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Eredità digitali (I parte)

In che cosa consiste il patrimonio ereditario digitale e quali le conseguenze se non lasciamo le password ai nostri eredi.


Il patrimonio ereditario di ciascun individuo oggi non comprende più solo mobili ed immobili, ma anche i cosiddetti beni digitali (quali fotografie, video, musica, messaggi, criptovalute, software, ecc.), contenuti all’interno di un computer, uno smartphone, un tablet o qualsiasi altro dispositivo di memorizzazione (fisico o virtuale). Nonostante ciò sia sotto gli occhi di tutti solo pochi imprenditori oculati del settore funerario sembrano essersene resi conto e aver predisposto servizi di pianificazione successoria dedicati alla cosiddetta eredità digitale.

La vita, come è oramai evidente, ruota sempre più intorno agli strumenti digitali e tutti noi (dall’adolescente all’anziano, dall’operaio all’imprenditore, dall’impiegato al professionista) siamo possessori di un patrimonio digitale che non può e non deve scomparire dopo la nostra morte, salvo che non sia così voluto dal defunto.

Attraverso questo e un secondo articolo che sarà pubblicato successivamente, vedremo da cosa è composto il patrimonio digitale e cosa accade se una persona muore senza lasciare le sue password, ma soprattutto vedremo come si può fornire ai propri clienti un servizio di pianificazione della propria eredità digitale. Già, perché pianificare la propria successione digitale è l’unico modo per assicurare che della vita, della storia, del passato di ciascuno di noi resti qualcosa e per garantire ai nostri figli, ai nostri nipoti, ai nostri coniugi o partner o ai nostri genitori un nostro ricordo o la nostra ricchezza “digitale”.

Dunque, i beni digitali si distinguono in due categorie: personali e patrimoniali. I beni digitali personali sono tutti quei beni che rispondono ad interessi individuali, familiari, affettivi o sociali (quali, e-mail, fotografie di famiglia, chat su Facebook o su WhatsApp, scritti intimi o personali, ecc.), mentre i beni patrimoniali si caratterizzano per il loro valore economico intrinseco (quali le fotografie digitali d’autore, i progetti di un architetto, gli articoli di un giornalista, i libri di uno scrittore, i software di uno sviluppatore, i bitcoin, ecc.). Sia i beni patrimoniali sia quelli personali possono, poi, essere qualificati ora quali opere creative dell’ingegno, ora essere equiparati agli “scritti” attinenti alla vita privata della persona, con ricadute sul piano successorio.

L’account, invece, non è un “bene digitale”, ma è uno spazio virtuale di cui l’utente può usufruire secondo quanto previsto nel contratto con il fornitore del servizio online (sono tali, gli account di scambio di criptovalute, di e-mail, di social network o di cloud). Ciò che è all’interno dell’account è di proprietà dell’utente, mentre lo “spazio virtuale” resta di proprietà del fornitore (come la cassetta di sicurezza di una banca). Come per i beni digitali, anche gli account possono avere un valore patrimoniale derivante dal loro contenuto, dai contratti di sponsorizzazione o dall’essere divenuti per gli utenti di una comunità un punto di riferimento (ad esempio gli account dei cosiddetti influencer).

Non sono beni digitali le credenziali (ovvero le password), sebbene si rivelino essenziali in quanto costituiscono le chiavi per entrare in possesso dei beni digitali memorizzati su computer, tablet, smartphone, ecc. Del resto, senza le password per accedere a tali strumenti informatici, non sarà possibile entrare in possesso di ciò che vi è contenuto.

La trasmissione delle password costituisce quindi uno degli aspetti più complessi da regolare nell’ambito delle successioni di beni digitali in quanto sono segrete e complesse e, soprattutto, conosciute solo dal suo creatore (defunto) e non dagli eredi. Infatti, in caso di successione senza testamento, l’erede, dopo aver reperito i supporti fisici di memorizzazione del defunto (computer, smartphone, tablet, ecc.), potrebbe non riuscire ad accedervi, proprio perché non gli è stata precedentemente comunicata la password di protezione. In tal caso la soluzione migliore per cercare di recuperare i beni digitali senza comprometterli, sarà quella di rivolgersi a un esperto informatico forense che cerchi di recuperare la password forzando il sistema.
 
Per quanto concerne gli account, invece, la questione è diversa: infatti, si potrà richiedere ai fornitori dei servizi online di accedere ai dati personali del defunto e ottenerne copia grazie a quanto disposto dall’ art. 6, par. 1, lett. b e lett. f del GDPR (Regolamento privacy 679/2016) e/o dell’art. 2-terdecies del d.lgs. 196/2003 (codice privacy), che prevede espressamente la possibilità di accedere alle informazioni (dunque ai beni digitali) del defunto.

Nel prossimo numero di Oltre Magazine continueremo il discorso analizzando altri aspetti legati a questa problematica. Nello specifico vedremo come si può fornire ai propri clienti un servizio di pianificazione della propria eredità digitale, dato che il classico testamento non è utilizzabile.
 
Avv. Alessandro D'Arminio Monforte

Alessandro d’Arminio Monforte, avvocato e titolare di NetworkLex Studio Legale, è esperto di IT Law ed eredità digitale. È anche autore del testo “La successione ereditaria nel patrimonio digitale”, pubblicato da Pacini Editore nel 2020.


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