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La Tanatoprassi

L'importanza delle fasi preparatorie

L’esecuzione di un trattamento conservativo si basa su un insieme di operazioni e sarebbe una semplificazione pensare che si possa riassumere alle sole fasi di iniezione arteriosa, di drenaggio dei liquidi biologici e di trattamento delle cavità.
Se queste tre fasi tecniche permettono effettivamente di ottenere la conservazione temporanea del cadavere e sono quindi considerate il momento culminante delle operazioni di tanatoprassi, la loro efficacia è incontestabilmente legata ad un buono svolgimento delle fasi di preparazione. Queste ultime sono cronologicamente così organizzate: dopo aver verificato la legittimità dell’intervento da effettuare e dopo aver preso conoscenza del luogo in cui si dovrà operare (casa funeraria, camera mortuaria dell’ospedale o domicilio), il tanatoprattore indossa la tenuta di protezione, prepara il materiale e dispone il cadavere in posizione di decubito dorsale sul tavolo anatomico o sul letto. Successivamente procede al lavaggio della salma e inizia a mobilizzare le articolazioni per ammorbidire i muscoli e per liberare i vasi sanguigni dalla compressione esercitata dalla rigidità cadaverica. Questa sequenza tecnica permette di conoscere lo stato del corpo nei minimi dettagli per determinare la buona strategia tecnica da attuare. A seguire, infine, la fase importante e delicata della cura del viso durante la quale si cercherà di ridare ai tratti del defunto un aspetto naturale chiudendogli gli occhi e la bocca.
Come misura igienica, e seguendo il principio della massima precauzione, il tanatoprattore deve sempre evitare il contatto diretto e fisico con il cadavere. Il primo atto consiste quindi nell’indossare la tenuta protettiva, costituita spesso da un camice, da un grembiule e da un paio di guanti monouso. Dopodiché estrae dalla propria valigetta il materiale e gli strumenti necessari a realizzare il trattamento di conservazione, avendo cura di disporli a portata di mano (su un piano da lavoro, su un tavolo mobile o sul tavolo operatorio).
La strumentazione necessaria per la tanatoprassi è simile a quella utilizzata in chirurgia: nella valigetta troviamo pinze, aghi, cesoie, sonde venose, siringhe, divaricatori, ganci, tubi per prelievo e bisturi di diverse forme e misure. Troviamo anche filo per la legatura e cotone per assorbire eventuali fuoriuscite di liquido o per otturare gli orifizi in modo ermetico. Ma anche e soprattutto le pinze da dissezione e la lama separatrice, due strumenti emblematici della professione. A questa lunga lista vengono ad aggiungersi i vasi di iniezione e di prelievo, i prodotti antisettici (spray e polvere), la pompa d’iniezione-aspirazione (manuale o elettrica) e una eventuale trousse cosmetica. Una volta preparato il materiale, il tanatoprattore dispone il corpo del defunto sul tavolo anatomico o sul letto, in posizione di decubito dorsale e facendo attenzione a mantenere la testa sollevata.
Iniziano quindi le fasi del lavaggio, della disinfezione e della mobilizzazione delle articolazioni. Queste operazioni possono apparire in un primo momento abbastanza insignificanti, ma migliorano incontestabilmente i risultati estetici del trattamento di conservazione. Le medicazioni, le sonde e tutti gli altri apparecchi vengono tolti. Se il cadavere presenta fuoriuscite o è particolarmente sporco si attua un lavaggio minuzioso con l’aiuto di un detergente. Poi si asciuga il corpo e si procede alla sua completa disinfezione, insistendo soprattutto sugli orifizi naturali o sulle pieghe cutanee. Queste zone, veri ricettacoli di microorganismi patogeni, devono essere trattate subito per evitare il presentarsi dei primi segni di decomposizione (colore verdastro) che pregiudicherebbero la presentazione estetica e igienica del defunto. Il tanatoprattore si occupa quindi di mobilizzare le articolazioni. Bisogna rompere la rigidità cadaverica al fine di permettere una migliore circolazione del fluido d’iniezione nella massa muscolare. Utilizza anche una crema da massaggio che viene spalmata su tutto il corpo, insistendo su mani e viso: il massaggio permette di ben reidratare la pelle e costituisce un’ottima base per il trucco che potrà essere realizzato alla fine del trattamento.
Grazie a queste prime fasi preliminari, l’operatore ha avuto il tempo di esaminare attentamente il cadavere e di valutarne lo stato (integrità, segni della morte, …).
Egli non ha accesso alla cartella clinica della persona sui cui deve operare né alla causa del decesso (indicata nella parte confidenziale e non visibile del certificato di morte). Per realizzare un trattamento appropriato non esistono quindi altre risorse che basarsi sulle proprie conoscenze teoriche e sulla propria esperienza.
Se esiste una prassi operatoria comune in materia di tanatoprassi, è importante sottolineare il fatto che ad ogni defunto corrisponde un tipo di trattamento differente. Il peso e l’età, lo stile di vita, le cause della morte sono tutte variabili che devono essere prese in considerazione per definire la migliore strategia operatoria da seguire (composizione e volume della soluzione da iniettare, scelta delle arterie, ...). Ad esempio, nel caso di un defunto sovrappeso la scelta dell’arteria da incidere cadrà più facilmente sull’arteria carotidea in considerazione dello spessore del tessuto adiposo. Inoltre la sua massa grassa renderà più difficile valutare la corretta diffusione del fluido di conservazione nei tessuti rispetto ad una persona magra nella quale il rigonfiamento delle vene sarà l’evidente segno di un’iniezione arteriosa riuscita. Il processo sarà ancora diverso se si tratta di effettuare un trattamento conservativo sul corpo di un bambino.
Le ultime fasi preparatorie giungono al termine. Al professionista resta ancora il compito di rendere armoniosi i tratti del viso prima che siano definitivamente fissati dalla soluzione conservativa iniettata. È una fase preliminare importante e delicata poiché il fine di un trattamento di tanatoprassi è quello di permettere alle famiglie di ritrovare il proprio caro, con i suoi tratti naturali. L’operatore deve quindi cercare di immaginare il viso della persona come poteva essere quando era in vita per presentarlo al meglio. Bisogna modificarlo un po’, ma non troppo, altrimenti ti dicono: “non lo riconosciamo più”. Per fare ciò il tanatoprattore chiude gli occhi del defunto, che sotto l’effetto della tanatomorfosi hanno la tendenza ad infossarsi in maniera antiestetica, e posiziona sotto le palpebre un copri occhi (conchiglia in plastica trasparente che presenta sulla parte convessa piccole protuberanze in modo da evitare che la palpebra si possa aprire). Gli occhi ritrovano così il loro aspetto naturale. Dopodiché si occupa della bocca, con un punto di legatura che vada a chiudere la mascella superiore e inferiore.
Il defunto ritrova così una fisionomia più familiare. Possono quindi iniziare le fasi dell’iniezione e del drenaggio che analizzeremo il prossimo mese.
 

 
Mélanie Lemonnier
traduzione a cura di Nara Stefanelli


Trattamenti conservativi e legislazione funeraria francese

Come tutte le operazioni funerarie, anche i trattamenti conservativi sono regolamentati in Francia. Dal 1993 fanno parte delle prestazioni che rientrano nelle competenze del servizio esterno delle pompe funebri municipalizzate la cui missione di pubblico servizio è garantito dalle imprese municipali, da quelle private o delle associazioni.
Sono realizzati previa domanda delle famiglie, generalmente su proposta dell’operatore funerario, per facilitare il trasporto del corpo prima della sistemazione nel cofano o la sua esposizione fino al giorno dei funerali. La durata della conservazione della salma è temporanea poiché la legge francese definisce rigorosamente il tempo massimo che può intercorrere tra il decesso e la cerimonia funebre. Le famiglie sono tenute ad organizzare l’inumazione o la cremazione tra le 24 ore successive alla dichiarazione di decesso e i 6 giorni feriali seguenti, domenica e giorni festivi esclusi. È tuttavia possibile ottenere proroghe facendone richiesta al Prefetto.
La legislazione funeraria francese è stata modificata recentemente. Fino al 28 gennaio 2011 il trasporto dei corpi prima della sistemazione nel cofano, doveva essere fatto entro 24 ore a partire dalla constatazione medica del decesso. Trascorso questo lasso di tempo la sola possibilità che si presentava alle famiglie era un trattamento di tanatoprassi poiché in questo caso il termine massimo passava a 48 ore. Oggi il termine legale per il trasporto dei corpi prima della sistemazione nel cofano è stabilito in 48 ore, senza alcun obbligo di realizzare un trattamento di tanatoprassi. Occorre però ricordare che alcune infezioni trasmissibili possono impedire l’effettuazione della tanatoprassi, e allo stesso tempo che alcuni Paesi esigono che vengano effettuati trattamenti conservativi nell’ambito di trasporti internazionali. A parte questi casi, le famiglie sono davvero libere di scegliere o meno questo servizio che costa in media tra i 200 e i 600 euro, iva inclusa.


Descrizione tecnica di una sala di preparazione per la tanatoprassi
Che si tratti dell’arredo di una casa funeraria o della camera mortuaria dell’ospedale, la legislazione impone una netta separazione tra gli spazi pubblici destinati alle famiglie (reception e sala di presentazione, o sala d’attesa e da cerimonia) e quelli dedicati alla preparazione dei corpi il cui accesso è strettamente riservato agli addetti ai lavori. Le celle frigorifere e la sala di preparazione fanno parte dell’area riservata nella quale i diversi spazi sono tra loro comunicanti e collegati in modo da garantire il passaggio dei corpi e dei cofani fuori dalla vista del pubblico. È quindi in un luogo isolato, al riparo dagli sguardi, dove il tantoprattore esegue il proprio lavoro, una sala concepita appositamente per svolgere la toeletta mortuaria e i trattamenti di conservazione.
 Secondo la legge la sala di preparazione deve:
- avere una superficie utile di almeno 12 metri quadrati;
- essere equipaggiata con un tavolo di preparazione e con un lavandino o un lavello a comando non manuale;
- possedere un dispositivo per la disinfezione degli strumenti di lavoro;      
- essere munita di un potente sistema di ventilazione;
- disporre di una pavimentazione, di un rivestimento murale e di un soffitto duri, lisci, non soggetti a putrefazione e lavabili.
 
 

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