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Pericolo: acque infestate da squali

Nella Londra thatcheriana degli anni Ottanta si afferma un movimento artistico che suscita sensazione e scandalo: è la Young British Art, alla lettera "Giovane Arte Inglese", nata all'indomani dell'incontro fra il collezionista e pubblicitario Charles Saatchi e l'artista Damien Hirst.

Alla loro collaborazione si deve il successo senza precedenti di Sensation, la mostra che nel 1997 attirò alla Royal Accademy di Londra migliaia di visitatori in pochi mesi: è grazie a questo progetto che Hirst diventa ben presto uno dei fenomeni più travolgenti dell'arte contemporanea internazionale.

File interminabili di visitatori affollano l'ingresso del museo d'arte più tradizionale di Londra per vedere le sue installazioni, enormi sculture che il giovane artista inglese costruisce con animali veri e inscatola in gigantesche teche di cristallo.

Come il rarissimo squalo tigre lungo circa 10 metri che galleggia nella formaldeide a significare L'impossibilità fisica della morte nella mente di qualcuno in vita secondo il genio sregolato di Hirst, più volte accusato di oscenità per via del modo spregiudicato in cui parla dei temi classici dell'arte, dell'amore, della vita e, soprattutto, della morte. Ed è proprio alla distanza fra vita e morte che allude il gioco di parole del titolo.

Nelle opere di Hirst si parla della difficoltà di raccontare la morte se si è vivi, un paradosso espresso utilizzando il grande impatto emotivo suscitato dalla visione dell'animale morto e conservato in formaldeide per evitarne la decomposizione.

Il principio dello squalo viene applicato anche a mucche, agnelli e maiali, carne da macello che nelle mani di Hirst diventa soggetto di una ironica pickling art, un'arte del sottaceto, che consiste nel mettere sotto vetro e formaldeide sezioni di cadaveri di animali affinché appaiano vivi, veri.

"Nel progettare l'installazione volevo che la gente pensasse 'potrebbe mangiarmi'. Volevo lo squalo autentico", commenta l'artista a proposito di L'impossibilità fisica della morte nella mente di qualcuno in vita, qualcosa di reale, di non artificiale in un'epoca in cui tutto sembra finto e costruito. Per questo non sceglie, come molti artisti contemporanei, la fotografia o il video: soltanto usando animali morti Hirst pensa infatti di poter rappresentare la vera esperienza della morte, quel senso di separazione che in occasione della 47a Biennale di Venezia del 1993 raffigura mediante il corpo di una mucca e del suo vitellino.

L'opera si intitola Madre e figlio, separati, e costituisce il contraltare dell'unione armoniosa di tante madonne con bambino che raccontano il rapporto madre-figlio nella ritrattistica sacra. La mucca e il vitellino messi sotto formaldeide erano morti in seguito a complicazioni durante la gestazione, un evento che interrompe violentemente l'intima relazione che lega madre e figlio.

Il fatto colpisce l'immaginazione di Hirst e lo spinge ad indagare la nozione di separazione che talvolta accompagna l'esperienza della maternità. La sua chiave di interpretazione è in forte contrasto con le tradizionali natività appese alle pareti di molte chiese italiane.

Hirst vuole rappresentare la divisione che la vita ha imposto alla mucca e al vitellino, e per farlo interrompe i loro corpi tagliandoli verticalmente, e li deposita in tante vetrine disposte su due file parallele. Fra una teca e l'altra, lascia spazio sufficiente perché si possa camminare e osservare quelle parti di un organismo vivente di cui normalmente non abbiamo esperienza, se non nei musei delle scienze.

Nello stesso modo in cui negli scaffali dei musei di storia naturale l'animale viene esposto allo sguardo analitico del ricercatore, nei lavori di Hirst il cadavere viene sottoposto al giudizio del visitatore per spiegare criticamente il rapporto fra umanità e progresso scientifico. Impiegare animali secondo le indicazioni dei laboratori di ricerca, conservarli sotto formaldeide come le cavie utilizzate per studi anatomici significa quindi porre l'accento sulla brutalità che spesso l'uomo impone alla natura.

Una crudeltà che in opere come Madre e figlio, separati appare ancora più sconvolgente perché viola uno degli elementi basilari della nostra civiltà, ovvero il rispetto per la morte. L'operazione di Hirst mira a dimostrare come il procedimento attraverso cui la scienza fa perdere alla morte la sua sacralità e la sua aura mitica per riproporla in modo asettico stia mutando profondamente la nostra società. Esporre la morte in una galleria d'arte significa anche, in fondo, mostrare la morte e parlarne allo scoperto. Nei lavori di Hirst la morte torna ad essere una questione pubblica e collettiva, come quando si moriva in casa circondati dalla famiglia e non nelle stanze fredde ed impersonali di un ospedale.

Opere come Madre e figlio, separati mettono il visitatore del museo davanti all'evidenza di una morte naturale e vera, priva delle distorsioni impostale dalla televisione e dei tentativi di nascondimento degli eventi legati alla morte messi in atto dal mondo contemporaneo.

È in questo senso, forse, che bisognerebbe intendere il rifiuto di esporre lo squalo di Hirst del Museo di Arti Decorative di Parigi, o il ritardo con cui il maiale di Questo maialino andò al mercato. Questo maialino rimase a casa venne esibito alla celebre Gagosian Gallery di New York. In quest'ultimo caso, i problemi vennero sollevati dal Dipartimento per la Sanità: 'gli odori e i fluidi creati dal processo di decomposizione' oltre a costituire un rischio per la salute non rappresentano, secondo la pubblica amministrazione, uno spettacolo edificante per la cittadinanza.

Sono polemiche, queste, che hanno animato la cultura occidentale molto a lungo, e che le installazioni di Hirst ripropongono, attirando apprezzamenti e sostegno, soprattutto nel giro dei critici d'arte, ma anche molte accuse da parte di gruppi conservatori o degli animalisti, i quali ritengono che la sua non sia arte. Non è un caso, infatti, che uno dei tanti siti Internet dedicati all'artista inglese si intitoli "Non adatto ai vegetariani" (http://dialspace.dial.pipex.com/ edwards.family/nathan/hirst/), alludendo alle controversie sollevate da parte di gruppi che sostengono i diritti degli animali riguardo alcuni dei suoi lavori più famosi.

La protesta degli animalisti è andata ben al di là dello scambio verbale trasformandosi, nel 1994, in un vero e proprio atto di vandalismo ai danni di Lontano dal gregge, la pecora in formaldeide esposta nella mostra Some went mad… Some ran away (Alcuni sono diventati matti… Altri sono scappati via) ospitata dalla Serpentine Gallery di Londra. In quell'occasione, un gruppo di attivisti rovesciò una boccetta di inchiostro dentro la cassa di vetro contenente l'agnello bianco soggetto dell'opera. Hirst non si preoccupò molto del fatto.

"Posso prendere una nuova pecora, una nuova mucca - dichiarò alla stampa - Dureranno finché sarò in vita, e questo per me è più che sufficiente".

Fare arte a partire da una mucca o da una pecora, infatti, significa per Hirst scegliere la materia prima più banale possibile, perché mucche e pecore sono animali quotidiani, visti ogni giorno nei banchi delle macellerie, per cui non può esserci un legame emotivo fra l'artista, o il visitatore, e il cadavere di una pecora.

Alla fine, sostiene Hirst, non c'è grande differenza fra una mucca morta ed un hamburger, per questo "voglio che chi vede le mie opere rimanga senza parole, voglio che si senta come un hamburger".

L'obiettivo è far riflettere la gente su ciò che normalmente si dà per scontato, come "il fumo, il sesso, l'amore, la vita, la morte, la pubblicità", aspetti cruciali del quotidiano che raramente si mettono in questione al di fuori della galleria d'arte contemporanea.
 
Federica Martini


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