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Le cremazioni in Italia

L’analisi dei dati raccolti da Sefit per l’anno 2021 mostra un incremento delle cremazioni, mentre il numero di impianti resta stabile.

SEFIT Utilitalia svolge da molti anni un ruolo di raccolta ed elaborazione dati sulla cremazione in Italia, diffondendo tali informazioni sia ai gestori (associati e non) sia a Comuni e Regioni.

È fonte di dati ufficiali per l’Italia, vista l’assenza dell’ISTAT, sia per l’ISPRA Ambiente, sia per l’ICF (International Cremation Federation) e pure per la EFFS (European Federation of Funeral Services).
Ogni anno SEFIT diffonde una corposa circolare, ricca di tabelle, con dati numerici, rapporti percentuali, informazioni per raggiungere i singoli impianti in funzione.
Una sorta di bibbia del settore.
Ci siamo permessi, quindi, di saccheggiare a piene mani da questo documento i dati e buona parte delle considerazioni in esso svolte, per darne conto ai lettori di Oltre Magazine, ponendo le seguenti domande e dando le risposte necessarie.

Quanti sono i crematori in funzione in Italia e quante cremazioni svolgono?

Nel 2021 risultano autorizzati ed operanti in Italia 89 impianti di cremazione (87 nel 2020).
Il numero di nuovi impianti posti in esercizio negli anni è tendenzialmente stabile su valori contenuti (2 nel 2021).
In questi impianti, nel 2021, si sono effettuate 244.186 cremazioni di cadaveri (247.840 nel 2020). A tali valori sono da sommare 45.959 cremazioni di resti mortali nel 2021 (a fronte di 29.266 nel 2020). Pertanto, nei crematori italiani si è effettuato nel 2021 un totale di 290.145 cremazioni (277.106 nel 2020).
Nel 2021 si è parzialmente recuperato il gap negativo di cremazioni di resti mortali, lasciati nelle sepolture per garantire la cremazione di cadaveri al momento del decesso, stante la forte richiesta durante le ondate pandemiche più accentuate in termini di mortalità. Un recupero che ha compensato ampiamente il calo numerico totale di cremazioni di cadaveri, a seguito di minore mortalità complessiva.

Cosa è successo nel 2021, rispetto all’anno precedente?

Le cremazioni di soli feretri effettuate in Italia nel corso del 2021, sono diminuite dell’1,47% rispetto all’anno precedente, con un decremento numerico corrispondente a 3.654 unità, mentre la mortalità è diminuita del 4,97% (pari a -37.111), segno che la tendenza a scegliere la cremazione ha avuto una accelerazione anche nel 2021.
L’aumento rispetto alle serie passate è dovuto principalmente alla sensibile crescita della cremazione soprattutto al Nord e, in misura più contenuta, al Centro e al Sud.
Si conferma un leggero aumento delle cremazioni in Campania, per l’effetto di traboccamento soprattutto da Lazio, Sicilia e Basilicata. Ma è soprattutto in Calabria che si avverte un forte incremento di cremazioni per effettuazione di servizi provenienti in gran misura dalla Sicilia e in parte dal Lazio. Di particolare interesse la annotazione che le regioni maggiormente dotate di impianti di cremazione (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana) hanno avuto un forte aumento di cremazioni durante il periodo di massima mortalità pandemica e mantengono anche nel 2021 un importante ruolo crematorio, segno che la garanzia di effettuazione del servizio e l'organizzazione dimostrata vengono riconosciute dagli utenti.

Quanto incide la cremazione sulla mortalità?

Nel 2021 si sono avuti in Italia 709.035 decessi, pari ad un tasso grezzo di mortalità riferito alla popolazione residente del 12,00 per mille, alto rispetto al passato, soprattutto per l’apporto dato dalla pandemia, anche se inferiore al dato dell’anno 2020, eccezionale.
L’incidenza della cremazione registrata e stimata sul totale delle sepolture, per l’anno 2021, è del 34,44%, con un incremento in termini percentuali del +1,22%, rispetto al dato 2020.
L’incremento del ricorso alla cremazione continua ad avvenire soprattutto al Nord, che ha una maggiore presenza di impianti, e da pochi anni è iniziato anche al Sud, mentre è in crescita al Centro.
Nel 2021, così come negli anni precedenti, le città in cui viene effettuato il maggior numero di cremazioni sono generalmente le città metropolitane.

Ma che sta succedendo nel settore della cremazione in Italia?

Stanno evidenziandosi alcuni fatti, taluni anche in aggiunta o modifica di quanto percepibile nel passato:
  • la diffusione di crematori di cintura urbana nelle aree metropolitane (ad es. di Milano, Torino, Napoli);
  • una sovra-dotazione di impianti in talune zone (del Nord), dove le autorizzazioni date per la costruzione di nuovi crematori sono superiori alle necessità effettive; si avverte parallelamente il fallimento della legge 130 del 2001 che imponeva piani di coordinamento regionali, poiché ben poche sono le regioni che vi hanno ottemperato;
  • l’avvio di numerose pratiche per la realizzazione di impianti nel Centro e Sud Italia, in buona parte stoppati dal rifiuto, spesso immotivato, delle popolazioni interessate dalle nuove localizzazioni (fenomeno cosiddetto NYMBY, not in my back yard) e un conseguente rallentamento della installazione di nuovi impianti. In qualche caso con normative regionali non solo al Sud, che hanno temporaneamente bloccato la realizzazione di altri impianti oltre gli esistenti o creato barriere legislative particolarmente pesanti all’ingresso di nuovi soggetti;
  • il rafforzamento operativo di taluni impianti, con l’affiancamento a linea/linee già esistente/i di nuove (in pratica il rifiuto di nuove localizzazioni di impianti sta favorendo l’aumento di potenzialità di quelli già autorizzati);
  • la creazione di network organizzati di gestori di impianti di cremazione, che possono contare non su un singolo crematorio, ma su una rete di questi.

La pandemia ha inciso sulla cremazione, accelerando la diffusione. Il sistema ha retto?

Le ondate pandemiche, in particolare la prima, hanno evidenziato l'estrema vulnerabilità degli impianti di cremazioni con unico forno e, meritoriamente, diverse città stanno aumentando il numero di forni per ciascun impianto e comunque si punta ad un minimo di 2 forni, proprio per garanzie di continuità del servizio.
La nuova organizzazione gestionale degli impianti e il numero maggiore di forni in servizio, ha permesso sia di garantire adeguati standard di cremazione di cadaveri al decesso, sia di recuperare nel 2021 il gap di cremazione di resti mortali esistenti. Si pensi che la cremazione di resti mortali nel 2019 si è stimata in 38.305 unità, poi calate a 29.266 nel 2020 e ora giunte a 45.959 nel 2021, con un incremento di ben +16.693 nell’ultimo anno.

Come si diffonde sul territorio la cremazione?

La cremazione è ormai pratica funebre maggioritaria e la scelta normale in ampie zone d’Italia, ma, e qui sta la novità, cresce sempre più nel Centro e nel Sud a causa di carenze di posti feretro e per economicità del costo complessivo di un funerale.
Sta emergendo poi un fenomeno nuovo per l’Italia e cioè l’attivazione di services per trasporto feretri, ovvero operatori specializzati nel trasferimento principalmente, se non esclusivamente, di feretri e/o contenitori di resti mortali da certi territori in altri dove si possono ottenere tempi di effettuazione del servizio più contenuti e talvolta sconti tariffari o variazione di qualità del servizio. Si tratta di una tendenza che purtroppo incide sulle statistiche rilevate, poiché il rilevamento statistico è basato sui luoghi di effettuazione della cremazione e non sui luoghi di provenienza dei defunti.

In conclusione, nel 2021 si sono registrate o stimate nel nostro Paese 290.145 cremazioni (tra cadaveri e resti mortali), svolte in 89 impianti, che hanno portato il nostro Paese al quarto posto per numero di cremazioni eseguite in Europa, dopo Gran Bretagna, Germania e Francia.
La media di cremazioni per impianto (autorizzato) nel 2021 è la seguente:
  • Cremazione di cadaveri = 2.744 (2.849 nel 2020);
  • Cremazione di resti mortali = 516 (336 nel 2020);
  • Cremazioni totali = 3.260 (3.185 nel 2020).
 
Daniele Fogli

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