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Crematori: la ricognizione dei piani regionali

La maggior parte del territorio italiano ancora priva dei piani di coordinamento.

La cornice normativa

La normativa italiana per la installazione e gestione dei crematori è sostanzialmente contenuta in pochi provvedimenti di settore: nell’art. 343 del T.U. Leggi sanitarie R.D. del 27/7/1934, n. 1265 e nell’art. 78 del D.P.R. 10/9/1990, n. 285.
Inoltre, con riferimento alle emissioni in atmosfera, i crematori sono autorizzati ai sensi dell’articolo 269 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., nell’ambito dell’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) di cui al D.P.R. 59/2013.
In aggiunta, la cornice normativa statale principale è nella L. 30 marzo 2001, n. 130, dove:
  • L’art. 5 rimanda a decreto interministeriale per la fissazione del sistema tariffario, oggi con valori massimi per il territorio italiano, da adottare in ogni Comune.
  • L’art. 6 comma 1 affida il compito di pianificazione delle installazioni dei crematori alle Regioni, con almeno un impianto in ogni territorio regionale.
  • L’art. 8 rimanda a decreto interministeriale che fissi prontamente le caratteristiche tecniche dei crematori e della cremazione.
Allo stato attuale risulta presente la normativa statale tariffaria (D.M. 1/7/2002 e D.M. 16/5/2006). È invece assente quella tecnica statale specifica per i crematori, che la legge prevedeva dovesse essere emanata entro il 2001.

Circa la pianificazione regionale si ha una variegata situazione diversa da regione a regione e in taluni casi da provincia in provincia. In assenza di pianificazione regionale, la localizzazione del crematorio è libera come scelta di comune, pur sempre entro un cimitero, fatte salve le norme specifiche vigenti e comunque su base autorizzatoria AUA.

Di fronte ai timori delle popolazioni interessate a nuovi insediamenti di crematori, si è sviluppato da qualche anno un fronte contrario alla realizzazione di nuovi impianti, soprattutto per timori legati alle emissioni in atmosfera.

I piani di coordinamento regionali dei crematori

La situazione delle installazioni di impianti di cremazione nel 2022 (ultimi dati noti SEFIT) è in figura 1 per la collocazione e in figura 2 per numerosità di cremazioni totali per impianto.

Figura 1 - Localizzazione dei crematori esistenti

 

Figura 2 - Numero di cremazioni totali per impianto


Sui modi e i tempi adottati a livello regionale per pianificare la installazione di crematori, vi sono differenze. Alcune regioni (Emilia-Romagna, Puglia e Sicilia) hanno puntato sulla delega alle province per la pianificazione dei crematori. Le altre regioni mantengono la propria competenza pianificatoria.

La normativa regionale della Lombardia per coordinare l’installazione dei crematori è stata la prima ad essere emanata e ancor oggi appare tra le più interessanti. Piuttosto completa anche la recente norma dell’Abruzzo. Quella della regione Veneto è fortemente sbilanciata ed eccessiva sull’aspetto emissioni in atmosfera e rende complicato insediare nuovi impianti. Quella del Piemonte è orientata a contenere nuove installazioni, vista la sovrabbondanza di impianti già esistenti. Il recentissimo piano di coordinamento dei crematori in Campania, basato sui criteri della L. 130/2001, prevede un raddoppio delle potenzialità crematorie regionali, con la installazione di ulteriori 6 impianti. è in fase di avanzata discussione, il piano di coordinamento dei crematori della regione Toscana.
La situazione attuale (alla data di fine luglio 2024) è sinteticamente esposta in figura 3, dove è raffigurata la mappa delle scelte pianificatorie regionali per le installazioni di nuovi crematori.

In alcune di queste regioni la scelta del comune di localizzazione dell’impianto deriva dall’emanazione d’un bando di interesse, con successiva valutazione delle proposte dei comuni che si candidano ad accogliere l’impianto.

Diverse regioni, inizialmente, hanno puntato su bacini di ogni crematorio dell’ordine dei 400/500.000 abitanti, con una numerosità di cremazioni con break even point dell’ordine delle 1.200 cremazioni/anno per linea. Tale standard deriva storicamente da valori medi di bacino di popolazione gravitante su ogni crematorio, presi da dati medi europei di una ventina di anni or sono. In realtà l’operatività attuale in Italia, in aree dove la cremazione è in una fase matura, permette di avere a riferimento valori medi tra le 1.500 e le 1.750 cremazioni/anno per linea, mentre il dato di 1.200 cremazioni/anno per linea è valido soprattutto per zone con bassa incidenza di cremazioni totali (cadaveri + resti mortali), quindi nella fase iniziale dello sviluppo di tale pratica funebre.
Se costruissimo una mappa del Paese con un raggio di 30 km in linea d’aria attorno a ciascun crematorio esistente, si potrebbero chiaramente individuare le zone scoperte, dove necessitano impianti in base al criterio della distanza. Criterio che però è da considerare unitamente anche alla situazione orografica e quella delle vie di grande comunicazione, che agiscono rispettivamente in aumento o diminuzione dei tempi di percorrenza per raggiungere il crematorio.

La carenza strutturale della rete italiana di crematori è quindi evidente per l’intero Centro Italia, ad esclusione della Toscana, Sud e Isole, mentre al Nord vi è spazio per pochi nuovi impianti, mentre è necessaria la valutazione del rafforzamento della potenzialità (numero forni) dei crematori già presenti. Altro elemento che aiuta a comprendere dove collocare gli impianti di cremazione è la concentrazione di popolazione o, meglio, la numerosità di defunti annui nel bacino di operatività di ciascun crematorio.

Concludendo, a più di venti anni dall’attribuzione del potere alle regioni di pianificare l’installazione di crematori, resiste la maggior parte dei territori italiani ancora privi dei piani di coordinamento. Hanno ottemperato, e quasi sempre in ritardo, regioni dove nel frattempo la cremazione si era ampiamente diffusa e quindi la pianificazione ha preso atto di scelte compiute da altri e cioè soprattutto dai promotori di finanza di progetto. Ed è evidente che, con la diffusione che ha avuto la cremazione nel nostro Paese, è sempre più necessaria una visione di insieme, di rete nazionale dei crematori e non più solamente del solo coordinamento regionale. Ciò è emerso prepotentemente al tempo della pandemia, ma col crescere della scelta cremazionista è ormai un fatto ineludibile.

Figura 3 - Grado di pianificazione dei crematori in Italia

In verde sono indicate le regioni che hanno adottato una normativa di pianificazione dei crematori. In alcuni casi anche eccedendo rispetto ai limiti fissati con legge all’art. 6 della L. 130/2001.

In nocciola le regioni dove si ha una pianificazione provinciale in buona parte operativa.

In rosa le regioni dove vi è un blocco della possibilità di realizzazione di crematori fino alla adozione del piano regionale di coordinamento.

In grigio le regioni dove si possono installare impianti senza particolari condizionamenti regionali (vi è inserita anche la Puglia, la quale sembra abbia deciso le localizzazioni nella sola provincia di Lecce).
 
Daniele Fogli

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