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A Kielce, in Polonia, dal 3 al 6 giugno

Necroexpo 2011

Decisamente le estati polacche ci riservano sorprese continue. Dopo le piogge fredde di due anni orsono, un anticipo di estate continentale ci ha accolti nella pacifica Kielce, capitale del voivodato di Swietokrzyskie, che assieme a Poznan rappresenta il centro fieristico più importante del Paese.
In effetti vi si tengono annualmente più di una sessantina di esposizioni in un complesso ben concepito sul piano strutturale e non privo di qualità architettoniche, come è il caso del padiglione nel quale si è svolta questa quarta edizione di Necroexpo, il salone più importante del mondo funerario polacco. L’evento viene organizzato dall’ente fiera locale con la collaborazione della PIP (Polish Funeral Chamber), la federazione più rappresentativa a cui aderiscono 470 operatori (tra imprese di pompe funebri e produttori) di cui un 10% appartiene al settore pubblico. Nel paese di Chopin esiste un’altra Federazione decisamente meno significativa.
Tanexpo ancora una volta è stata presente all’appuntamento, quasi concomitante con altre fiere che si sono svolte a Valencia, in Spagna, ed a Stoneleigh, in Gran Bretagna. Come sempre siamo stati ben accolti dagli organizzatori Marcin Musial e Marcin Paszkowski che, con la consueta gentilezza, hanno fatto del loro meglio per facilitarci il compito. La nuova struttura ha agevolato considerevolmente i partecipanti che hanno avuto a disposizione spazi confortevoli in un ambiente luminoso grazie alle ampie vetrate che permettono alla luce di invadere il sito espositivo.
Anche se i dati definitivi non erano ancora disponibili al momento della partenza, pare, sulla base dei primi due giorni, che l’affluenza di visitatori sia comparabile a quella dell’edizione precedente nonostante le misure prese dal governo nel clima generale di austerità che hanno colpito anche l’industria funeraria. Occorre sapere che sino a marzo sopravviveva una consuetudine instaurata dal regime comunista e che faceva giungere dallo stato alle imprese una indennità a fondo perduto per ogni funerale. Tale somma è stata recentemente dimezzata nella prospettiva di eliminarla definitivamente negli anni a venire. Anche se poi, quando si tratta di spendere per un prodotto di qualità, soldi ve ne sono sempre. Ne sanno qualcosa i numerosi espositori italiani che, come al solito, sono stati i più numerosi tra i partecipanti stranieri: Ferrari col sempre dinamico Massimiliano Ronzat, Intercar con Vanni Gualtieri, Olivetti con i coniugi Olivetti e Eugenio Fantuzzi, Pilato con Barbara ed il marito Gianvittorio Stella, ed infine, “last but not least”, la Spaf con l’inossidabile Sandrone. Tra i visitatori abbiamo ricevuto nello stand Tanexpo Fabio Melano, della Chemical Roadmaster Italia, nonché Ciro Sorrentino della Caggiati. Tutti piuttosto soddisfatti per come erano andate le cose e fiduciosi nelle potenzialità di un mercato che è il più consistente, con una popolazione di una quarantina di milioni di abitanti, tra quelli dei paesi che hanno abbandonato il sistema collettivista. La Polonia, del resto, si è ripresa in tempi relativamente rapidi anche perché denaro fresco è stato immesso nei circuiti economici dalla diaspora polacca, in particolare quella statunitense, che rimane fortemente legata alla terra d’origine malgrado il quasi mezzo secolo di regime totalitario. Del resto chi ha conosciuto la Polonia di anche soli trent’anni addietro non la riconoscerebbe oggi. Non parliamo di un parco macchine simile ormai a quello nostrano, ma le stesse brutture edilizie lasciate dalla dittatura sono state trasformate per renderle quantomeno accettabili o sono state abbattute senza tanti ripensamenti lasciando spazio a nuove realizzazioni apprezzabili sul piano estetico e funzionale.
Il fenomeno è particolarmente visibile proprio nel mondo funerario. Chi ricorda la prima esposizione polacca, organizzata negli anni novanta nel grigio palazzo dello sport di Wroclaw (Breslavia), potrebbe pensare che molti decenni siano trascorsi da allora. In realtà i contatti con il mondo “capitalista” hanno stimolato le capacità creative locali: oggi si possono vedere in giro cofani di tutto rispetto, come ci ha confermato un ex costruttore italiano di grandissimi prodotti, Amerigo Barbieri, di passaggio da quelle parti. Pensiamo in particolare alla Stoltur di Jan e Marian Miller che si è risollevata da un incendio catastrofico (che aveva distrutto la fabbrica facendo anche un morto, ma che ha spinto i fratelli Miller a modificare totalmente i sistemi di fabbricazione facendo ricorso alle tecnologie più recenti) ed alla Rubicon & Vicinus. Anche la produzione di urne risulta incomparabile con quella di qualche anno fa a Breslavia grazie a creazioni originalissime e di grande valore artistico. Senza parlare delle composizioni floreali proposte dall’impresa del presidente della PIP, il gioviale Witold Skrzydlewski: una sinfonia di orchidee bianche e di anthuriums che ha sedotto tutti i visitatori. La sua attività come fiorista, creata dagli antenati a Lodz, risale agli anni trenta del secolo scorso. Oggi conta 35 punti vendita e ad essa si è affiancata, al momento del grande cambiamento di sistema, quella più propriamente funeraria che oggi cammina a gonfie vele realizzando circa 800 servizi mensili. Il che è tutto dire.
Una bella serata di gala, con consegna di premi e di diplomi, ha coronato la manifestazione in un clima di grande fraternità (forse solo apparente) e di allegria alimentato, oltre che da tutto il resto, da fiumi dell’eccellente vodka polacca che sembra essere stata creata appositamente per favorire la digestione della “sostanziosa” cucina locale.
Un solo elemento negativo ha “turbato”, per così dire, il nostro soggiorno. Nulla a che vedere con il mondo funerario. Si tratta invece di una nuova, sciagurata, moda che sta imperversando tra i giovani di Kielce: il bere la birra con la cannuccia. Di primo acchito pensavamo si trattasse di un’altra bevanda di colore biondo, anche se il fatto che si trovasse in boccali ci meravigliava non poco. La speranza che non fosse birra, così massacrata, cadde quando a precisa domanda il cameriere ci confermò che effettivamente di “cervogia” si trattava, dandoci così il colpo di grazia finale. Questa è la triste fine di un liquido che trova le sue origini nell’Egitto dei faraoni e che ha attraversato i millenni senza venire profanato. O tempora, o mores!
Proprio a noi, eredi delle vecchie province dell’impero (asburgico) e portatori di una tradizione consolidata durante tutta una vita, doveva toccare la iattura di veder succhiare la birra da una cannuccia quasi si trattasse di un volgare soft-drink, magari anche “light” o “diet”. Di fronte a tanto scempio non ci è rimasto altro da fare che ordinare urgentemente, malgrado la dieta che da qualche tempo ritma i nostri giorni, un paio di boccali dell’ottima birra locale degustandoli “secundum artem” alla faccia di quegli zoticoni. Con un ben sincero ed austriaco “prosit” indirizzato a tutti i lettori della nostra rivista. Indistintamente a quelli che ci apprezzano e a quelli che ci detestano. A presto!

 
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