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Francesco Cossiga, Presidente emerito della Repubblica

Il gladiatore armato di piccone

“... restituire la politica alla politica, consegnare l'arte, la teologia e la filosofia al loro proprio campo, affidare il passato alla storia e la storia agli storici…” (1998)
 
“… sono un illuso, erano interessati solo alle poltrone, ai gradi di generali, agli organigrammi. Me ne vado a casa a studiare teologia e ritorno alle crociate…” (1999)

 Francesco Cossiga

 
Francesco Cossiga, il politico, il presidente, il battagliero combattente, il picconatore di uomini influenti e di certe scelte pubbliche è stato sconfitto dalla clessidra del tempo. Ha fatto della politica e del patriottismo la missione della propria vita. Un uomo che ha accompagnato in maniera singolare e appassionata, dal dopoguerra al nuovo millennio, la storia di questa nostra instabile patria. Una Italia che non riesce a districarsi dalla vocazione all’intrigo, all’instabilità, al velenoso, dannoso costume del groviglio politico; una Italia afflitta da ribaltamenti, da oscuri fini di poltrona e di partito, sovente incomprensibili e distanti dai reali bisogni delle sue variegate e più semplici genti.
In molte occasioni ha saputo staccarsi da codesto malcostume ed essere se stesso fino in fondo, perseguendo una missione degna dell’accezione della parola “politica”, senza paura dello scontro o del giudizio. Appassionato democristiano, politicante vero nell’origine della sua vocazione, nell’indole e nella sua missione, uomo di fede e di patria, detentore di una lunga lista di incarichi istituzionali ottenuti in giovanissima età, ha abbandonato la vita mortale e tutti i vigori che ardevano ancora in lui. Impeti profondi, facilmente intuibili dalla voce di chi sa quel che dice: e lo diceva alla gente di sera, alle ore 20 su Rai radio 2, senza perdersi in mezzi termini nel confessare verità anche scomode.
Uomo di Sardegna, orgoglioso e fiero, colto e sapiente, figura di spicco in tanti accadimenti legati alle importanti cariche ricoperte al servizio della nazione, ha affrontato momenti duri con decisioni scomode e difficili. Cose della politica, per fortuna o purtroppo, sovente a noi lontane. Avversario ed estimatore dei più illustri nomi del campo avverso, in risposta a più di un dissidio interno della sua DC si è fatto da parte per ritornare a proporsi con nuova energia e con nuove idee, sostenendo con sapienza e spesso con ironia le proprie iniziative.
Anticomunista convinto, dal 1948 ha ricoperto le più alte cariche dello Stato fino alla presidenza della Repubblica, eletto al primo turno nel 1985, in conflitto con illustri personaggi della prima Repubblica e con le loro molteplici diramazioni; spesso si è rivelato un uomo scomodo che non ha mai risparmiato di esternare pesanti staffilate nei confronti della rugginosa complicanza della politica stessa. Chi ha voglia, oggi, di tentare di leggere a ritroso e con occhio attento una parte della cosa pubblica relativa alla nostra storia, resterà sorpreso di fronte a condivisibili, perspicaci risposte a certe malattie del nostro Paese, ahimè ancora profondamente endemiche.
Queste pagine non sono certamente il luogo ideale per approfondire una carriera politica, sono fogli dedicati ad una riflessione. Un pensiero, del tutto personale, di chi è stato sfiorato da quella discussa vicenda di “gladio” e dai suoi propositi patriottici, sicuramente ispirati da una cultura occidentale. Non era anomalo, allora, guardare lontano, non per un paese come il nostro, sempre in bilico, sempre a rischio di antiche e violente reminiscenze interne, mai veramente compatto e in prima linea in quel momento terribile che fu la guerra fredda. L’uomo di Stato ha lasciato dietro sé una eredità ancora oggi difficile da interpretare in tutta la sua garibaldina veemenza: la storia, quella vera e non quella narrata, col tempo forse ci restituirà alcune delle sue tante, oscure verità.
Vorrei ricordare l’uomo che per tanto tempo si è trovato ad avere responsabilità in queste e in altre cose di una nazione intera. Lungimirante è stato nel prevedere il decadimento dell’etica della politica che sta impoverendo questo momento storico e culturale in cui l’Italia pare avviata verso un suicidio diffuso e territoriale, fatto ormai di molte connivenze e di poche, corrose, scadenti ideologie così lontane da certi ideali forti, sanguigni e quasi risorgimentali. Da molte direzioni viene frettolosamente criticato per essere stato custode di tanti misteri italici ancora insoluti, ma Francesco Cossiga, uomo dall’indole del combattente, in molte occasioni ha diretto cariche legate alla difesa militare del territorio italiano, ha riorganizzato i servizi segreti e, in ciò che di lui conosco, sempre si è preoccupato per le vicende più delicate di questa nostra patria. A qualcuno tocca, lui ha fatto quello che era il suo mestiere.
Trapassare in altri mondi portando con sé l’oscuro, ambiguo fascino di pur tragici eventi, non può essere considerato che del tutto logico e normale se inserito in quel panorama di battagliere vicende che a noi - uomini semplici e sovente, volutamente e minuziosamente male informati - fortunatamente sfugge. Ogni volta che in tempi recenti ho avuto l’occasione di ascoltare la voce dell’ex presidente raccontare in modo chiaro al microfono della radio particolari, sfumature, descrizioni di uomini di potere e di certi avvenimenti, ne sono rimasto colpito. Molti tasselli della nostra storia hanno trovato il proprio posto.
La politica è complessa, la vita invece è un percorso fatto di poche, indispensabili, semplici cose. La livella accomuna tutti in un terminale, inevitabile, singolo olocausto. Ricordare qui l’uomo, il Presidente, vuole soprattutto essere un omaggio a impeti e ideologie certamente non condivisi da tutti, ma sicuramente genuini e passionali. Le note picconate di Cossiga ormai appartengono al passato ed è un peccato. Non ve ne sono altre in giro. Oggi, in questo momento italico dove una decadente, imprecisabile confusione politica si sta insinuando nell’incertezza di tutti, se ne sente un gran bisogno.
 
Carlo Mariano Sartoris


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