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La scomparsa di Nando Gazzolo

Un raffinato interprete

Le nebbie di novembre sono calate come un sipario sulla vita di Nando Gazzolo, segnando l’ultimo atto di un artista che ha accompagnato molti di noi nel tempo di una televisione bambina, ma già matura e colta. Nato a Savona nel 1928, era un predestinato. Figlio d’arte e componente di una famiglia di attori e di doppiatori, dopo aver debuttato sul palcoscenico nel 1948, è presto entrato a far parte di quella schiera di epici personaggi, nuovi eroi degli indimenticabili romanzi che andavano in scena dallo schermo in bianco e nero. Il nuovo giocattolo degli italiani figli del dopoguerra, in quegli anni ‘60 e ‘70, proponeva spettacoli di grande spessore culturale accessibili a tutti. Gazzolo divenne subito molto popolare grazie alla sua presenza scenica, ma soprattutto per la sua voce, profonda e modulata, inconfondibile e seducente.

In quel tempo che vedeva tutta la famiglia raccolta davanti allo schermo subito dopo cena, fu interprete di memorabili sceneggiati; da L’Avaro di Moliere del ‘57 a Capitan Fracassa, da Processo di famiglia all’indimenticabile Cittadella, passando per numerosi altri fino a Sherlock Holmes, personaggio che calzava a pennello in virtù di un suo naturale modo di fare tipicamente britannico. Supportato dalla sua bellissima voce, è stato uno dei più apprezzati prestavoce della pubblicità che spopolava su Carosello; e per decenni ha doppiato molti divi del cinema prestando il suo timbro ad attori del calibro di David Niven, Michael Caine, Yul Brynner, Henry Fonda, Marlon Brando e Clint Eastwood.

Attore da palco e raffinato lettore di poesie, Nando Gazzolo ha esplorato un lungo percorso artistico che l’ha visto recitare a fianco dei più illustri interpreti della millenaria arte del teatro. Come attore cinematografico invece, pur partecipando ad alcuni film di mediocre spessore non ha incontrato il medesimo successo. Il motivo è semplice: il suo personaggio, elegante e profondo, sarebbe stato perfetto per pellicole di ben altra levatura e per ruoli drammatici in classici senza età e senza tempo. Mi è capitato di recente di vederlo brandire una Colt in uno spaghetti western, Django spara per primo. Forse il titolo e il contesto bastano per svelarne l’inadeguato ruolo. Nel nuovo secolo, dopo la partecipazione alla fiction Valeria medico legale, si era concentrato sul primo amore, il teatro, per poi ritirarsi gradatamente dalla scena con l’avanzare dell’età, così come il tempo vuole.

Salutare il palcoscenico del mondo a 87 anni, lasciando dietro di sé ammirazione e buoni ricordi da maneggiare con cura significa avere interpretato bene il proprio ruolo nella commedia della vita. Consegnare ai posteri una eredità artistica testimone del tempo che fu vuol dire avere lasciato un mirabile, costruttivo segno del proprio transito su questa grande Madre Terra. I ragazzi della generazione “dopo Carosello” gli sono molto grati per questo. Che la TV non perda l’occasione di coinvolgere anche gli altri. In mezzo a tante porcherie, brutte notizie e ottuse pubblicità, quegli sceneggiati in tutte le sfumature del grigio sono ancora più intriganti adesso. L’ultimo, fatuo pensiero che mi sfiora lo intravede mentre bussa alle porte del paradiso. Chiunque dall’altra parte abbia chiesto “chi è?” al timbro inconfondibile di quella voce deve averlo riconosciuto subito.
 
Carlo Mariano Sartoris


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