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ONORE AL NOSTRO
"GRANDE FRATELLO"

Per l'intero anno trascorso non ho fatto altro che rivolgere attenzione ai miei (ex) colleghi impresari funebri ed alle loro problematiche insolute ed insolubili, che non sono tali per congenita strutturazione compartimentale, ma lo diventano a causa dell'indole prevaricatoria e mistificatoria insita nella gran parte delle persone che incarnano lo specifico settore mercantile.
Con la presente nota, invece, voglio rendere merito a questa rivista, a chi la ha ideata, a chi la ha progettata, a chi la ha realizzata, a chi la cura con amore e con passione, mese dopo mese, per farne un prodotto editoriale di alto livello estetico e culturale, ma soprattutto voglio sottolineare il grande merito che tutti insieme dobbiamo riconoscere a chi rende possibile la realizzazione di questo mensile, a chi lo sostiene dal punto di vista economico, in sintesi, a chi paga affinché questo periodico giunga a cadenza mensile sulle scrivanie degli impresari della penisola, e cioè ai produttori di articoli funerari e cimiteriali.
Non sono che qualche centinaio, ma se teniamo conto che al loro fianco operano delle imprecisate ma foltissime schiere di collaboratori ed addetti, allora possiamo ben dire che si tratta di svariate migliaia di persone che concorrono con il loro impegno - talora umile e non pienamente considerato - a formare quell'universo del quale noi siamo i protagonisti e costoro le comparse senza volto e senza voce.

Un retroterra propedeutico al nostro lavoro di impresari funebri che, senza risparmio di energie, studia, ricerca, progetta, sperimenta e realizza sempre nuovi prodotti e nuovi design finalizzati alla buona riuscita delle nostre prestazioni professionali.
Dai cofani ai carri funebri, dalle imbottiture alla maniglieria, dagli addobbi agli accessori di ogni genere, lo sforzo di questo esercito di imprenditori e dei loro supporter, carichi di inventiva e di passione, è proteso a far sì che il nostro lavoro riesca sempre a cogliere il meglio dei risultati e la soddisfazione di chi, nei frangenti più tristi della vita, ha bisogno del nostro intervento.
Un esercito silenzioso ed operoso, ma anche volitivo e tenace, cui dobbiamo la nostra considerazione, il nostro rispetto. Apprezzamento, considerazione e rispetto che non devono venire meno il giorno in cui davanti al nostro magazzino fa sosta un camioncino carico di cofani che ci vengono offerti a prezzo stracciato. Non devono venire meno nel momento in cui ci viene fatta una proposta di acquisto che ci appaia strabiliante, non devono venire meno all'allettante profilarsi di un affare più vantaggioso.
Queste lusinghe, provenienti in particolare dal sottobosco artigianale dei produttori di cofani, sviliscono il mercato, vanificano lo sforzo della ricerca, condotto per anni dalle industrie più rinomate, e, sicuramente, non garantiscono i pregi e la raffinatezza dei manufatti che fuoriescono dalle catene produttive specializzate.
Inoltre, spesso, presentano difetti occulti ed imperfezioni che possono dare luogo a "sorprese" del tutto sgradite ed inopportune al cospetto dei familiari in lutto.
Non che codesti artigiani non abbiano diritto di cittadinanza nel nostro comparto o si voglia, con questa osservazioni, negare loro la legittima aspirazione a conquistare la giusta fetta di mercato, ma sarebbe logico ed opportuno che ciò avvenisse in base ad autonome procedure di investimento nella progettazione, nella ricerca e nella sperimentazione di tecniche e di stili. E' fin troppo facile scopiazzare impunemente un nuovo modello ideato dalla grossa industria, è fin troppo comodo imitare stili, immagini, caratteristiche peculiari di un articolo consolidato o innovativo che sia. E' vero che un cofano funebre è semplicemente un contenitore, una cassa da morto, e tale resta, qualsivoglia siano gli orpelli, gli intagli, le modanature.
Ciò che fa la differenza fra la "novità" e lo stereotipo sono le piccole cose, le sfumature, le sagomature, le scorniciature che, sapientemente calibrate nelle giuste dosi, in armonici equilibri, forniscono un aspetto d'insieme diverso, nuovo, se vogliamo, gradevole ed accettabile e poi la verniciatura, sempre impeccabile nel prodotto industriale, spesso difettosa e pasticciata in quello artigianale.

Risultati che si conseguono soltanto avendo alle spalle un retaggio di strutture e di esperienze, ma anche una approfondita conoscenza del settore. È questo comparto parallelo il nostro "grande fratello" nella professione; sono questi i nostri compagni di viaggio che, da dietro le quinte, tracciano il solco del processo evolutivo tecnico ed estetico dal quale la nostra imprenditoria non può essere avulso.
Al loro fianco, sovente, egregio coadiuvante, c'è la figura del rappresentate, eminenza grigia non meno importante e, di solito, sottovalutata, con il quale, nel corso degli anni, a volte di decenni di frequentazioni, si instaura una vera profonda amicizia, una intesa, fatta di gestualità e di occhiate, un rapporto umano autentico e - strano a dirsi - disinteressato, capace di travalicare anche interessi e venalità.
Essi rappresentano le ditte costruttrici, ne sono, mi si passi il termine obsoleto, i piazzisti, ma in sostanza, nel tempo, diventano i "nostri rappresentanti" presso di loro, proprio perché interpretano i nostri bisogni, le nostre esigenze, incassano le nostre eventuali lamentele, si fanno portatori delle nostre istanze o dei nostri disagi; angeli custodi sempre pronti ad ascoltare, a mediare, a recepire, a riportare.

Entrano con la barzelletta più fresca ed esilarante del momento e sperano di andar via con un foglio del copia-commissioni zeppo di ordini, ma non sempre è così, un po' perché il mercato è saturo, un po' perché, forse, il camioncino dell'offerta speciale li ha preceduti proprio di qualche giorno.
Contrattempi sui quali sorvolano o fingono di sorvolare sempre di buon grado e, sia pure con l'amaro in bocca, apparentemente mai avviliti, mai delusi, sorridono, salutano e ripartono con il consueto arrivederci al prossimo passaggio, trascinando nel proprio intimo il loro imperscrutabile bagaglio di frustrazioni, di insoddisfazioni, di angustie umane. Ecco, è a questi personaggi che ho voluto dedicare il mio spazio ed i miei pensieri in occasione dell'evento fieristico che stiamo vivendo: agli industriali che il più delle volte non conosciamo di persona e che si materializzano attraverso le pagine pubblicitarie di questa come di altre riviste ed ai loro rappresentanti con i quali condividiamo la nostra quotidianità.
Ebbi il privilegio di conoscere da vicino queste due categorie di nostri sostenitori e collaboratori nell'ormai lontano 1979, allorquando fui protagonista nella organizzazione della prima manifestazione fieristica settoriale e potei apprezzarne la capacità, l'entusiasmo, la disponibilità, la dedizione, lo spirito di sacrificio, coniugati alla grande carica umana.
Mangiammo, gioimmo e cantammo insieme, ci sentivamo come fratelli, accomunati da un ideale comune, la emancipazione etico-culturale-professionale dell'intero comparto funerario, e posso affermare che sono persone davvero speciali.
In questi giorni ci incontriamo tutti a Modena, nella riedizione del TANEXPO, che tanto successo ha riscosso in passato e coglierà nel futuro, per essere diventato, con la sua istituzionalizzazione, il momento d'incontro più importante di tutte le componenti settoriali. Sosteniamoli, gratifichiamoli e, soprattutto, ringraziamoli!


 
Alfonso De Santis

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