio Squinzi ha costruito un impero ponendo sempre l’impresa al centro del sistema sociale.

Si è conclusa il 7 ottobre 2019 nel duomo di Milano la storia terrena di Giorgio Squinzi. Un grande imprenditore e un grande uomo, di indiscussa integrità morale. La sua vita è sempre stata  animata da sani valori e forti passioni.

Nato nel 1943 a Cisano Bergamasco, dopo la laurea in chimica industriale affianca il padre alla guida dell’azienda di famiglia, fondata nel 1937 con soli quattro dipendenti. Inizia così la sua carriera partendo dal basso e se oggi la Mapei è diventata quel colosso che tutti conosciamo, lo si deve soprattutto alle sue intuizioni, alle sue politiche imprenditoriali e nell’aver sempre creduto strenuamente nella ricerca brevettando e ad immettendo sul mercato prodotti per l’edilizia assolutamente innovativi, come gli speciali collanti per i rivestimenti. A questo proposito è diventato famoso il suo motto “famiglia povera, azienda ricca”: avverso alla borsa e intollerante nei confronti di qualsiasi forma di speculazione, ha infatti sempre scelto di non distribuire i dividendi ma di reinvestirli nell’attività.

Nella convinzione che per poter essere concorrenziali e non far lievitare i costi di trasporto uno stabilimento non possa trovarsi a più di 500 km di distanza dal suo potenziale bacino di utenza, nel 1980 dà avvio all’internazionalizzazione dell’azienda seguendo una strategia ben precisa: ogni filiale deve avere il proprio laboratorio di ricerca e deve essere guidata da una persona del luogo, in grado di interpretare le esigenze locali. Un modello culturale che in cinquant'anni ha fatto della Mapei una multinazionale che oggi conta 83 stabilimenti dislocati in 36 diverse nazioni, oltre 10 mila dipendenti e un fatturato che nel 2018 si è aggirato sui 2,5 miliardi di euro. In tutto l’arco della sua carriera non si sono mai verificati licenziamenti, né tantomeno si è ricorso alla cassa integrazione e non è mai successo che un bilancio sia stato chiuso in perdita.

Per i suoi alti meriti imprenditoriali è stato presidente di Confindustria dal 2012 al 2016. Ma Giorgio Squinzi è conosciuto dal grande pubblico anche per la sua dedizione allo sport. Ereditata dal padre la passione per il ciclismo, fu egli stesso corridore, più per piacere che per agonismo, fondò e diresse la squadra Mapei, una delle più vittoriose di sempre collezionando dal 1994 al 2002 ben 654 successi.

Abbandonato il mondo del ciclismo (anche se personalmente non ha mai smesso di pedalare) deluso dai tanti casi di doping che hanno infangato il nobile sport, la sua attenzione si è spostata sul calcio. Nonostante fosse fervente milanista non ha esitato a scommettere su una semi-sconosciuta squadra di provincia - il Sassuolo -  intendendo farne una società modello, un debito di riconoscenza come affermò lo stesso Squinzi “verso un distretto che ha inventato la produzione di piastrelle e ceramiche e che ha fatto diventare grande il nostro gruppo”. Scommessa vinta: i “neroverdi” sono approdati meritatamente in serie A; nel 2016 hanno conquistato anche un posto nell’Europa Legue e possono contare su uno stadio di proprietà.

I suoi interessi hanno coinvolto anche il mondo della cultura rappresentato in particolare dall’arte contemporanea e dalla musica lirica, apportando anche in questi casi un contributo personale. Un uomo decisamente eclettico Giorgio Squinzi, che ha lasciato la sua impronta in tutto ciò che faceva, una persona speciale determinate nella vita di molte persone e rilevante per il sistema produttivo dell’intero Paese.

All’ultimo saluto hanno partecipato tanti personaggi del modo della politica, dell’economia e dello sport: da Romano Prodi a Vicenzo Boccia e poi Emma Marcegaglia, Pierferdinando Casini, Diego della Valle, Marco Tronchetti Provera, Massimiliano Allegri, Urbano Cairo, tanto per citarne alcuni, oltre, naturalmente, alla squadra al completo del suo Sassuolo e a tanta gente comune che ha voluto rendergli omaggio. Una cerimonia complessa, condotta con estrema competenza dall’Impresa San Siro di Milano. Non poteva mancare, non tanto in veste di professionista ma come amico personale, anche il commendatore Alcide Cerato, legato a Squinzi dall’amore per la bicicletta, che con lui aveva condiviso tante pedalate e tante emozioni.
 
Raffaella Segantin


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