Nelle prime pagine del capitolo V dei Promessi sposi, il narratore racconta di come Renzo commetta l'errore di alludere, alla presenza di padre Cristoforo, alle sue fantasie di vendetta omicida nei confronti di don Rodrigo. La reazione del padre spirituale dei due fidanzati è dura e serissima: non è questa la strada attraverso la quale il debole può ottenere la sua rivalsa e, afferrato un braccio di Renzo, "quando pure … è un terribile guadagno!", gli dice con voce lenta e come sotterranea.
Il lettore attento comprende immediatamente qual è il fatto drammatico, evidentemente noto a tutti i personaggi del romanzo, cui il padre allude con questo breve, intenso accenno. Si tratta del momento culminante della vicenda narrata da Manzoni nel capitolo precedente, occupato quasi interamente da un lungo flashback, che ripercorre gli anni in cui padre Cristoforo non era ancora un frate, e non si chiamava perciò ancora Cristoforo, ma Ludovico.
Tutti ricordiamo la storia del giovane figlio di un ricco mercante che, ricevuta una educazione simile a quella dei coetanei aristocratici, si scontra però inevitabilmente con la barriera sociale invalicabile che prima della rivoluzione francese - e in una certa misura anche oltre - sempre separò il borghese (le "genti meccaniche"), non importa quanto ricco, dal gentiluomo, titolare di un privilegio di nascita. Uno spirito vivo e focoso come il suo, teso alla giustizia ma anche incline a imporla con la forza, cade nel tranello di una provocazione. Una banale questione di precedenza, la boria di un aristocratico ("nel mezzo, vile meccanico, o ch'io t'insegni come si tratta co' gentiluomini"), e si viene alle armi.
Il fedele servitore di Ludovico, Cristoforo, perde la vita nello scontro, salvandola al suo padrone, e questi, fuori di sé per l'ira e per il dolore, colpisce a morte il rivale. Ludovico rimane solo coi due corpi senza vita; e questo è il momento che vogliamo qui sottolineare. Egli non aveva mai sparso sangue, dice il narratore, e "l'impressione ch'egli ricevette dal veder l'uomo morto per lui, e l'uomo morto da lui, fu nuova e indicibile. Il cadere del suo nemico, l'alterazione di quel volto, che passava, in un momento, dalla minaccia e dal furore, all'abbattimento e alla quiete solenne della morte, fu una vista che cambiò, in un punto, l'animo dell'uccisore".
È questo il momento cruciale da cui nasce la svolta, nella coscienza e nella vita di Ludovico, che lo porterà alla conversione e alla scelta si farsi frate. Dopo il tumulto e il furore, nel silenzio della morte compare, secondo Manzoni, il senso del sacro, di una irrevocabile giustizia divina. È di fronte al volto silenzioso della morte che appare la verità della vita.