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Elementi di statistica e di diritto della celebrazione del lutto /2

Non sono che alcune delle motivazioni, forse le più evidenti, fra quelle che rendono attuali e indispensabili le Case Funerarie. Ma perché solo oggi queste esigenze sembrano trovare finalmente concrete possibilità di risoluzione? Perché il nostro Paese, spesso all’avanguardia, arriva adesso a progettare un qualcosa che altrove pare esistere da sempre? Innanzi tutto perché, in assenza di una legge quadro che ne consenta la realizzazione su tutto il territorio nazionale, le Regioni che hanno già emanato proprie disposizioni sulla materia ne hanno già previsto, ed anzi caldeggiato, l’istituzione. Poi, e non è di secondaria importanza, perché il comparto delle Onoranze Funebri, per lo meno quegli Operatori che credono fortemente nella propria professionalità e in un codice deontologico strettamente legato ad essa, sente come improcrastinabile l’esigenza di adeguarsi agli elevati standard delle Nazioni più evolute e vede nello sviluppo di nuove figure professionali (esperti in tanatoprassi, consulenti psicologi per l’elaborazione e la gestione del lutto, cerimonieri, …) una grande opportunità di crescita, anche culturale, della categoria. Pure il mondo produttivo del settore funerario e cimiteriale si è dimostrato pronto, esasperando la ricerca e sviluppando soluzioni di avanguardia, nella tecnologia e nel design, utili a dare connotazioni precise ad un modello italiano che, ne siamo certi, si affermerà legittimamente con il conseguente sviluppo, nel business e nella creazione di un qualificato mercato del lavoro, di un settore importante della nostra economia. Poi, ancora, perché grazie ad esperienze vissute in Paesi altrettanto cattolici del nostro sono venute meno le resistenze della Chiesa che ha finalmente compreso come il rito del commiato eventualmente compiuto all’interno di queste strutture non sostituisce, ma integra, la cerimonia religiosa tradizionale, permeando ogni atto compiuto dal momento del decesso a quello della sepoltura di una religiosità umana prima ancora che liturgica. Infine, per il mutato atteggiamento della Pubblica Amministrazione che, se prima vedeva l’obitorio comunale quale unica possibilità operativa, oggi sembra avere sposato, come accade un po’ ovunque, ipotesi di coesistenza, se non di collaborazione, fra imprenditoria pubblica e privata.Alcuni numeri. Ad oggi non esiste un censimento esaustivo delle Case Funerarie già operative o in via di realizzazione. Dati attendibili ne identificano una settantina, concentrate prevalentemente nelle regioni che le riconoscono in una propria normativa di riferimento. Ma quali potrebbero essere le reali esigenze del Paese? La EFI-Eccellenza Funeraria Italiana, l’Associazione che rappresenta le Imprese Funebri cui afferiscono le Case Funerarie, stima in almeno 400 unità le necessità minime e dimostrate dell’intero territorio nazionale: piccole o grandi che siano, solo tali strutture consentono di assistere in maniera adeguata sotto il profilo pratico e psicologico le famiglie colpite da un lutto. In Francia, Paese che presenta considerevoli analogie con il nostro [numero abitanti, tasso mortalità, numero decessi, numero imprese funebri (3.896 censite nel 2010)] ne esistono circa 2.500 molte delle quali hanno annesso o direttamente collegato un proprio forno crematorio
Un (possibile) modello italiano. In attesa che vengano definite a livello nazionale le caratteristiche per la realizzazione delle Case Funerarie, oggi si fa riferimento ad una Autorizzazione Comunale e al soddisfacimento dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi previsti dal DPR 14 gennaio 1997 per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private. Indispensabile è una corretta e funzionale distribuzione degli spazi che consenta di identificare con esattezza i tre percorsi che devono essere necessariamente separati (del defunto, dei dolenti, dei partecipanti alla sola Cerimonia di Commiato). Per quanto attiene i risvolti estetici, pur avendo goduto i progettisti della più assoluta libertà interpretativa, i modelli ad oggi esistenti si sono prevalentemente ispirati ad uno stile e ad un gusto classico che bene incarna i concetti di sobrietà, di perfezione e di semplicità delle forme. La linearità e la nitidezza dell’involucro e del contenuto si sposano perfettamente con le funzioni alle quali la Casa Funeraria è preposta. Parliamo di un luogo nel quale si deve percepire un senso di serenità e di pace interiore. Bisognerebbe quindi privilegiare gli aspetti “comunicativi” piuttosto che quelli “dimostrativi”: la costruzione stessa dovrebbe riuscire a comunicare la funzione alla quale è preposta, senza ostentare forme troppo esuberanti che trasmettano un messaggio oltremodo intenso e quindi inevitabilmente doloroso. L’evidenza di un simbolo legato alla morte viene spesso rifiutata. Per quale motivo una Casa Funeraria dovrebbe necessariamente essere identificata da una croce o da altra immagine comunque rappresentativa di un contenuto ideologico, religioso o culturale? L’obiettivo delle imprese funebri è finalizzato alla fornitura di un servizio il più possibile funzionale, aperto culturalmente, non predefinito, ma mutabile e malleabile nel tempo e in forme diverse a seconda delle esigenze contingenti. Oggi è prematuro parlare di ritualità nella Casa Funeraria come di un simbolo; essa si presenta ancora solo come materia che si presta ad essere lavorata dalla simbologia comune. In questo senso, l’aspetto architettonico assume un ruolo primario nella realizzazione, rappresentando il mezzo attraverso il quale le diverse realtà presenti prendono forma e corpo. Infatti, mentre la sala dedicata alla tanatoprassi può presentarsi in una forma rigida e standard per tutte le costruzioni, la sala cerimoniale deve poter essere adattata alle esigenze specifiche del caso, personalizzata, in una parola “sentita”. La mentalità giusta per accostarsi ad una Casa Funeraria è di considerarla una “seconda casa”, che rende omaggio ai defunti, un luogo solenne, di devozione e di rispetto per i trapassati. La costruzione ottimale segue una coerenza di pensiero fra l’aspetto interiore e quello esteriore; quest’ultimo, forse, è il più difficoltoso da concepire perché determina il primo impatto fra coloro che sono ancora in vita e coloro che non lo sono più, è il primo ad essere percepito, il più evidente, e non può stridere od entrare in contrasto con il contesto nel quale è inserito. L’aspetto esteriore è possibilmente neutro, non caratterizzato, non ha sembianze né di una chiesa né di altro luogo di culto, è una realtà “diversa”, che però deve essere individuata in qualche modo. Qui entra in gioco l’aspetto “simbolico”, ma non con un simbolo già esistente nella cultura e nella esperienza comuni, bensì con uno nuovo, il cui obiettivo è rappresentato dalla potenzialità di essere riconosciuto e di indicare la funzione che è chiamato a svolgere.
 
Carmelo Pezzino


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