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Ecco perchè Gesù aveva ragione

La crisi economica sta bruciando miliardi e cervelli nella vecchia Europa. Mi guardo intorno, cercando di pensare da uomo libero, mentre sfoglio pagine della storia e della mia mediocre conoscenza alla ricerca d’una risposta non ispirata dal sapere, ma dalla intuizione che, a volte, è scienza. I miliardi e i cervelli sono due immense, diverse forme di energia. Se Antoine Lavoisier aveva ragione, se “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”, il termine “bruciare” è inadeguato: le energie stanno solo traslocando. I miliardi sono, per lo più, valutazione economica di beni materiali. Citando Marx, sono “opera del plusvalore umano” applicato alle materie con le quali si costruiscono cose, oggetti, merci. Abusando Stevino, fisico fiammingo, i capitali, in qualità di liquidi, per il principio dei vasi comunicanti e sotto l’effetto della gravità, possono essere distribuiti in altri contenitori. E questo è momento di una certa gravità!
I cervelli, invece, sono la casa del pensiero e dell’anima, valori della ricchezza interiore dell’uomo, la sua parte in gioco per quella vecchia scommessa tra il bene e il male: biblica vicenda sempre attuale. Sono essi il punto debole del sistema e tenterò di spiegare il mio perché. L’uomo è davvero un bel soggetto. Mi guardo. Sono stato costruito in maniera caleidoscopica: buono e generoso, ma anche, e di più, corruttibile dal fascino del denaro e del capitale. Voi no? Marx sosteneva che le religioni fossero “l’oppio dei popoli”. Sbagliava: il denaro è la vera droga dei popoli. Una volta provato se ne diventa schiavi.
La crisi economica ha una testa sua e tutto questo lo sa. Non è politica, non è guerra, non è quello che viene raccontato: è scienza della malvagità e, in quanto tale, esige una propria legge, una dimostrazione. E se forse…? Il contenitore dei liquidi era zeppo. È diventato buono per i vasi comunicanti. Qualcun altro farà il pieno altrove: non è un caso, non è politica e le banche sono soltanto un diabolico recipiente. Non potrebbe esserci crisi economica, né un travaso, se popoli di questo mondo rotondo non avessero agguantato ed ecceduto in ricchezza. Ma cos’è la ricchezza? È riuscire ad avere molto di ciò che serve poco alla vita? L’abbellisce, la migliora, la illude e la complica. Più cose si posseggono e più da esse si è posseduti. Tutto questo il male lo sa. Parola di Don Boero: “il peccato più banale dell’uomo è quello di non sapersi accontentare”. Di questo siamo in molti ad essere coscienti e colpevoli.
Noi occidentali, presuntuosi e ricchi, non abbiamo mai rinunciato a depredare i più poveri, illudendoci che fosse “cosa buona e giusta” e lavando le coscienze con donazioni per le Fondazioni gestite dai più buoni. Facevamo solo parte di un programma destinato al travaso dei liquidi. Era scritto che dovesse toccare a noi essere ricchi, facendo il pieno di tutto, per poi diventare fragili e molli, facile preda di una depressione economica, etica, religiosa e civile. Il gioco è stato pilotato a regola d’arte. Un buon ladro ruba a casa di chi ne ha. Eravamo noi, pronti per il travaso. Ricchi, resi abilmente tali da un progetto perverso ed evoluto che da sempre si insinua in una darwiniana evoluzione con la forza dell’arte in cui ha svettato il diabolico Gobbels una settantina di anni fa: “la propaganda è un’arte, non importa che essa racconti la verità”. Oscuri mostri ci hanno prima sedotti e poi hanno imboccato la strada giusta, attaccando le nostre debolezze, annichilendo i sensi del buon senso, dirottando mente e denaro verso consumi, industrie, case, oggetti e risparmi pronti per essere travasati altrove quando il sistema si fosse rivelato saturo.
Aggrappati a false speranze, non abbiamo capito. La nostra anima non ha capito, perché è costruita così. Se tutti ci fossimo accontentati di quanto basta per essere felici, il male si sarebbe dovuto inventare altro per far man bassa di energie mentali e materiali. Fatue certezze che avevamo riposto in banca, nella piccola casa al mare, nell’orologio di marca. Il gioco è semplice quanto abietto nel suo essere persino democratico: si è spostato. I nuovi Paesi emergenti si stanno arricchendo in fretta e questo è un bene per loro e per il male che, a suo tempo, verrà a riscuotere pegno. Coloro che avevano quel poco che è molto più di niente, avranno la possibilità di avere molto di più fino a quando non servirà a niente. Sorgeranno nuove industrie, nasceranno nuovi prodotti: utili, stupidi, belli, superflui. Non canteranno più nelle vie i nuovi ricchi. Avranno altro da fare: ammassare “profumi e balocchi” cadendo nel tranello senza guardare a noi, probabilmente disuniti e nuovi poveri. Ci vorrà tempo, ma nemmeno molto. Quando il mercato sarà saturo le ombre di una crisi inspiegabile caleranno a far man bassa di illusorie, fluide ricchezze e gli animi fragili, tristi e poco combattivi cederanno anch’essi la migliore energia agli imperatori del mondo spuntati dal nulla, che nel nulla non sono mai stati e che vogliono tutto. Siamo pedine costruite per questo gioco, piccoli elementi vulnerabili nella nostra cupidigia, peccato niente affatto veniale che al male ci ha portati.
Sconfiggere il male è facile da scrivere: basta rinnegare l’idolo d’oro che fece imbufalire quel buon uomo di Mosè, uno che, a proposito di oneste regole su cui fondare certi usi e costumi, aveva i giusti agganci. Non è bastato allora e non basta oggi: eppure, ragionando da umili e sfuggendo alla voglia di tirarci fuori dalla mischia da buonisti, se ci soffermassimo a prendere coscienza del tutto potremmo affermare che Gesù aveva ragione. Aveva ragione a bacchettare i nababbi, aveva ragione a mostrarsi re in ciabatte di fronte a sacerdoti e prefetti romani, sapendo di rischiare. Non vi era altra strada che un messaggio forte e duraturo, non sarebbe stato così senza la morte e il resto. Il messaggio era quasi banale: per sconfiggere il male è sufficiente non farsi abbindolare e avere fede in ciò che è sotto gli occhi di tutti - la bellezza del creato - accontentandosi di ringraziare un Dio per la magia della vita, pur senza esagerare in certe privazioni. Gesù aveva ragione: non evitava di andare a spasso per il mondo, di soffermarsi a cena, di bere vino e di far festa. Probabilmente piaceva alle donne perché era un bel tipo, e forse non disdegnava, perché la vita è anche questo: di certo, era un uomo.
Non abbiamo capito quanto Gesù avesse ragione, non siamo fatti per capire, facili ai 30 denari, sedotti dalla pubblicità martellante, dai facili guadagni in borsa, dalle promesse di un mondo migliore sbandierate da parolieri, da arrivisti, da piazzisti, da mercanti “figli di Caronte”. Siamo destinati a fare il gioco di chi ci mena tra illusioni e templi, e quindi ci saccheggia: piccoli, superbi esseri umani, ostaggio di mutui, di scadenze e di mefistofeliche tasse. Giochi al ribasso messi lì oggi dai nuovi prefetti delle nostre cose, delle nostre case e delle nostre anime. Cedere di schianto e tornare in partita con un “modulo Gesù”, farci buoni e piccoli, accontentarci di “pani e pesci” e tornare a sorridere potrebbe essere la tattica vincente. Saremmo salvi. Non lo faremo mai.
 
Carlo Mariano Sartoris


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