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Carmelo Pezzino
Tutto il mondo guarda con simpatia e con attenzione al nuovo “vescovo di Roma” Francesco I che, con la sua semplicità, ha spiazzato non solo i fedeli, ma anche gli uomini di Chiesa. Jorge Mario Bergoglio ha stupito tutti con la decisione di non indossare la mozzetta (la mantella rossa con bordo di ermellino), il rocchetto (una elegante sopravveste bianca), la croce d’oro, le scarpe papali (i famosi mocassini rossi marchiati “Prada”) ed ogni altro segno di sfarzo. Ma a far comprendere la portata “rivoluzionaria” della sua elezione sono stati i primi atti compiuti e le prime parole pronunciate dopo essere stato insediato al soglio pontificio. Semplicità e rigore teologico paiono fondersi nell’uomo che, chiamato a ridare freschezza evangelica e immediatezza di percezione ai fedeli in un momento molto difficile per la Chiesa, rappresenta una novità assoluta: la prima volta di un papa sudamericano, la prima volta di un papa gesuita, la prima volta di un pontefice che ha deciso di chiamarsi Francesco. La scelta del nome è una scelta programmatica che esprime attenzione alla questione dei poveri e alla ricerca di essenzialità. La tradizione gesuita, d’altronde, fa della austerità una delle sue caratteristiche fondamentali e si muove sempre sulla scia del rigore. Nel suo primo discorso alla finestra di San Pietro ha messo l’accento sul suo essere vescovo di Roma, ha insistito moltissimo sulla vicinanza con il suo popolo, ha lasciato intendere una visione più collegiale nel governo della Chiesa. Nel sorriso di Papa Francesco si intuisce, pur nella mitezza degli atteggiamenti e nel continuo richiamo alla fratellanza, un carattere forte e deciso, proprio di chi ha idee chiare sugli obiettivi da perseguire, primi fra tutti il rapporto con i laici, ritenuti oggi troppo distanti dalla vita della Chiesa, e quello con le donne, ancora ai margini del potere ecclesiastico. La spontaneità e la schiettezza del nuovo pontefice si sono già manifestate in una liturgia semplificata e orientata alla essenzialità, in una grande attenzione ai sacramenti, nelle modalità di annuncio del Vangelo, nel primato della misericordia sul giudizio, nel continuo richiamo al concetto di “Chiesa come popolo di Dio”, un valore profondamente legato al Concilio Vaticano II e che papa Bergoglio sta rilanciando nell’avvio di un pontificato che pare prepararsi a scardinare quel sistema di valori e di stili di vita, anche ecclesiastici, che determinano il diffuso malessere della società contemporanea.
Veniamo ad un argomento ben più terreno. Se lo Spirito Santo non si è certamente risparmiato nell’illuminare i Cardinali riuniti in Conclave, nessuna ispirazione è venuta ai componenti del Consiglio Nazionale della Funeraria Italiana che, riunitisi lo scorso 27 marzo, non hanno fatto alcun passo avanti né sull’esame del possibile testo di legge nazionale da presentare al neo eletto Parlamento, né sulla struttura organizzativa di cui dotare il Consiglio stesso. La discussione si è arenata sui diversi possibili modelli da adottare e sulla rappresentatività istituzionale dei singoli partecipanti (Federazioni, Associazioni, Organismi di categoria, aziende, manifestazioni espositive, …) senza trovare una soluzione in grado di soddisfare le esigenze di tutti. Una ulteriore proposta verrà elaborata in questi giorni cercando di sintetizzare costruttivamente le differenti posizioni per dare nuovamente impulso ad un progetto che era parso partire con il piede giusto e nel quale in molti abbiamo dichiarato di credere. Vi terremo informati.
Invitiamo il Presidente di Federcofit Giuseppe Bellachioma, che nel proprio intervento ha definito il ruolo delle riviste “non come parte integrante del Consiglio, ma come mero strumento di comunicazione”, a non sottovalutare il contributo di idee e di esperienze di chi, proprio perché fa comunicazione, è in stretto contatto con la base delle categorie e ne raccoglie umori e desideri. Quanto poi al fatto che, nella proposta delle Federazioni, “la comunicazione esterna debba essere affidata ai Segretari di Federcofit e di Feniof e i contenuti debbano essere definiti dal Consiglio stesso per le diverse occasioni ed iniziative” preferiamo al momento non esprimere alcun commento in attesa di meglio comprendere se il nostro ruolo dovrà essere esclusivamente quello di divulgare “veline” degne di antichi regimi o degli attualissimi portavoce che affiancano gli inesperti parlamentari espressi da un Movimento che oggi intende essere l’ago della bilancia nella politica del nostro Paese.
Buona lettura a tutti!
 
Carmelo Pezzino


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