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Dalle pire rituali al forno crematorio elettrico (II parte)

L’installazione del primo impianto di cremazione moderno in Nepal che ha cercato di conciliare antiche tradizioni con esigenze contemporanee.

Il numero 2/2020 di Oltre Magazine ha ospitato la prima parte di un interessante lavoro a cura del professore Hans Hadders, dell'Università di Trondheim in Norvegia. Mentre lo scorso articolo ha riguardato in generale le tradizioni funerarie induiste, entriamo ora nel merito dell’installazione del primo forno crematorio elettrico in Nepal, un Paese di quasi 30 milioni d'abitanti, di cui 1,5 a Kathmandu città e 3 nel territorio metropolitano, che regista un tasso di mortalità del 6,7‰.

Inaugurato a Kathmandu il 24 Gennaio 2016, rappresenta un fatto epocale per una regione dove le tradizioni sono fortemente radicate. Sulla scia di questo, ora un altro è in costruzione nel Distretto di Chitwan mentre un terzo è previsto a Pokhara. In India invece sono già attivi numerosi crematori moderni. L’impianto si trova a 5 km. dal centro della capitale, nel sito di Pashupati, luogo santo (dham) dell’Induismo che ospita, su una superficie di circa 264 ettari, 235 templi di età e stili diversi tra i quali si erge quello, veneratissimo, di Pashupatinath, divinità tutelare del Paese, posto sulla riva occidentale del fiume Bagmati, affluente molto più a valle, del Gange. Fu costruito nel XVII secolo ed ogni Indù aspira a visitarlo durante la sua vita. È storicamente accertato che il tempio e l'area circostante sono meta di pellegrinaggi sin dal Sedicesimo secolo e che la zona a sud del tempio è da sempre considerata sommamente propizia alla cremazione. Morire lì è altamente auspicabile come accade in India a Benares (Varanasi) sul Gange, dove vengono portati migliaia di moribondi da ogni luogo. Un’esperienza unica che molti anni orsono abbiamo personalmente vissuto.

L’istituzione del PADT

Negli anni '70 del secolo scorso nacque il PADT (Pashupati Area Developement Trust - Ente per lo Sviluppo dell'Area di Pashupati) per iniziativa di politici e uomini d'affari che preoccupati per l'autenticità, l'aspetto e la dignità del sito, proposero al Governo di Sua Maestà (all'epoca era un Regno Indù, mentre dal 2008, dopo una guerriglia maoista, si è trasformato in Repubblica Democratica Federale) un progetto volto alla sua salvaguardia e al suo miglioramento. Nel 1979 l'UNESCO iscrisse il sito nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità assieme a sei altre località della valle di Kathmandu. Poco dopo il Re Birendra Bir Bikram Shah Dev, che aveva studiato ad Eton ed a Harvard, annunciò varie misure chiedendo la redazione di un piano di sviluppo.

Gli obiettivi principali del PADT, che nel 1987 divenne autonomo, erano:
1.  la pianificazione della salvaguardia e dello sviluppo dell'area in conformità agli ideali, alla gloria ed all'importanza del dio Pashupati;
2.  la protezione ed il mantenimento di prati, templi, aree funerarie, pire, corsi d'acqua, etc;
3.  l'adozione di ogni misura volta ad evitare le contaminazioni ed a proteggere l'ambiente.

Oggi Il PADT fornisce i servizi per la cremazione, mentre altre istituzioni si occupano dei vari aspetti pratici. Il Ghat Seva Kendra è l'unità  operativa del Bhasmeshvar Ghat, il sito di cremazione principale aperto h24. Prima del funerale il corpo viene registrato e tassato con 200 rupie nepalesi (1,56 euro). Il Kriyaputri Sewa Subidha Kendra gestisce invece gli alloggi per i familiari (attualmente sono disponibili 42 camere, 12 toilette, 3 bagni e numerosi rubinetti in pietra per le abluzioni). Inoltre il PADT controlla, a fini promozionali ed informativi, un sito internet inaugurato il 19 maggio 2003.

Dall’idea iniziale all’inaugurazione

Fu subito chiaro che il punto fondamentale del piano di sviluppo risiedeva nella creazione di un forno crematorio. Il primo progetto fu concepito dal Lions Club di Pashupatinath. Il PADT ed il Kathmandu Metropolitan City Office (KMCO) condussero un'inchiesta tra 5.000 partecipanti che ottenne una risposta favorevole per il 93% (!). Il KMCO iniziò così la realizzazione dell’impianto con un forno giunto da Bombay, ma il tentativo fallì o perché non si riuscì mai a farlo funzionare correttamente o, come altri sostengono, per l'opposizione frontale dei religiosi locali. Rimane il fatto che da allora arrugginisce in un magazzino diroccato senza avere mai operato!

Uno studio del 1998 attesta che nel 1997 a Pashupati vi sono state circa 4500 cremazioni su pira all'aperto. Una media di 12 al giorno, ciascuna richiedendo circa 300 kg. di legname. Si precisa anche che dai 460.300 kg. di legna bruciati nel periodo 1988/89 si era passati a 1.379. 200 kg. nel 1997/98. Da qui l'osservazione che in assenza di una alternativa il sito sarebbe stato sempre più inquinato e le riserve forestali sottoposte ad uno sfruttamento crescente. L'installazione d'un inceneritore divenne quindi fortemente auspicata.

Nel 2009 il PADT si incarica direttamente del progetto e soltanto il 10 marzo 2011, 25 anni dopo la prima idea di creare un crematorio, la gara si chiude e tra le quindici offerte viene scelta quella della Indomen Engineering Service di Calcutta. Il 13 maggio ebbe luogo la cerimonia della posa della prima pietra ma la gara per la costruzione dell'edificio non era ancora chiusa e, tra ostacoli e ritardi, i due primi test di cremazione furono eseguiti solo il 5 settembre 2015 con cinque anni di ritardo sui tempi previsti, esattamente come succede in Italia (autostrada Salerno-Reggio Calabria, MOSE di Venezia...), arrivando così all’inaugurazione il 24 Gennaio 2016.


Caratteristiche del crematorio

Equipaggiato con due forni, che all'inizio lavoravano alternativamente per perfezionare la messa a punto, il crematorio è strutturato per accoglierne anche un terzo. Con 22 dipendenti è sempre attivo e funziona sulla base "primo arrivato, primo servito” e, grazie ad un evidente progresso di democratizzazione, è aperto ad ogni confessione. Il costo di 110 milioni di rupie (circa 900.000 euro) è stato finanziato principalmente dal governo nepalese. Un accordo con l'Ente Elettrico nazionale garantisce la fornitura di energia costante in un Paese dalle frequenti interruzioni di corrente.

La camera mortuaria dispone di una cella frigorifera di 30 posti per conservare i corpi in attesa dell'arrivo di tutti i parenti. Il tempo di cremazione è di 45-55 minuti (rispetto alle 3-5 ore nell'incinerazione tradizionale). Il costo è di 4.000 rupie (più o meno 32 euro) a fronte delle 12.000 (circa 95 euro) della pira. Nei primi dieci mesi di attività, nel forno elettrico sono state effettuate circa il 40% delle cremazioni totali che hanno luogo a Pashupati. È attivo un servizio di raccolta delle cornee, iniziato dalla Banca Nazionale dell'Occhio già dal 1994 per il metodo tradizionale. Nel periodo indicato ne sono state donate 220.

Il complesso si articola in una grande sala comune per l’accoglienza dei dolenti, provvista di tutto il necessario per le cerimonie, e di un edificio principale a due piani riservato ai forni. Luminoso (soffitto alto, pareti bianche, grandi finestre, vetrate  interne), si discosta dai modelli meramente funzionali e dall'aspetto cupo propri di molti dei nuovi crematori dell’Asia del Sud.
Gli edifici sono ornati con simboli di buon auspicio e manufatti artistici, come una fontana con il "linga" (oggetto di aspetto fallico) di Pashupati. Simboli beneauguranti sono dipinti anche sul frontale delle fornaci e le porte lignee presentano sofisticati intagli con raffigurazioni induiste propiziatrici; quella principale raffigura Agni, il dio del fuoco.

Le cerimonie al crematorio

È chiaro che sussistono difficoltà per compiere i riti tradizionali, ma già dal primo abbozzo del crematorio il PADT aveva pensato a come conciliare sentimenti religiosi, valori tradizionali e bisogni degli Indù, coinvolgendone i maggiorenti e uno di loro, Bidour Poudal, vice Cancelliere dell’Università Sanscrita del Nepal e consulente del PADT, sagacemente sottolineò: “Abbiamo creato un largo comitato di studiosi, esperti religiosi e pandit (saggi). La Religione e la Scienza non dovrebbero andare in direzioni separate. Dobbiamo adattare i nostri rituali e costumi al progresso tecnologico".

Le famiglie giungono sul sito con il defunto direttamente da casa o dall'ospedale (caso sempre più frequente anche se minoritario). È obbligatorio presentare un certificato di morte. Se il decesso è avvenuto in ospedale viene fatto da un medico, altrimenti dal “Comitato per lo Sviluppo del Villaggio” o dal Municipio. Espletate le formalità e fatti gli acquisti necessari al negozio del PADT, si procede ai rituali preliminari, ponendo la salma sul ghat, la gradinata che scende al fiume. Qui i parenti raccolgono l'acqua e la versano sulla bocca dello scomparso eseguendo le altre pratiche rituali all'interno del crematorio. All'esterno dell’impianto vi sono delle piattaforme dove i dolenti pongono la barella col loro caro in attesa del proprio turno. Il corpo viene quindi portato nella zona più interna del crematorio, tra pareti di vetro, e posto sulla pedana dell'elevatore meccanico di fronte al forno. Girare attorno al forno, come si fa con le pire, non è possibile mancando lo spazio nella sua parte posteriore. A questo punto i parenti talvolta versano sul corpo una polvere rossa di buon auspicio nonché delle palline di canfora e mentre si recitano le preghiere finali, viene bruciato l'incenso. Immediatamente prima dell'introduzione nella fornace il “dolente principale” gira per tre volte attorno alla salma con un tizzone in mano posandolo poi sulla bocca del defunto che viene quindi rapidamente introdotto nel forno.

Nel crematorio elettrico non è possibile praticare il Kapal Kriya (l'esplosione del cranio). Tuttavia è un fenomeno che spesso si produce da solo per il calore permettendo così quella che viene considerata la liberazione dell'anima. Alcuni crematori in India sono provvisti di una porticina che consente di introdurre nel forno una  barra di metallo per assicurare l’esplosione del cranio, come da tradizione.

Come è stato accolto

Concludendo il suo lavoro, Hans Hadders osserva come la riluttanza degli Indù dell'Asia del Sud ad accettare la cremazione moderna sia dovuta al timore di venire limitati nell'esecuzione delle pratiche tradizionali con la conseguente difficoltà a reintegrare, cosa imprescindibile, i cinque elementi (acqua, fuoco, aria, terra ed etere). Altre obiezioni sono legate agli obblighi sociali. Il legno conserva un forte valore simbolico e per quanto riguarda la cremazione è parte di un codice sociale, tant'è che risparmiare sul legno per la pira è considerato di pessimo auspicio e rischia di compromettere un passaggio sicuro nella vita dell'aldilà.

Le ragioni abitualmente avanzate dagli Indù in favore della cremazione tradizionale risiedono anche nella convinzione che essa garantisce la liberazione dell'anima dal corpo e la rimozione delle impurità per assicurare una buona rinascita prestando attenzione ai doveri religiosi e sociali (rispetto filiale, doveri verso gli antenati...).

Inoltre la presenza degli spiriti ed il timore di fantasmi maligni rappresentano un motivo ulteriore per intraprendere rituali secondo le richieste della comunità e degli esperti funerari, ritenendo che il benessere e la prosperità della famiglia dipendano in buona parte dalla benedizione dei Manes (nella mitologia romana: le anime, deificate e protettrici, degli antenati defunti).

Tuttavia nelle aree urbanizzate la prospettiva cambia. I decessi avvengono sempre più spesso in ospedale e l'intervento di professionisti al passo con i tempi ha modificato la mentalità nel senso di una maggiore aderenza ai principi di mercato piuttosto che alla percezione della purezza, della contaminazione e della divisione gerarchica basata sul sistema delle caste. Qui molte sono le richieste di alternative alla cremazione tradizionale. Albertina Nugteren, studiosa di cultura induista all'Università di Tilburg nei Paesi Bassi, le divide in due categorie: quelli che auspicano una procedura semplificata, accessibile e più individualizzata sulla scia dell'urbanizzazione e della modernizzazione, mentre altri sarebbero spinti da motivazioni ecologiste. La prima categoria, tipica delle zone urbanizzate e della diaspora (ossia dei gruppi che risiedono fuori della terra di origine) è espressione del mutamento della visione del mondo, delle credenze, dell'organizzazione sociale e dello stile di vita, mentre l'altra si basa su elementi ambientali in generale o su richieste specifiche volte a proteggere i fiumi sacri Gange e Bagmati.

Spesso i moderni crematori non godono di buona reputazione in Asia del Sud: cattiva gestione, mancanza di energia, corruzione, scarsità di fondi e di volontà politica, malfunzionamento… In certi casi tali inefficienze sono attribuibili all'azione di gruppi di interesse del legno che si sospetta possono aver agito sugli operatori per sabotare gli impianti. C’è anche da rilevare il timore dei cerimonieri rituali e di certi imprenditori di vedere compromesso il loro tenore di vita. Non solo, i moderni crematori sono spesso evitati anche perché associati alle caste inferiori, ai mendicanti, ai criminali ed ai morti anonimi. Tuttavia, il fatto che, come Hans Hadders precisa, questa promiscuità venga sempre più accettata e praticata è un segnale forte di una progressiva democratizzazione di quei Paesi. Anche se rimane ancora tanto da fare....
(La pubblicazione è consultabile integralmente cliccando qui)

 
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