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Onorare i defunti con il sorriso

Il Gai Jatra è un particolare festival nepalese che ricorda i propri cari con canti, balli e scherzi.

Il Nepal ha da sempre esercitato grande fascino nell’immaginario comune, tanto da rappresentare il sogno nel cassetto di molti viaggiatori.

Disteso ai piedi delle mirabili vette dell’Himalaya, offre infatti paesaggi mozzafiato che si aprono su sentieri spettacolari, considerati tra i più belli del mondo. Ma il Nepal è anche un Paese ricco di storia e di cultura, pervaso da una profonda spiritualità e i numerosi templi, sia antichi che più recenti, ne sono la testimonianza.

Un retaggio culturale e spirituale assai complesso che si esprime attraverso tradizioni che si tramandano e si perpetuano da secoli. Una delle più incredibili e pittoresche è il festival denominato Gai Jatra, letteralmente “processione delle mucche”, dedicato ai parenti prossimi deceduti nell’arco degli ultimi dodici mesi. È una ricorrenza propria del popolo Newar, celebrata nella valle di Kathmandu. La data di svolgimento è fissata secondo il calendario lunare induista e generalmente cade nel mese di Bhadra (tra agosto e settembre).

L’Origine

La storia del Gai Jatra affonda le sue radici nella leggenda. Si narra che il re Pratap Malla, durante il suo regno che durò dal 1641 al 1671, perse prematuramente un figlio adolescente. La regina ne fu talmente addolorata da cadere in uno stato di profonda depressione da cui non riusciva a risollevarsi. Il re le provò tutte per farle tornare il sorriso, ma ogni tentativo fu vano. Ebbe così l’idea di chiedere al suo popolo di allestire un corteo al quale partecipasse ogni famiglia che aveva subìto un recente lutto. Un corteo che però non fosse lugubre, ma, al contrario, ricco di colori e di momenti divertenti. Ordinò a tutti di portare una mucca o di travestirsi da tale e, soprattutto, invitò i partecipanti a organizzare scherzi e burle di ogni genere, lasciando piena libertà di prendere in giro anche il potere e lo stesso re, purché la battuta fosse spassosa e potesse fare finalmente sorridere la sua amata. La cosa funzionò e la regina non solo riemerse dal suo stato di apatia, ma comprese di non essere l’unica a soffrire, perché la morte è un evento su cui non si può avere un controllo e il dolore provocato dalla perdita unisce tutto il genere umano. Da allora il re decise che il Gai Jatra sarebbe diventato una festa annuale.

Come si svolge il Gai Jatra?

È un festival che dura otto giorni a cui si devono sommare quelli per la preparazione che coinvolgono le famiglie partecipanti. C’è chi fa realizzare una statua decorativa in argilla del defunto e della mucca, che viene issata su un alto baldacchino fatto di canne di bambù; oppure, molto più semplicemente, vi appone una fotografia della persona deceduta. Si provano le danze da eseguire durante la processione, la più famosa delle quali è la Ghinta Ghisi, in cui due gruppi di giovani si affrontano in una finta e complessa lotta a colpi di bastoni, cadenzata dal ritmo degli strumenti tradizionali.

Sono tanti i rituali che precedono la festa: fra le varie cose, il giorno prima le famiglie coinvolte devono digiunare, ma cucinare cibo per offrirlo successivamente agli altri partecipanti; i giovani ragazzi devono purificarsi con un lungo bagno e radersi completamente la testa. In ogni angolo vi sono ambulanti che vendono maschere e costumi e l’eccitazione permea l’intera comunità.

Il corteo, che attraversa i vari villaggi, è un colpo d’occhio straordinario per i colori, i suoni e le danze. Gli uomini indossano spesso abiti femminili e i bambini si travestono da dèi indù con baffi disegnati sui volti. Onnipresente è il tipico copricapo che simboleggia la mucca. Tradizionalmente la famiglia portava in processione una mucca in carne ed ossa, ma ora non è più una cosa così comune ed è sostituita da un’effige che la rappresenta.
Degli otto giorni di festa, il primo e il secondo sono i più importanti. Il primo prevede la processione intorno alla città in memoria del defunto, seguita da spettacoli umoristici, canti e balli. Il secondo giorno si visitano i monasteri, si fanno offerte e si accendono le lampade rituali.

Perché la mucca?

Per l’induismo i bovini sono sacri, e in special modo lo è la vacca, simbolo di fertilità e abbondanza, percepita come una madre nel cui corpo risiedono tutti gli dèi. Secondo la credenza più diffusa, una volta che è sopraggiunta la morte, l’anima deve recarsi alla corte di Yama, il signore dell’aldilà, i cui cancelli si aprono solo una volta all’anno, nei giorni in cui si fa cadere il Gai Jatra. In base alle azioni compiute in vita, Yama deciderà del destino di ciascuno. Arrivare al suo cospetto è però un viaggio irto di difficoltà tanto che si deve attraversare il Vaitarni, un fiume di fango e sangue. Ecco che la mucca diventa il mezzo per superare questo ostacolo: attaccata alla sua coda l’anima giungerà a destinazione senza pericolo. Onorare la mucca significa dunque assicurare al proprio caro un percorso sicuro, sperando poi che possa essere giudicato meritevole del paradiso. Durante il festival le persone offrono cibo e monete alle mucche e ai ragazzi vestiti da mucca, perché credono che questo porterà fortuna, pace e armonia sia a loro che all’intero villaggio.

Il Gai Jatra oggi

Oggi come un tempo, il Gai Jatra offre alla comunità l'opportunità di creare un legame più forte attraverso la partecipazione alla festa e alla condivisione del ricordo della persona amata. La festività è ancora molto sentita e coinvolge quattro città principali e tutti i villaggi circostanti: Kathmandu, Patana, Kirtipur e Bhaktapur. Non ci sono grosse differenze nel modo di celebrare la ricorrenza nei vari luoghi. La più scenografica e coinvolgente, per i costumi, le musiche e gli spettacoli, pare sia quella che si svolge a Bhaktapur.
Con il passare del tempo e con l’avvento della televisione e la diffusione di foto e filmati, le caricature e gli scherzi si sono evoluti e oggi includono molta satira politica e sketch inscenati da cabarettisti professionisti. Ma non è certo cambiato lo spirito di questa festa che è quello di rendere un tributo ai propri defunti aiutandoli a superare le prove che devono affrontare nell’aldilà e, allo stesso tempo, riportare il sorriso a chi lo ha smarrito a causa della perdita di una persona amata. È un festival che celebra la morte come parte della vita, consentendo alle persone di accettarla.
 
Raffaella Segantin

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