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Riflessioni conviviali sulla morte

Presentato il death café di Torino, promosso dall’Ordine degli Psicologi del Piemonte.

L’istituzione, alla fine dello scorso mese di marzo, di un death cafè nella città di Torino è stato uno di quegli eventi su cui gli organi di informazione a caccia di notizie inconsuete o bizzarre si sono gettati a capofitto.

Infatti ne hanno parlato diffusamente non solo i media locali, ma anche alcune testate nazionali e il fatto è stato ripreso persino dal noto showman Fiorello durante una puntata di Viva Rai 2 e commentato con la sua consueta ironia.

Che cosa sono i death café?
I lettori che ci seguono da anni forse ricorderanno che abbiamo trattato ampliamente il tema in occasione della presentazione di questo format durante l’edizione 2014 di Tanexpo. A dispetto della traduzione letterale - “caffè della morte” - che suona piuttosto inquietante, i death café sono in realtà spazi accoglienti dove un gruppo ristretto di persone, che per lo più non si conoscono, si ritrovano per parlare liberamente della morte e del lutto davanti ad una tazza di tè o di caffè e ad una fetta di torta.
Si tratta in definitiva di luoghi di incontro privilegiati dove scambiare esperienze e punti di vista sotto la guida imprescindibile di un facilitatore, il cui compito non è quello di indirizzare la conversazione secondo schemi precisi o di condurla verso una determinata conclusione, ma di stimolare il dialogo tra i partecipanti facendoli sentire a proprio agio, liberi di esprimere i loro pensieri o di raccontare il proprio vissuto senza inibizioni.
Anche se i death café consistono principalmente in gruppi di discussione aperti e spontanei, piuttosto che in sessioni scientemente strutturate per dare supporto a coloro che stanno attraversando momenti di sofferenza, la condivisione di stati d’animo e di opinioni rappresenta comunque un importante stimolo di riflessione e un concreto aiuto per una crescita interiore.

Quando e come sono nati?
I death café sono un fenomeno abbastanza recente, nati da un’idea del sociologo e antropologo svizzero Bernard Crettaz. Il primo è stato aperto a Londra nel 2011 da Jon Underwood che ne ha poi brevettato il modello stabilendo poche ma essenziali regole. Oltre alla presenza della figura del facilitatore, i death café devono essere sempre gratuiti e non avere fini terapeutici o scopi commerciali. Non hanno personale e sono gestiti su base volontaria. Cibo e bevande sono elementi che non possono mai mancare: ad essi viene riconosciuta una significativa funzione rassicurante, consolatoria e aggregante e sono di fatto il tratto distintivo dei death café. Non è necessario che ci sia un luogo fisico fisso: la sede degli incontri può variare ed è abbastanza comune che vengano “offerti” anche in case private, oltre che in luoghi pubblici.
Aderendo a questi principi ci si può iscrivere al sito ufficiale www.deathcafe.com e promuovere un evento. Dal 2011 i death café si sono diffusi rapidamente in Europa, Nord America e nel resto del mondo. Da quanto possiamo leggere sul sito, ad oggi sono 15.776 gli incontri che si sono svolti sotto questa etichetta, in ben 83 diversi Paesi.

Anche da noi sono state fatte alcune esperienze in proposito in varie città come Roma, Parma, Mantova e, in particolare, a Verona, dove nel 2013 è stato inaugurato il primo death café italiano. «Parlare della morte e del morire non è certo cosa facile - ci raccontò la promotrice Elisabetta Lucchi nel corso di un’intervista realizzata all’epoca - soprattutto se non si intende cadere in grotteschi umorismi o in scaramantici luoghi comuni. Tuttavia il tema della morte affascina molte persone, in Italia e nel mondo, desiderose di affrontare l’argomento avvicinandosi ad esso senza pregiudizi, con curiosità e con naturalezza. Il successo dei death café lo dimostra».

Il Death Café di Torino
Ora anche a Torino sarà possibile ritrovarsi per riflettere sulle tematiche profonde della vita e della morte, far fronte alle nostre paure e superare i tabù per raggiungere un maggiore livello di consapevolezza del nostro essere umani e del nostro mondo spirituale. Arriva infatti anche nella città della Mole il death café, anzi è già arrivato. Data 30 marzo 2023 la presentazione ufficiale dell’iniziativa affidata a Marina Sozzi, nota tanatologa, autrice e curatrice del blog Si può dire morte, che ha fatto seguito al saluto introduttivo della “pioniera” Elisabetta Lucchi.
Il death café torinese è stato voluto ed attuato dall’Ordine degli Psicologi del Piemonte. Gli incontri si tengono nella sede dell’Ente e al momento sono quattro gli appuntamenti in calendario tra aprile e giugno.
In questa prima fase del progetto si è scelto di coinvolgere solo coloro che hanno quotidianamente a che fare con queste situazioni, ossia psicologi, assistenti sociali, operatori sanitari, educatori ... Una condivisione emotiva, intellettuale e filosofica tra professionisti per essere maggiormente preparati, nel loro percorso professionale ed umano, ad affrontare argomenti di particolare complessità e delicatezza, come quelli del fine vita e della sofferenza causata dalla perdita di una persona cara.
Obiettivo futuro è quello di organizzare incontri rivolti alla cittadinanza per aiutare le persone, tramite il dialogo e l’introspezione, a venire a patti con l’idea della morte.

Per saperne di più è possibile telefonare allo 011.1962002 oppure consultare il sito www.ordinepsicologi.piemonte.it
 
Raffaella Segantin

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