- n. 1 - Gennaio 2007
- Letteratura
Gabriele D'Annunzio e il Trionfo della morte
Una consuetudine ampiamente invalsa, certamente collegata ad una perdurante pratica scolastica un po' abitudinaria, induce molte persone ad identificare
Gabriele D'Annunzio come narratore quasi esclusivamente nella veste di autore del
Piacere. Senza nulla togliere a questo grande libro (e nella consapevolezza che altri romanzi dannunziani possono in effetti risultare oggigiorno praticamente quasi illeggibili) va sottolineato che c'è un'eccellente alternativa al romanzo che i professori hanno fatto leggere a tutti noi nell'ultimo anno di scuola, ed è il
Trionfo della morte.
D'Annunzio lo pubblicò nel 1894, ma aveva iniziato a lavorarvi fin dal 1889, subito dopo
Il piacere dunque, e il nuovo protagonista, Giorgio Aurispa, è per certi aspetti una continuazione del precedente, Andrea Sperelli, se non altro per la raffinatezza di esteta che lo contraddistingue. Molti e importanti sono però gli elementi nuovi, a partire dall'influenza della teoria nietzscheana del Superuomo.
Ma Giorgio Aurispa è un Superuomo in perenne crisi, interessante anticipatore di un'altra figura chiave del romanzo italiano di fine secolo, l'Inetto (basti pensare all'omonimo libro di
Italo Svevo); e la sua è una crisi fatale, senza via d'uscita, come il lettore attento può intuire fin dall'inizio, quando il protagonista e la sua amante, Ippolita Sanzio, durante una passeggiata al Pincio, a Roma, si uniscono "
tra la curiosità e il raccapriccio" ad un gruppo che guarda dall'alto con avida curiosità, "
attratto dall'atrocità della scena", il punto in cui un passante si è poco prima gettato per uccidersi.
Il lettore seguirà dunque le vicende, per lo più interiori, di un intellettuale fine, capace di sottilissime analisi ("
l'anatomia presuppone il cadavere", obietta però Ippolita), ma debole e irresoluto nei frangenti più decisivi, segnato da una intrinseca, originaria incapacità a vivere. Tra le conseguenze più vistose ecco dunque il turbamento ma anche la fascinazione della morte, che Giorgio evidentemente subisce; lo testimoniano ad esempio vari episodi ambientati durante un soggiorno nel paese natale in Abruzzo (il personaggio è anche un
alter ego dell'autore): il suicidio di un parente, un bambino la cui vita si dice sia stata ‘
succhiata' dalle streghe ... .
E in particolare è anche l'amante ad essere coinvolta e alla fine travolta dalla costruzione mentale del protagonista: dotata di una devastante carica erotica, essa gli appare sempre più come una forza distruttiva ("
la Nemica"), capace di assorbirne le forze vitali; idea espressa non di rado mediante il simbolismo del risucchiamento, dell'inghiottimento (che a sua volta evoca l'idea della morte per acqua): "
la bocca elastica e sinuosa, al cui contatto l'amante aveva tante volte provato una specie di terrore istintivo indefinibile".
Sarà proprio gettandosi in acqua avvinghiato a lei da un dirupo che Aurispa spezzerà col suicidio il cerchio della sua inettitudine; e l'autore imprimerà così una struttura circolare alla sua narrazione, ricollegandosi all'analogo, emblematico evento col quale l'aveva avviata.
Franco Bergamasco