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La vita di Mark Linkous, leader degli Sparklehorse

L'ombra della luce

"Quando il sole diverrà miele, possa la vostra ombra galleggiare dolcemente".
Mark Linkous

 
In un periodo in cui la musica fatica a celebrare se stessa, la scomparsa di Mark Linkous risulta come un epitaffio per le residue speranze di riportare il rock ai fasti di un tempo.
Una piccola rivoluzione silenziosa. Un tamtam divenuto suono costante, sempre più forte, in grado di raggiungere le coscienze e i cuori di chi ha avuto la fortuna di conoscere il lavoro di Mr. Sparklehorse. Mark Linkous ha tracciato un solco indelebile nel panorama della “musica indie” degli ultimi anni. Le parole e i suoni delle sue canzoni hanno influenzato decine di artisti che nei dischi degli Sparklehorse hanno trovato un punto di riferimento per gli anni a venire.
Il percorso artistico di Linkous si snoda attraverso un cammino decisamente alternativo. Sul finire degli anni ’80 il sottobosco musicale americano è in grande fermento. Tra il 1986 e il 1994 Mark milita in diverse band, ma è solo nel 1995 che a Richmond, in Virginia, nascono gli Sparklehorse. La riscoperta del cantautorato americano nel circuito indie statunitense funge da viatico per il successo della Band. Musicalmente trovano ispirazione in diversi generi musicali, senza tuttavia riuscire ad essere inquadrati in uno specifico. Il gruppo alterna al dinamismo rock made in USA la ricerca intimista dei grandi songwriters americani. Il vigore di alcune ballate è solo una parte delle mille sfaccettature di un suono ricco di riferimenti storici, ma che propone senza esitare qualche incursione nel mondo dell’elettronica.
Nel primo disco dal titolo illeggibile, Vivadixiessubmarinetransmissionplot, l’artista si serve di strumenti musicali obsoleti, incorporando il suono analogico alle nuove tecniche digitali. Alcune composizioni riportano l’ascoltatore alla musica di Tom Waits, ma è solo una impressione. Linkous gioca con l’elettronica, nasconde le canzoni rivestendole di polvere, celando le influenze “folk-country” che permeano l’intera produzione. Le chitarre evidenziano il cantato anche quando è semplicemente sussurrato, ma è l’uso costante del mellotron sostenuto dalla drum machine a fare la differenza. La struttura delle canzoni è incontrovertibile. Mark le trasforma: ogni passaggio, ogni canzone si rivelano attraverso la melodia unica e inconfondibile. Il marchio di fabbrica degli Sparklehorse.
Il tour conseguente all’uscita del disco d’esordio venne accolto dal pubblico piuttosto timidamente. Nonostante questo, furono unanimemente considerati dalla stampa specializzata una Band di sicuro successo. Il loro futuro pareva in discesa. Linkous da anni conviveva con la depressione, uno stato che lo stava inesorabilmente trascinando dentro l’oblio della propria infelicità. L’artista, in occasione di una data a Londra, venne trovato nella sua stanza d’albergo in overdose di valium e antidepressivi e in una posizione in cui le gambe rimasero bloccate sotto il corpo per almeno quattordici ore. Dopo tutto quel tempo, quando si mosse, il picco di potassio nel sangue causò un arresto cardiaco durato tre minuti. Linkous in quel frangente venne dichiarato morto. In seguito, in ospedale, rischiò di perdere entrambi gli arti. Nel corso del tempo l’artista subì numerosi interventi che gli restituirono solamente in parte la mobilità delle gambe.
L’album Good Morning Spider, registrato nel 1998, riflette le difficoltà strazianti di quegli anni. Rispetto al disco d’esordio, il nuovo lavoro mette in evidenza il tentativo di voltare pagina. Archiviate le sonorità polverose dell’esordio, Linkous sottolinea il cambio di registro con una produzione più asciutta in cui le chitarre prendono il sopravvento. I testi passano al setaccio la sua disperazione anche se l’artista, in una intervista rilasciata in quei giorni, tenne a precisare che il materiale sonoro era stato concepito prima dell’incidente, ad eccezione di St. Mary, canzone dedicata alle infermiere dell’ospedale che lo presero in cura.
It’s A Wonderful Life del 2001 vede la collaborazione di Tom Waits, PJ Harvey, Nina Persson. Rispetto ai dischi precedenti, Mark ne affida la produzione a Dave Fridmann, al tempo non ancora eminente produttore di musica indie. L’album evidenzia il talento di Mark. Le canzoni riflettono l’equilibrio ritrovato dal songwriter che in quel periodo decise di produrre Nina Persson e soprattutto A Camp e Fear Yourself di Daniel Johnston. Il leader degli Sparklehorse è stato uno dei maggiori sostenitori di Johnston, outsider che ha condotto una lunga battaglia contro la malattia mentale.
Nel 2004 Linkous ha curato e prodotto Discovered Covered: The Late Great Daniel Johnston, un album tributo all’ancora vivente Daniel Johnston, con artisti come Beck, Death Cab for Cutie, Vic Chesnutt, Tom Waits e Bright Eyes. Il disco include anche una collaborazione tra gli Sparklehorse e i Flaming Lips.
Nel 2006 Dreamt For Light Years In The Belly Of A Mountain, un ulteriore passo in avanti che si discosta in maniera piuttosto netta dalle progressioni rumoriste dei primi lavori. Le atmosfere, pur mantenendosi oniriche e crepuscolari, recuperano una “forma canzone” maggiormente definita. Le carambole noise dei primi album sono solo un ricordo. Un disco in bianco e nero, dai toni virati, nel quale è possibile scorgere le cadenze rassicuranti della melodia che si antepongono ai tumulti emotivi.
Nel 2009 escono un disco in collaborazione con Danger Mouse e uno con Fennesz. Progetti laterali che nulla aggiungono e nulla tolgono alla discografia degli Sparklehorse. La morte di Mark Linkous sopraggiunge tragicamente il 7 marzo 2010, gettando nello sconforto amici e fan. Dopo aver lottato per anni contro la depressione si uccide, sparandosi un colpo di pistola al cuore davanti alla casa di un amico, a Knoxville, nel Tennessee. La famiglia lo ricorderà con un toccante epitaffio: “È con grande tristezza che condividiamo la notizia che il nostro caro amico e congiunto si è tolto la vita. Gli siamo grati per il tempo che ha speso con noi e lo terremo sempre nei nostri cuori. Che il suo viaggio possa essere pacifico, felice e libero. C’è un paradiso e c’è una stella per te”.
 
Marco Pipitone


HANNO DETTO DI LUI:

John Schacht, del magazine Blurt, che lo aveva intervistato un anno fa: “Mark era un bravo ragazzo; purtroppo il peso della sua depressione lo ha terribilmente danneggiato. Ci eravamo sentiti poco prima che si sparasse: quel giorno avvertii che non avrei più parlato con lui”.
 
Steve Albini: “Ho lavorato con Mark solo per un paio di settimane, ma mi sono subito reso conto che era una delle persone più sincere che avessi mai incontrato. La sua fragilità faceva a pugni con il suo amore per la musica”.
 
Colin Greenwood dei Radiohead: “La notizia della morte di Mark mi ha sconvolto. Lui e la sua band aprivano i nostri concerti durante il tour di Ok Computer. Non feci fatica ad innamorarmi della loro musica, tanto che i primi due dischi degli Sparklehorse sono tra gli album più importanti della mia vita. Mark era un amico ed un profondo conoscitore di musica. Lui mi ha introdotto alla musica di Daniel Johnston. Mi sento fortunato ad aver avuto la possibilità di passare del tempo con lui. Riposi in pace”.

 
DISCOGRAFIA:
 1996    Vivadixiessubmarinetransmissionplot
 1998    Good Morning Spider
 2001    It’s a Wonderful Life
 2006    Dreamt for Light Years in the Belly of a Mountain
 2009    Dark Night of the Soul (with Danger Mouse)
 2009    In The Fishtank 15 (with Fennesz)

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