- n. 8 - Luglio/Agosto 2002
- Letteratura
I funerali più grandi del mondo? A Macondo
Il romanzo che ha reso universalmente noto Gabriel Garcìa Marquez (premio Nobel per la letteratura nel 1982) è sicuramente
Cent'anni di solitudine, uscito nel 1967, e subito avviato ad uno strepitoso successo internazionale.
Ma l'universo narrativo che ha al centro il paese di Macondo non si esaurisce certo in questo romanzo: Marquez aveva già cominciato a crearlo e a raccontarlo negli anni precedenti, in vari altri racconti e romanzi brevi in cui già ricorrevano personaggi, ambienti, vicende presenti nell'opera principale; e già compariva, qualche volta, quella che di
Cent'anni di solitudine è forse la caratteristica più specifica: la commistione fra la realtà (la realtà drammatica dell'America Latina) e una dimensione mitico-leggendaria.
È il caso del racconto
I funerali della Mamà Grande, pubblicato nel 1962. Fin dall'inizio, la voce che ci parla è quella di una specie di cantastorie: "
Questa è, increduli del mondo, la veridica storia della Mamà Grande, sovrana assoluta del regno di Macondo, che visse in funzione di dominio per 92 anni e morì in odore di santità un martedì dello scorso settembre"; e questo cantastorie ci immerge fin dall'inizio in un mondo i cui rapporti con la realtà concreta risultano quantomeno problematici, se "
ai funerali intervenne il Sommo Pontefice".
Si tratta appunto, ci viene annunciato, "
della più fastosa circostanza funebre riportata dagli annali storici".
Il tono è comico-solenne, ma trapassa subito all'iperbolico e al grottesco, nel raccontare la morte e le esequie di questa decrepita vergine matriarca, padrona per diritto familiare di tutto ciò che esiste a Macondo (anche, secondo la gente, "
delle acque correnti e stagnanti, piovane e non ancora piovute, […] degli anni bisestili e del caldo").
La Mamà Grande non è immortale, come quasi tutti a Macondo pensavano, ma nel racconto della sua fine i vincoli di spazio e di tempo della realtà oggettiva saltano: quando il papa si mette in viaggio per partecipare a quei "
fantastici e remoti funerali" i rintocchi delle campane di San Pietro già si mescolano al suono fesso delle campane di Macondo. La dettatura delle ultime volontà, e l'elenco dei beni materiali, attesi con spasimo dalla folla avida dei nipoti, dura tre ore; ma la matriarca, ritta "sulle sue natiche monumentali", enumera anche "
i beni morali".
E qui il tono grottesco-leggendario del racconto rivela bene il suo legame stretto con la realtà, essendo questo testamento spirituale un repertorio impagabile di tutti i luoghi comuni di una mentalità benpensante e reazionaria, dalla "
stampa libera ma responsabile" al pericolo comunista. Un "rutto sonoro" interrompe l'elenco e sancisce la fine della Mamà, il cui corpo sarà vegliato dai nipoti "in un'estasi di vigilanza reciproca", e imbalsamato nei mesi occorrenti all'organizzazione delle madornali esequie.
Ma la folla delle autorità (Papa incluso) è seguita dall'ombra degli avvoltoi; parenti, affiliati e servi appena il cadavere è uscito smontano praticamente la casa; il corteo lascia dietro di sé "
una pestilente scia di rifiuti"; e soprattutto, conclusivamente, dopo due settimane di preghiere e esaltazioni dell'eroina scomparsa, sigillata la tomba, la gente comune esala "uno strepitoso sospiro di sollievo". "
Domani verranno gli spazzini e spazzeranno la sporcheria dei suoi funerali, per tutti i secoli dei secoli", annuncia il narratore, come se il mondo, dopo questi funerali, potesse cambiare.
Franco Bergamasco