- n. 3 - Marzo 2011
- Arte
Caino e Abele nell'interpretazione di Tiziano
Il primo omicidio della storia
Sono gli anni ‘40 del XVI secolo. Tiziano, uno dei più importanti Maestri della pittura rinascimentale veneziana, cambia radicalmente il proprio modo di dipingere. Se fino a quel momento il suo orientamento figurativo era basato su una ideale classicità delle forme, caratterizzate da un sereno naturalismo, dopo il 1540 irrompono nelle sue opere tinte più cupe ed una intensa drammaticità delle scene rappresentate.
Sono gli anni in cui si ruppero gli equilibri e le certezze portate dal Rinascimento e che in arte si tradussero con l’avvento del Manierismo, ossia con l’introduzione dell’inquietudine umana. Tra il 1542 e il 1544 Tiziano dipinse alcune scene bibliche per la Chiesa di Santo Spirito in Isola che oggi sono conservate nella sacrestia di Santa Maria della Salute. Una di queste è la tela su cui è rappresentata l’uccisione di Abele per mano del fratello Caino. L’impostazione prospettica di questo dipinto è studiata per creare il massimo coinvolgimento dell’osservatore il cui punto di vista viene posto dal basso verso l’alto, proprio come in una rappresentazione teatrale in cui gli spettatori sono seduti in platea e seguono ciò che sta accadendo sul palco. I due protagonisti della scena sono raffigurati nell’istante di massima tensione: Caino ha appena atterrato Abele e, costringendolo a rimanere a terra con la forza del piede e di tutta la gamba sinistra, si appresta a sferrargli il colpo mortale con un bastone brandito con entrambe le mani. Abele, con una profonda ferita alla testa che sanguina copiosamente, si torce in un disperato tentativo di sfuggire alla furia omicida di Caino. I movimenti dei due fratelli, al culmine di una tragica lotta, sono enfatizzati al massimo grazie agli scorci arditi e all’evidenza plastica data ad ogni fascio muscolare dei loro corpi. La scena si svolge all’aperto, ma la natura è quasi assente e l’artista lascia più che altro immaginare un terreno scosceso roccioso e aspro, mentre l’insieme è come sovrastato da una enorme nube quasi nera che lascia intravvedere solo un piccolo squarcio di cielo, anch’esso cupo e tetro.
È davvero difficile riconoscere in un dipinto come questo lo stesso Tiziano, autore nel 1515 di “Amore e Psiche” e nel 1524 di “Baccanale” o del “ritratto di Federico II Gonzaga”; ma ormai il Rinascimento è alle spalle, così come tutte le certezze e le speranze dell’uomo che si era riscoperto al centro dell’Universo. Ora si sta facendo strada il dubbio, l’inquietudine; l’equilibrio si è rotto e si riscoprono il dolore e la violenza. La conseguenza è l’attenzione, anche in pittura, per le interpretazioni di soggetti tragici attraverso i quali indagare il dolore e la morte come conseguenza dell’azione dell’uomo.
L’omicidio di Caino nella tradizione cristiana rappresenta il primo omicidio nella storia umana, causato dall’invidia per il proprio fratello, da parte di un uomo inquieto e non appagato dalla propria esistenza, che è talmente accecato dalla sofferenza da non riuscire più a discernere il bene dal male e da arrivare a compiere uno degli atti più crudeli ed ingiustificabili al mondo pur di placare la propria angoscia personale. Tiziano ha voluto fermare il tempo in quel tragico istante in cui Caino, al culmine della follia e dell’odio, concentra tutta la propria forza fisica per sferrare un colpo che non lasci scampo al fratello, il quale è invece raffigurato ancora cosciente e, dunque, perfettamente consapevole della propria morte violenta, un istante prima che accada.
Daniela Argiropulos