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Morte e resurrezione di un tubo catodico e di un certo modo di vivere

Era là, abbandonato in una discarica per la raccolta differenziata. Era intatto nella sua forma un po’ desueta, ma sinuosa, equilibrata, bella, quasi sensuale.
Il piccolo televisore Philips restava in disparte rispetto al grosso degli altri punti di raccolta, incredulo di essere stato scaraventato in quel brutto posto dopo tanti anni di onesto lavoro, là su qualche credenza, in quella casa ormai lontana a cui credeva di appartenere per sempre.
Era triste, era arrabbiato con l’ingratitudine del suo padrone e del genere umano, ma confuso da un dubbio amletico, odiava se stesso.
Se non l’avessi salvato sarebbe morto di certo, morto di dolore. Era convinto di essere stato gettato per qualche sua oscura colpa e questo gli faceva male. L’ho portato a casa, sembrava spaventato. Gli ho parlato un po’ tentando di rassicurarlo e poi gli ho raccontato del digitale terrestre, delle campagne pubblicitarie che invitano allo schermo piatto dalla massima risoluzione, effetto tridimensionale ed ho alleviato il suo senso di colpa. A quel punto sembrava volesse chiedermi: - accendimi, provami, giudica se quello che mi hanno fatto si può considerare umano. L’ho fatto.
Il piccolo televisore Philips si è acceso in un istante mostrando una forma sorprendente, un audio accettabile, ma soprattutto degli splendidi colori che mi hanno riportato indietro nel tempo, riprodotti da uno schermo di quelli non ancora piatti, ma convessi, arrotondati.
Era così quello che mi regalarono nel 1983, tempo di un matrimonio ormai lontano. Sono rimasto a giocherellare tra i canali rallegrando il nuovo compagno e vedendolo così vivo e scattante nonostante l’età, non ho potuto fare a meno di aggiungere un nuovo tassello critico nei confronti di questo nostro frenetico e ormai sbagliato modo di vivere.
Il digitale terrestre è una prova tra le tante, di quanto la parola magica, abusata, distorta - democrazia - sia defunta anch’essa. E tutto questo non è politica, ormai è soltanto etica sostituita con un altro, impalpabile, liquido direttivo di comportamento basato su un’altra parola dai confini indecifrabili: sviluppo.
Nessuno ha votato per il digitale terrestre. È stato imposto, così come il divieto di portare in spiaggia un cane. Nessuno chiede un parere sugli esperimenti fisici che si stanno praticando sotto le montagne svizzere, nessuno si ribella se impongono di gettare nel ferro vecchio una onesta utilitaria che funziona ancora bene, che consuma poco e pertanto non inquina più di un ferro nuovo dal motore molto più grosso. Lentamente tutto si trasforma in un dorato obbligo o un divieto ai quali sottostare. È la morte di un diritto di scegliere e pensare.
Il digitale terrestre sovente funziona male, ha messo in crisi tante brave e anziane signore, ha obbligato ad assassinare moltissimi televisori che non avevano nessuna voglia di smettere di funzionare e, nei casi più lievi a comperare diabolici aggeggi che hanno riempito le stanze di complicanze e telecomandi.
Non ne ha parlato la politica, poco le associazioni dei consumatori, poco la stampa, ma molto la pubblicità. Il digitale terrestre è antidemocratico, punto e basta. Il piccolo televisore Philips, più lo guardo e più mi sembra bello, quasi vivo. Dimostra gratitudine per averlo salvato. Mi riporta a un tempo che poi così lontano non è. Stranamente mi sentivo più libero allora, avevo meno, ma rispettavo i miei oggetti. Credo che lo terrò finché morte non ci separi e a guardarlo adesso non mi sembra abbia voglia di essere il primo. Viviamo male, brava gente, consumiamo troppo, senza amore e in fretta. Affamati di energia, sedotti dal prossimo prodotto, viaggiamo controllati dalle telecamere, non possiamo più firmare un assegno della cifra che vogliamo… È tempo di pensarci su. Nel frattempo cambio canale, tra tanti programmi demenziali amo ancora certi cartoni animati, lì non muore mai nessuno.

 
Carlo Mariano Sartoris


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