Nella mia mano conservo
quello che hai cercato
per regalarlo.
Nei versi di “Ombra di vita”, dedicati alla scomparsa di una persona vicina, l’elaborazione di una separazione diventa un progressivo immergersi nelle infinite relazioni tra la vita e la morte. In un ininterrotto flusso tra principio e fine, ripercorrendo luoghi reali e immaginari della memoria, riflessioni sul tempo e sui legami affettivi, si compie un continuo ritorno su quel punto di congiunzione fra vita e morte di fronte al quale lo sgomento si ripropone ogni volta identico.
Nella evocazione della persona scomparsa l’autore indugia sul “prima” per prolungare l’energia della sua presenza nel “dopo”, ma anche per guardare al “vuoto dell’assenza” attraverso differenti aspetti della realtà quotidiana che prosegue. Così, nella ricerca delle parole che danno un nome a ciò che è divenuto cenere, i versi si frangono come materia contro l’impalpabile, in quell’inesausto srotolarsi e riavvolgersi di un tema che resta inafferrabile. Ha scritto Giorgio Celli: “I versi di Brunini, in una apparente linearità di percorso, riservano improvvisi cortocircuiti da cui affiorano illuminazioni e straniamenti che riflettono la inafferrabilità dell’esistenza”.
(Bruno Brunini, Ombra di vita, Edizioni “La vita felice”, Milano, 2012)
LE PAROLE
Le parole
per vederti ancora,
per ritrovare
quello che hai cercato,
un tutto senza materia
la tua memoria,
con le mani sembra di toccarla
è una linea che dà un confine
un occhio nella nebbia
la tua memoria
mi chiama,
alza una luce sul buio della strada
ma non può riempire
questo bianco
che viene dai muri
a svuotare la mente.
NEL RICORDO
Nel ricordo
che dà un nome
a ciò che di te è cenere,
perdute lettere
hanno riempito l’aria.
È questo il respiro leggero
che toglie la notte di dosso,
salirà all’orizzonte
in un canto incompiuto
e troverà un’altra voce
dopo che il vento si sarà disperso.