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La dimensione simbolica della porta

Il patrimonio rituale e metodologico delle tradizioni spirituali d’Oriente e d’Occidente attribuisce alla “porta” una simbologia ampia e ricca di significato. Nelle diverse culture l’atto del “varcare una soglia” ha il significato di riunirsi ad un mondo nuovo e la porta rappresenta la separazione o la comunicazione tra i due ambiti, non solo come identificazione dello spazio fisico che delimita l’esterno dall’interno o viceversa, ma anche come passaggio tra due livelli: il noto e l’ignoto, il profano e il sacro.
Come la porta definisce il limite tra il mondo estraneo e quello domestico di una normale abitazione, così la porta di un tempio identifica il passaggio tra il mondo profano e quello sacro. A seconda che essa si apra o si chiuda diventa il simbolo della separazione o della comunicazione: da una parte l’ambito terreno, estraneo e perciò ostile, rappresentato dal caos, dall’altra il luogo chiuso della sicurezza, lo spazio di ciò che si possiede, in cui avviene la manifestazione sensibile della divinità (comparsa di eventi naturali, di segni o di animali considerati sacri). La soglia, segnalata spesso simbolicamente con una pietra infissa nel terreno, con un gradino, con un palo o con un portico, diviene il punto d’incontro dei due livelli. Anche la porta della città svolge una analoga funzione, con lo scopo di preservare e di separare la comunità dallo spazio “caotico”, dalla landa che si estende oltre di essa.
Le testimonianze materiali che confermano la soglia come sede di presenze divine con funzione apotropaico-tutelare sono molto numerose. Il diffondersi dei rituali legati al simbolismo della porta come luogo di “passaggio” ha sancito, per la relazione che intercorre tra soglia e divinità, la sacralizzazione dell’ingresso.
Il repertorio iconografico dei “guardiani della soglia” è molto vario e fa riferimento a diverse tipologie sia per quanto riguarda le porte stesse, sia per ciò che concerne gli spazi di cui tali porte regolavano l’accesso.
In Grecia la porta è il luogo di Hermes, dio dei cambiamenti di stato, colui per il quale non esistono né serratura, né recinto, né confine. La sua immagine veniva collocata sulla porta delle case, affinché la soglia ne venisse protetta, e presso l’entrata della città o sulle tombe, “porte” che aprono l’accesso al mondo degli inferi.
Nel mondo romano il custode delle porte celesti e patrono di tutti gli inizi è Giano; il dio bifronte o quadrifronte, in qualità di Janitor (guardiano della soglia) presiede ai due esordi costituiti dall’entrata e dall’uscita, così come dall’apertura e dalla chiusura della porta. A Roma il suo tempio era rappresentato da un arco a quattro fronti. L’apparente mostruosità, l’essere bifrons di questa divinità, con la duplice funzione di protezione o di minaccia, allontanava o distruggeva gli influssi malefici e pericolosi, assolvendo così il compito di “manifestare” la sacralità della porta e di proteggerla da tutti i pericoli esterni.
In epoca medievale la porta sacra simboleggia l’ingresso nella vita eterna, porta della salvezza che, sigillata a causa della caduta di Adamo ed Eva, riapre i battenti con il sacrificio di Cristo. La raffigurazione della porta del Regno dei Cieli diviene componente essenziale delle cattedrali romaniche e barocche, ed il portale, mediante le immagini dei battenti o della cornice architettonica, ne manifesta significati e valori.
La porta acquisisce la valenza di “espressione” divenendo una sorta di “porta-volto” in grado di esprimere compiutamente l’essenza dell’edificio di cui fa parte. I battenti figurati, le figure scolpite sulla strombatura, nelle arcate, sul frontespizio riassumono, anche sotto il profilo simbolico, la natura dell’intero manufatto-santuario. L’identificazione di Cristo con la porta è simboleggiata dall’immagine della Divinità riprodotta sul timpano della porta centrale di numerose cattedrali.
La porta acquisisce il ruolo di rappresentazione dell’essenza dell’edificio anche nelle costruzioni laiche dove la “spiritualità di volto” non si esprime attraverso manifestazioni trascendenti, ma nell’uso della “divina proporzione”. Misura e armonia visibili nei portali dei palazzi rinascimentali che esprimono la potenza e la dignità del nobile committente con soluzioni puramente architettoniche, senza affidarsi a statue o ad immagini allegoriche.
Il passaggio, la porta, è anche elemento di identificazione della vita, che non è altro che un continuo varcare soglie, attraverso il passaggio da una fase all’altra: dalla nascita alla morte attraverso la pubertà, il matrimonio, la maternità/paternità, lo studio, il lavoro. Passaggi comuni agli umani, ma che l’individuo deve affrontare per accedere da una stanza all’altra; dal momento del primo ingresso nell’edificio, con la nascita, e attraverso una serie di transiti intermedi fino all’uscita che avviene con la morte, ma che può costituire, a sua volta, passaggio verso altri edifici, trasformando l’intero percorso effettuato durante la vita in una tappa verso l’aggregazione al mondo ultraterreno.
 
Maria Angela Gelati

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