Alitalia fuit

Funerale con le ali

Millenovecentoquarantasette. L'Italia umiliata dalla guerra tentava di risollevarsi con orgoglio, anche dal suolo. Nasceva la compagnia aerea Ali; uomini veri e concreti oliavano i tre motori dei Savoia Marchetti e dei Fiat 212, buoni apparecchi made in Italy; i piloti erano stimati ed apprezzati; gli aeroporti furono ricostruiti in fretta. Il Paese distrutto guardava al proprio futuro che, grazie ai pionieri dell'industria, dell'etica, della politica, e ai piccoli uomini comuni sospinti dal genio e dalla laboriosità, in pochi anni di Miracolo Economico, portò l'Italia verso il riscatto, verso quello sviluppo e quel benessere che siamo stati incapaci di gestire.
Siamo preda della nostra stessa storia, litigiosi Guelfi e Ghibellini, sempre in mano a qualche modesto dittatore oggi camuffato da democratico paladino. Costruiamo molto bene ciò che siamo ancor più bravi a distruggere. Governo o sindacati, dirigenti o dipendenti, scelte sbagliate, l'11 settembre,... : di chi è la colpa? Non è poi così importante.
L'Alitalia, fiore all'occhiello della Nazione solo vent'anni fa, è l'ultima delle spazzature all'italiana. Nazione geniale quanto presuntuosa, barocca, borbonica, indecisa, collusa, mafiosa. I suoi jet sono in penosa svendita, così come la sua credibilità. L'Alitalia è la nostra ultima agonia. Rimane la storia di atterraggi "all'italiana", perfetti, inconfondibili, i tre carrelli a poggiarsi sulla pista tutti assieme, ma le mani erano quelle di piloti veri, non di incompetenti, presuntuosi, bugiardi, venduti parolai che, un po' per volta, hanno schiantato al suolo le Ali d'una Italia intera.
E noi, popolo senza più nerbo, ad ascoltarli, noi colpevoli a dividerci, prestandoci al gioco. Siamo di nuovo col sedere per terra: chi ci risolleverà?

Carlo Mariano Sartoris