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Le cremazioni in Italia nell’ anno 2022

SEFIT Utilitalia ha diffuso, con un anticipo di un paio di mesi frutto della celerità con la quale sono stati resi disponibili dati statistici di mortalità e sullo sviluppo della cremazione in Italia, i dati relativi all’anno 2022.

Non ci stanchiamo di ripetere che la meritoria opera svolta da SEFIT Utilitalia supplisce alla carenza dell’ISTAT nel rilevamento sia delle forme di sepoltura, sia dell’andamento di cremazione nel nostro Paese. Quasi che a livello ufficiale non si voglia capire l’importanza della conoscenza di quanto sta succedendo nel comparto cimiteriale, inteso nel suo complesso e cioè anche coi crematori.
Quest’anno la “bibbia di settore” diffusa da SEFIT si è arricchita di una serie di tabelle molto interessanti sull’evoluzione provinciale della mortalità, rispetto alla situazione media pre-pandemica. Uno specchietto molto utile per capire a colpo d’occhio l’incremento statistico di mortalità territoriale.
Come al solito saccheggiamo a piene mani i dati dalle tabelle di SEFIT per dar conto ai lettori di Oltre Magazine di ciò che è successo lo scorso anno e tentare di delineare uno scenario per il futuro a breve termine.

Quanti sono i crematori in funzione in Italia e quante cremazioni svolgono?
Nel 2022 risultano autorizzati ed operanti in Italia n. 91 impianti di cremazione (89 nel 2021).

Il numero di nuovi impianti posti in esercizio negli anni è tendenzialmente stabile su valori contenuti (2 nel 2022).
In questi impianti, nel 2022, si sono effettuate 259.915 cremazioni di cadaveri (244.186 nel 2021). A tali valori sono da sommare 45.986 cremazioni di resti mortali nel 2022 (a fronte di 45.987 nel 2021). Pertanto, nei crematori italiani si è effettuato nel 2022 un totale di 305.901 cremazioni (290.173 nel 2021), superando così la soglia simbolica delle 300mila cremazioni annue.
Nel 2022 le cremazioni di resti mortali sono rimaste numericamente pressoché stabili e incidono in circa il 15% delle cremazioni di cadaveri.

Cosa è successo nel 2021, rispetto all’anno precedente?
Le cremazioni di soli feretri effettuate in Italia nel corso del 2022 sono aumentate del 6,4 % rispetto all’anno precedente, con un incremento numerico corrispondente a 15.729 unità. Mentre la mortalità è aumentata dello 0,63% (pari a +4.464), segno che la tendenza a scegliere la cremazione ha avuto una forte accelerazione anche nel 2022.
L’aumento rispetto alle serie passate è dovuto principalmente alla sensibile crescita della cremazione soprattutto al Nord-Ovest e, in misura più contenuta, al Centro, al Sud e isole (principalmente in Sicilia).
Di particolare interesse l’annotazione che le regioni maggiormente dotate di impianti di cremazione (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana) mantengono un importante ruolo crematorio non solo nel corso dell’emergenza pandemica, ma anche in via ordinaria, segno che la garanzia di effettuazione del servizio e l’organizzazione dimostrata vengono riconosciute dai clienti e che le scelte di quelle popolazioni si sono ormai consolidate.

Quanto incide la cremazione sulla mortalità?
Nel 2022 si sono avuti in Italia 713.499 decessi, pari ad un tasso grezzo di mortalità riferito alla popolazione residente del 12,1 per mille, alto rispetto al passato, soprattutto per l’apporto dato dalla pandemia, anche se inferiore al dato dell’anno 2020, eccezionale.
L’incidenza della cremazione registrata e stimata sul totale delle sepolture, per l’anno 2022, è del 36,4%, con un incremento in termini percentuali del +2 %, rispetto al dato 2021.
L’incremento del ricorso alla cremazione continua ad avvenire soprattutto al Nord, che ha una maggiore presenza di impianti, e da pochi anni è iniziato anche al Sud, mentre è in crescita al Centro.
Nel 2022, si conferma il dato degli anni precedenti: il maggior numero di cremazioni avviene generalmente nelle città metropolitane, tranne qualche caso particolare.

Ma che sta succedendo nel settore della cremazione in Italia?
Stanno evidenziandosi alcuni fatti, taluni anche in aggiunta o modifica di quanto percepibile nel passato:
  • la diffusione di crematori in piccoli comuni, ben serviti dal sistema viario e prossimi a grandi ospedali;
  • una sovra-dotazione di impianti in talune zone (del Nord), dove le autorizzazioni date per la costruzione di nuovi crematori sono superiori alle necessità effettive; si avverte parallelamente il fallimento della legge 130 del 2001 che imponeva piani di coordinamento regionali, poiché ben poche sono le regioni che vi hanno ottemperato;
  • l’avvio di numerose pratiche per la realizzazione di impianti nel Centro e Sud Italia, in buona parte stoppati dal rifiuto, spesso immotivato, delle popolazioni interessate dalle nuove localizzazioni (fenomeno cosiddetto NYMBY, not in my back yard) e un conseguente rallentamento della installazione di nuovi impianti. In qualche caso con normative regionali, non solo al Sud, che hanno temporaneamente bloccato la realizzazione di altri impianti oltre gli esistenti o creato barriere legislative particolarmente pesanti all’ingresso di nuovi soggetti;
  • il rafforzamento operativo di taluni impianti, con l’affiancamento a linea/linee già esistente/i di nuove (in pratica il rifiuto di nuove localizzazioni di impianti sta favorendo l’aumento di potenzialità di quelli già autorizzati);
  • il forte aumento durante l’anno 2022 dei costi energetici (elettricità e gas), ha determinato un incremento importante dell’incidenza di tali costi nella formazione dei costi per unità di servizio, mentre l’aumento tariffario consentito secondo i parametri del decreto ministeriale in materia, non è stato tale da compensarlo. Conseguentemente sono ridotti i margini lordi e gli utili, anche se l’incremento di attività degli anni passati e di quest’ultimo si ritiene mantengano la buona redditività di tali investimenti;
  • la creazione di network organizzati di gestori di impianti di cremazione, che possono contare non su un singolo crematorio, ma su una rete di questi.
La pandemia ha inciso sulla cremazione, accelerandone la diffusione. Il sistema ha retto?
Le ondate pandemiche, in particolare la prima, hanno evidenziato l’estrema vulnerabilità degli impianti di cremazioni con unico forno e, meritoriamente, diverse città stanno aumentando il numero di forni per ciascun impianto e comunque si punta ad un minimo di 2 forni, proprio per garantire la continuità del servizio.
La nuova organizzazione gestionale degli impianti e il numero maggiore di forni in servizio, ha permesso sia di garantire adeguati standard di cremazione di cadaveri al decesso, sia di garantire importanti quote di cremazione di resti mortali. Si pensi che la cremazione di resti mortali nel 2019 si è stimata in 38.305 unità, poi calate a 29.266 nel 2020, poi passate a 45.987 nel 2021 e ora a 45.986 nel 2022. Si tratta di numeri di tutto rispetto che sono una specificità italiana, visto che all’estero la cremazione di resti mortali è molto limitata, data l’efficienza del sistema di tumulazione aerato, mentre quello italiano (stagno) crea gli inconsunti che sono sotto gli occhi di ogni gestore cimiteriale e ormai anche delle famiglie interessate.

Come si diffonde nel territorio la cremazione?
La cremazione è ormai pratica funebre maggioritaria e la scelta normale in ampie zone d’Italia. Cresce sempre più nel Centro e nel Sud a causa di carenze di posti feretro e per economicità del costo complessivo di un funerale. Ultimamente il caso di Palermo è stato emblematico e senza il ricorso a cremazione (anche fuori regione), la situazione cimiteriale sarebbe collassata.
Sta emergendo poi un fenomeno nuovo per l’Italia e cioè l’attivazione di services per trasporto feretri, ovvero operatori specializzati nel trasferimento principalmente, se non esclusivamente, di feretri e/o contenitori di resti mortali da certi territori in altri dove si possono ottenere tempi di effettuazione del servizio più contenuti e talvolta sconti tariffari o variazione di qualità del servizio. Si tratta di una tendenza che purtroppo incide sulle statistiche, poiché il rilevamento statistico è basato sui luoghi di effettuazione della cremazione e non sui luoghi di provenienza dei defunti.

In conclusione, nel 2022 si sono registrate o stimate nel nostro Paese 305.901 cremazioni (tra cadaveri e resti mortali), svolte in 91 impianti, che hanno portato il nostro Paese al quarto posto per numero di cremazioni eseguite in Europa, dopo Gran Bretagna, Germania e Francia.
In Italia la media di cremazioni per impianto (autorizzato) nel 2022 è la seguente:
  • cremazione di cadaveri = 2.856 (2.743 nel 2021);
  • cremazione di resti mortali = 505 (517 nel 2021);
  • cremazioni totali = 3.362 (3.260 nel 2021).
 
Daniele Fogli

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