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Tutta la vita in punta di piedi

La scomparsa di Carla Fracci, una delle più grandi interpreti della danza, modello per tantissimi giovani appassionati di questa disciplina artistica.

A pochi giorni dalla morte del maestro Franco Battiato la scena culturale e artistica italiana si è vista privare di un’altra grande protagonista nota ed apprezzata in tutto il mondo.
Il 27 maggio scorso ci ha infatti lasciato Carla Fracci, l’ètoile della danza per eccellenza, la “prima ballerina assoluta”, come la definì il New York Times nel 1981.

Ha il sapore della favola la sua vita. Nata e cresciuta in un ambiente popolare, padre tranviere e madre operaria alla Innocenti, sognava di diventare parrucchiera. Ma il destino aveva in serbo per lei un futuro ben diverso. Ad una festa organizzata al dopolavoro del papà, mentre si muove sulle note di un walzer, viene notata da una coppia di amici che suggeriscono ai genitori di farle fare un provino alla Scala. E così, a 10 anni, la vita della piccola ed esile Carla prende una direzione inaspettata. È il 1946 quando comincia le lezioni sotto la direzione della nota coreografa Vera Volkova, diplomandosi nel 1954. L’ascesa è rapidissima: due anni dopo diviene danzatrice solista e nel 1958 prima ballerina del Teatro più celebre d’Italia e uno dei più famosi del mondo.

Aspetto delicato e dolce accompagnato da un carattere tenace e volitivo, non deve solo al talento la sua strepitosa carriera, ma ad un costante e duro lavoro a cui non si è mai sottratta, anche quando nei primi tempi - come ha affermato lei stessa - non ne capiva il senso. Un senso che si è palesato qualche anno dopo sui palcoscenici di tutto il mondo danzando per le più famose compagnie di balletto straniere con partner indimenticabili come il grande Rudolf Nureyev, Vladimir Vasiliev, Mikhail Baryshnikov o il danese Erik Bruhn, come pure, più recentemente, con il nostro Roberto Bolle, tanto per citarne solo alcuni.

Diversi i ruoli interpretati, solitamente di natura romantica, come quelli di Giulietta, Swanilda, Francesca da Rimini, e, soprattutto, di Giselle, personaggio iconico del balletto classico, l’interpretazione che più le calzava e che più di ogni altra l’ha resa celebre. Da Giselle, danzata con Bruhn, nel 1969 venne tratto anche un film.
Il suo talento si espresse anche in altri ambiti artistici come nella fiction televisiva, quando nel 1981 interpretò il ruolo della moglie di Giuseppe Verdi. Anche la didattica l’assorbì molto: alla fine degli anni Ottanta è stata direttrice del corpo di ballo del teatro San Carlo di Napoli e più tardi di quello dell’Arena di Verona e ancora, negli anni 2000, di quello dell’Opera di Roma. Numerose le onorificenze ricevute, come quella di Cavaliere della Gran Croce conferita nel 2003 e nel 2020 il premio alla carriera da parte del Senato della Repubblica Italiana. È stata impegnata anche socialmente e politicamente ricoprendo il ruolo di assessore alla cultura della Provincia di Firenze, battendosi contro lo smantellamento dei corpi di ballo delle fondazioni liriche.

Nel 2013, in collaborazione con Enrico Rotelli, pubblica anche un libro dal titolo Passo dopo passo, edito da Mondadori. Si tratta di un’autobiografia in cui racconta l’infanzia trascorsa nella campagna lombarda, l’ingresso alla Scuola di Ballo della Scala, gli anni dello studio, dei trionfi, i suoi affetti e i suoi valori. Vi sono passi che racchiudono tutta la sua idea dell’arte della danza: “Mi ripetono sempre che il mio modo di ballare dà emozione: questo è il complimento che preferisco. Ma se riesco a emozionare il pubblico, vuol dire che anch’io mi emoziono: la tecnica perfetta soltanto non fa grande una ballerina. Artista è chi, con la propria sensibilità, riesce a portare questa emozione agli altri” e ancora “La danza non è piedi e gambe. È testa”.
“L’eterna fanciulla danzante” come la definì Eugenio Montale, se n’è andata a 84 anni per una malattia con cui conviveva da qualche tempo nel massimo riserbo, come era nel suo stile e nel suo carattere, votato alla sobrietà e all’eleganza dei modi. Tutti la ricordano sempre vestita di bianco, il colore che amava e che le si addiceva perfettamente, perché simbolo della semplicità e della leggerezza come era la sua persona. Un fascino tutto speciale, una grazia d’altri tempi sia sulla scena che nella vita.

Una perdita che ha commosso l’Italia e il mondo. “Un esempio di passione per intere generazioni, interprete eccezionale, una grande italiana” così l’ha ricordata il Presidente del Consiglio Mario Draghi, mentre il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha dichiarato: “Abbiamo perso un prezioso e indimenticabile riferimento” e ancora “le sue straordinarie doti artistiche e umane hanno fatto di lei una delle più grandi ballerine classiche dei nostri tempi a livello internazionale”.

Non è mancato un toccante omaggio dal mitico Teatro Bolshoi di Mosca: “Piangiamo profondamente la scomparsa della straordinaria e brillante ballerina Carla Fracci, non solo una star della Scala e del balletto mondiale, ma un simbolo dell'arte romantica del XX secolo".

La camera ardente è stata allestita nel foyer del Teatro alla Scala, affinché tutta la città potesse renderle omaggio. Una vera eccezione riservata solo ai più grandi. Agli applausi della gente si sono uniti lo scampanellio dei tram, per rinnovare il ricordo del padre che passando davanti al teatro alla guida del “suo” n. 1 soleva in questo modo salutare la figlia che si stava esercitando. L’ATM (l’azienda dei trasporti milanesi) dedicherà all’artista un tram della linea 1 tutto bianco con il suo nome. "È un modo per portare riconoscenza a Carla Fracci” afferma il primo cittadino milanese Beppe Sala. “Lei andava fiera delle sue origini e di suo padre tranviere per cui ci è venuto naturale pensare a un'iniziativa del genere, poi magari verranno anche altre dediche, ma partire da questa ci sembrava più giusto".

Il funerale si è tenuto nella chiesa di San Marco alla presenza delle autorità, oltre che dei familiari e di numerosissimi personaggi del mondo dello spettacolo. "La immaginiamo vestita di bianco camminare con il suo passo leggero e la accompagniamo fino alle soglie del mistero, fino a quel crinale che dovrà oltrepassare da sola, e lì l'attende il Signore con le braccia aperte”, ha recitato monsignor Gianni Zappa nell'omelia. L’uscita del feretro dalla chiesa è stata accompagnata dalle note di Sempre libera, da La Traviata di Verdi e dai brani più famosi su cui aveva ballato.

E così è andato in scena il suo ultimo spettacolo sul palcoscenico che più ha amato tra gli applausi, i fiori e la commozione della gente. Come è sempre stato.
 
Raffaella Segantin

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