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IL MAUSOLEO DI TEODORICO e GALLA PLACIDIA

IL MAUSOLEO DI TEODORICO
LA SEPOLTURA DALLA TRADIZIONE ROMANA ALL'ALTO MEDIOEVO

Il quarto secolo dopo Cristo fu certamente un periodo di grandi e radicali trasformazioni della vita politica e sociale del mondo romano, basti percorrere una sintetica cronologia delle principali tappe: dalle grandi persecuzioni dei cristiani (303 - 305) al ripristino della libertà di culto (313), dal tentativo di restaurazione del paganesimo ad opera di Giuliano (361 - 363) all'abolizione dello stesso (382), dalla divisione dell'impero (395) al trasferimento della corte imperiale a Ravenna (402).

Sant'Agostino, che scrisse verso la fine del IV secolo, osservava che la conversione al cristianesimo del mondo romano era avvenuta "in maniera estremamente veloce", soprattutto se si tiene conto che l'antica religione pagana era profondamente radicata nell'organizzazione sociale dell'antichità classica e che tutte le attività prevedevano luoghi, riti e funzioni di origine pagane.

È esemplificativamente importante citare che, nella carica d'imperatore, un notevole elemento di continuità con la tradizione pagana era stato il mantenimento del titolo di pontifex maximus, abbandonato da Graziano solo nel 382 d.C..

Con la rinuncia alle vesti ed al titolo di pontefice, Graziano abolì i contributi finanziari e gli altri privilegi secolari dei collegi sacerdotali e delle vestali; inoltre, eliminò in Senato l'altare della Vittoria sul quale i senatori inauguravano le loro sedute con un sacrificio.

L'ispirazione diretta all'architettura pagana è molto evidente negli edifici a pianta centrale, in genere circolare, dove il tipico processo di "adattamento" operato dall'arte cristiana primitiva rispetto a forme e funzioni di quella pagana è più trasparente e immediato che in altri casi.
I cristiani, infatti, hanno adottato lo schema dei mausolei trasferendo la loro funzione all'esigenza cultuale di esaltazione e ricordo dei martiri, e infatti questi edifici, sorti sul luogo del martirio di un santo o sulla sua tomba, si chiamano martyria o memoriae.

Questa tipologia di edifici, che ebbe enorme diffusione in Occidente e anche in Oriente, viene formulata in Roma nel IV secolo. L'esempio più straordinario per l'intreccio strettissimo delle due culture, quella pagana e quella cristiana, può essere rappresentato dalla cosiddetta "chiesa di Santa Costanza" (315).

Si tratta della tomba di Costantina, figlia del grande imperatore omonimo; l'edificio a pianta circolare accoglieva al centro, dove ora si trova un altare, il sarcofago in porfido rosso contenente le spoglie della defunta, illuminato dalla luce che proviene dalle grandi finestre del tamburo e dall'oculo circolare posto alla sommità della cupola. La tecnica costruttiva, il tipo architettonico, i temi e lo stile della decorazione musiva sono profondamente romani, ma l'accentuazione del valore della luce come simbolo della grazia divina sposta l'attenzione su valori tipicamente cristiani.

Nei secoli successivi, la compenetrazione esistente nella fede cristiana fra culto dei morti e culto di Dio favorì la progressiva scomparsa della tomba isolata in favore della sepoltura all'interno delle chiese, direttamente connessa alla tradizione delle catacombe. Un altro aspetto si inserisce nel periodo da noi esaminato e costituisce un ulteriore apporto alle trasformazioni ed evoluzioni del mondo romano: le cosiddette invasioni barbariche e la cultura dei popoli nuovi, in particolare dei Germani.

Il dominio ostrogoto in Italia è l'esempio più lampante della continuità tra impero romano e dominazioni barbariche. Dovuta in questo caso anche ad una particolare circostanza: il re degli ostrogoti Teodorico, presso la corte imperiale di Costantinopoli, aveva ricevuto una educazione "romana" ed aveva maturato una profonda ammirazione per quella tradizione culturale.

Le opere da lui fatte realizzare a Ravenna, capitale del suo regno, portano il segno dell'eredità tardo-romana insieme alle forme dell'arte delle popolazioni germaniche. Quando Teodorico fece costruire il proprio mausoleo nel 520, volle imprimergli una forza barbarica ingentilita da particolari raffinati e nobilitata da una grande sapienza costruttiva.

A pianta decagonale su due ordini, l'edificio presenta una serie di profonde arcate al piano terreno, che racchiude un vano a pianta cruciforme. Una scaletta esterna conduce al piano superiore, una sala rotonda coperta da una poderosa calotta monolitica, in cui vi è la vasca di porfido, la pietra imperiale, in cui fu deposto il corpo del re. La monumentalità dell'edificio è chiaramente ispirata all'architettura imperiale romana, così come romana è la tecnica costruttiva: in questo senso, null'altro è più rivelatore delle aspirazioni di Teodorico ad assumersi l'eredità degli imperatori suoi predecessori.

Nell'edificio solo la greve calotta monolitica e il fregio a tenaglia della cornice, motivo che si ritrova nell'oreficeria gotica, rivelano il gusto barbarico. In particolare la calotta, costituita da un solo blocco di pietra calcarea istriana di 11 metri di diametro e 3,21 di altezza per un peso di 300 tonnellate, rievoca, come suggerito da un attento storico dell'arte, le suggestioni e la maestosità dei dolmen preistorici. Dopo che Ravenna fu presa dal cattolico Belisario, nel 540, le spoglie di Teodorico vennero disperse e il mausoleo trasformato nella chiesa di Santa Maria della Rotonda. La facciata ed il portico furono ricostruiti nel XVI secolo.

Il mausoleo è ancora visibile fuori dalle mura della città.


TEODORICO
Teodorico (454 - 526) fu re degli ostrogoti dal 474 fino alla sua morte.

Appartenente alla nobile casata degli Amali, per dieci anni visse a Costantinopoli come ostaggio.

Morto il padre Teodemiro gli succedette, ventenne, alla guida del proprio popolo, conducendolo dalla Pannonia, l'attuale Ungheria, alla Mesia Inferiore (Bulgaria).

Da qui partì poi alla conquista dell'Italia, dove si insediò nel 493, dopo aver preso Ravenna.

Inserendo i suoi ostrogoti nella complessa realtà italiana del tempo, diede vita ad uno stato fondato sia sulla coesistenza degli elementi romano e germanico sia sul principio della distinzione fra i due popoli, forse nel tentativo di salvaguardare il più a lungo possibile l'individualità della gente ostrogota, impedendone un rapido e totale assorbimento da parte dell'elemento romano, più numeroso ed evoluto.

Anche nella costruzione di vari edifici in Roma e in Ravenna, nel ripristino dell'annona e dei giochi circensi, Teodorico cercò di mostrarsi continuatore della tradizione imperiale di Roma. Contemporaneamente intessé una trama di alleanze con burgundi, visigoti, turingi, vandali ed eruli che gli permise di esercitare per alcuni anni una sorta di egemonia sulle formazioni statuali romano-germaniche, e giunse a prendere i contatti persino con popolazioni baltiche.

Il personaggio di Teodorico è celebrato nelle saghe germaniche, a partire dal canto di Ildebrando dove compare col nome di Teodorico di Verona; negli ambienti romani scossi dalle persecuzioni dei suoi ultimi anni di regno, e poi nella tradizione letteraria italiana, è invece rimasto soprattutto il ricordo delle sue crudeltà.


RAVENNA
Sin dai tempi di Augusto, Ravenna fu con Miseno una delle due basi della flotta imperiale in Italia.

In quel periodo l'Adriatico aveva una maggiore estensione, ma l'insabbiamento progressivo determinato dal flusso del Po ci ha consegnato una città immersa nella campagna. Ravenna divenne capitale dell'Impero Romano d'Occidente nel 402, quando i Visigoti posero l'assedio a Milano.

Nascosta in mezzo a pianure acquitrinose, circondata da alcuni rami del Po e collegata con la terraferma da una strada rialzata, Ravenna era praticamente imprendibile.

Fu infatti conquistata raramente, e anche in questi casi il più delle volte per tradimento o collusione. Grazie alla sicurezza della città e al suo collegamento diretto via mare con Costantinopoli, Ravenna costituì un rifugio sicuro tanto per i re barbarici dell'Italia quanto per i governatori bizantini, dopo che nel 540 gli eserciti di Giustiniano conquistarono la penisola.

Per qualche secolo a Ravenna fiorì una notevole vita sociale e culturale, tipica delle città che ospitano le corti reali e imperiali. Le sue famose e bellissime chiese (S. Apollinare in Classe, S. Apollinare Nuovo, S. Vitale, ...) testimoniano i vari periodi storici attraversati: gli imperatori del V secolo, i re barbarici e la riconquista bizantina, anche se i Bizantini fecero di tutto per cancellare la memoria e le vestigia visibili dei loro immediati predecessori.

Del primo periodo ci è pervenuto, tra gli altri, il Mausoleo di Galla Placidia; per il periodo della dominazione ostrogota una importante testimonianza è invece costituita, come si è detto, dal mausoleo di Teodorico.


IL MAUSOLEO DI GALLA PLACIDIA
Galla Placidia (386-450) era figlia di Teodosio e sorella di Onorio, l'imperatore di Roma che aveva trasferito la capitale dell'Impero Romano d'Occidente da Milano a Ravenna.

Morto Onorio, nel 425 a nome del figlio allora bambino essa resse il governo imperiale per 25 anni: a lei si deve la costruzione della basilica di San Giovanni Evangelista nel 425 e di un'altra basilica, la chiesa palatina di Santa Croce, poi distrutta, alla quale era collegato l'edificio che porta il suo nome, il mausoleo di Galla Placidia.

Non sappiamo se l'edificio fu veramente la sua tomba e se i sarcofagi contenevano le spoglie sue e della sua famiglia, ma l'atmosfera solenne e la ricchezza "imperiale" del mausoleo testimoniano comunque della grandezza di Ravenna, erede di Roma.

Il mausoleo nel corso dei secoli è sprofondato nel terreno sabbioso per circa un metro e mezzo, e quindi doveva essere più slanciato: esso appare ora come una piccola, pesante costruzione a croce con le due braccia quasi uguali, accentrata intorno alla cupola, visibile solo dall'interno.

L'esterno, dal paramento in mattoni semplice e disadorno, si presenta come un prisma ottagonale coperto da un tetto piramidale.

Alla sobrietà dell'esterno si contrappone l'estrema sontuosità dell'interno, interamente decorato con incrostazioni marmoree, stucchi, mosaici a partire dall'imposta delle volte: uno straordinario repertorio di stelle dorate sul fondo blu notte, di festoni di fiori e di frutti, di girali d'acanto, completato dalle figurazioni sacre nelle lunette. Insieme con altri coevi monumenti di Ravenna, il mausoleo si può considerare a pieno titolo inserito nella continuità della tradizione costruttiva locale, ancora lontano dagli influssi bizantini che prevarranno in seguito.

Sono italiane non solo le forme architettoniche ma anche le tecniche costruttive, come i muri di solidi mattoni e le volte leggere, di tubi laterizi.
 
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