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I funerali di Pavarotti

Un impegno eccezionale per un evento straordinario

Associate a Tanexport alcune aziende la cui professionalità ha consentito una impeccabile esecuzione del servizio funebre del Maestro

Pavarotti aveva dato precise disposizioni per il proprio funerale: voleva che la bara fosse di acero e voleva essere vestito con gli abiti di scena indossati negli ultimi concerti. Così Gianni Gibellini, incaricato di organizzare l'ultimo saluto al grande tenore, ha pensato bene di avvalersi della professionalità di chi rappresenta il meglio del comparto produttivo italiano.
Il cofano funebre è stato realizzato dalla Lombarda Lavorazione Legno che, seguendo le indicazioni della famiglia, ha utilizzato per il feretro del Maestro acero sbiancato da 6 centimetri. Liscia ed in forma ottagonale, richiama esternamente i contorni di un diamante. Il rivestimento interno, in velluto Visconti di Modrone color "rosso teatro", è stato eseguito dalla GFM Imbottiture, mentre alla Zorsol si deve il sistema refrigerante a piastre utilizzato per la conservazione temporanea della salma. Gli accessori esterni, croce e maniglieria, sono stati trattati con una galvanica al nichel.
Composto dalle sapienti mani di Andrea Fantozzi, uno dei precursori in Italia delle più moderne tecniche per la conservazione dei cadaveri, Pavarotti è stato truccato come se dovesse entrare in scena e cantare. Uniche note aggiuntive il rosario fra le mani e un velo rosa, con la chiave di violino, a ricoprire la salma. Anche nell'ultimo atto della propria vita quest'Uomo, che ha stupito il mondo, ha voluto distinguersi.
Star della musica, leader politici e migliaia di fan addolorati hanno partecipato ai funerali. Per salutarlo, nel Duomo, si sono scelte le musiche di Verdi (l'Ave Maria dall'Otello, cantata da Raina Kabaivanska), di Mozart (l'Ave verum con Andrea Bocelli), di Cherubini (l'incipit del Requiem eseguito dalla Corale Rossini).
Sono arrivati Bono e Zeffirelli, Kofi Annan e l'ambasciatore americano Ronald Spogli, Carla Fracci, Jovanotti, Morandi, la Caselli, Zucchero e i tanti compagni di lavoro che, negli anni, hanno animato il "Pavarotti & Friends". C'era anche Joe Volpe, ex direttore del Metropolitan di New York, il teatro che nel 1972 ha regalato al tenore la gloria per la serie di inarrivabili "do" della Fille du Régiment. Ma c'era, soprattutto, la gente comune.
Aria di casa, di famiglia, per il funerale di un cittadino illustre che poteva vivere a New York, a Montecarlo, a Londra o a Parigi, ma che aveva scelto di restare a Modena. Uno che alle sue radici non ha mai rinunciato e che, nella sua straripante fisicità, ha raccontato il gusto del cibo, la bonomia, la calda giovialità emiliana. E come nei funerali di una persona cara, a tutte le decine di migliaia di persone accorse è stato offerto il ricordo di Luciano, un santino con la fotografia, con la croce e con le brevi parole che augurano a chi ci ha lasciato di "brillare come il sole".
Grande emozione, nella cattedrale, quando sono risuonate le voci del tenore e dell'anziano padre in un duetto interpretato in occasione dei quarant'anni di carriera di big Luciano. Altrettanta emozione e un lungo applauso hanno accompagnato la bara all'uscita dal Duomo, mentre gli altoparlanti diffondevano le note di "Vincerò". In cielo, l'omaggio della pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori.
Per un ultimo spettacolo trasmesso in mondovisione, quasi a significare una immortalità costruita sulla fama, sulla celebrità, sulla notorietà. "L'immortalità e, insieme, l'immoralità della tv", ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera.
 
Claudia Grassi

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