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Carmelo Pezzino
In un recente servizio televisivo andato in onda su TG2 “Costume & Società”, partendo dall’iniziativa del Comune di Venezia di consentire la dispersione delle ceneri in laguna, nella zona retrostante il cimitero di San Michele e nel tratto di mare in prossimità del Lido, si è arrivati a parlare per l’ennesima volta dei cofani funebri in cellulosa: un impresario funebre ne ha “magnificato” le doti di tutela ambientale, di robustezza, di estetica e di economicità esibendo orgoglioso i modelli in dotazione alla propria azienda, illustrando le potenzialità di personalizzazione e, soprattutto, sostenendo che l’utilizzo di tali prodotti avrebbe consentito di abbassare il costo del funerale “anche del cinquanta o del sessanta per cento”. Argomenti banali di chi, pur di apparire davanti alle telecamere, non esita a lasciarsi andare ad affermazioni demagogiche che forse trovano applicazione nella sua azienda, ma che certamente non possono essere estese alla globalità di una categoria che fonda lo svolgimento dei propri servizi su una elevata qualità delle prestazioni professionali e dei prodotti utilizzati, per dare un senso di “onoranza”, o come si usava dire una volta di “pompa”, all’omaggio e al commiato per una persona cara. È sufficiente valutare l’estetica di quanto esibito nel reportage per comprendere quanto sia svilente affidare le spoglie ad un contenitore che, lo abbiamo già detto in passato, richiama alla mente un imballo industriale o una scatola da scarpe!
Nei primi giorni di marzo il Comune di Milano ha presentato, in una conferenza stampa all’insegna del glamour, il progetto di un cimitero verticale da 60.000 loculi e svariati milioni di euro che dovrebbe essere realizzato nel capoluogo lombardo in concomitanza con lo svolgimento dell’Expo 2015. Una costruzione avveniristica, un “nuovo concept architettonico” secondo i promotori, un monumentale palazzo di forme staliniane a parere di molti osservatori: la sua costruzione è stata motivata, oltre che con la volontà di dotare Milano di una struttura simile a quelle presenti nelle grandi città di tutti i continenti, con la “ormai cronica” mancanza di spazi disponibili nei cimiteri tradizionali. Ma è davvero cosi? Non vi sarà piuttosto l’intenzione di accentrare, in un unico sito e in una unica gestione, tutti gli adempimenti da svolgere in occasione di un decesso? Al gigantismo dell’edificio, che con i suoi 34 piani e 8.500 metri quadrati di superficie coperta pretenderebbe di essere “a basso impatto ambientale”, manca ancora una collocazione urbana. Ciò lascia pensare che, al momento, si tratti di una provocazione intellettuale sulla ipotesi di un cimitero da intendersi non più come “luogo”, ma come “funzione”, simbolo di una città che vive un processo di secolarizzazione in cui celebrare la propria memoria civica in spazi rituali che, con una infilata di loculi nei corridoi e con cappelle di famiglia in eleganti salottini, prescindono totalmente da ogni rapporto essenziale con la terra.
Abbiamo celebrato in questi giorni l’unità d’Italia! E ci è venuto in mente l’antico detto secondo cui Dio fece un Paese più bello degli altri e così i continenti si ribellarono; Dio si rese conto che era vero e … per pareggiare i conti lo riempì di italiani!
Buona lettura a tutti!
 
Carmelo Pezzino


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