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LA TANATOPRASSI

CONCLUDERE IL TRATTAMENTO: SUTURE, TAMPONAMENTO E VESTIZIONE

Terminati la iniezione arteriosa e il prelievo generale, il corpo del defunto è saturo di soluzione antisettica e svuotato di una parte del suo sangue, dei diversi umori, delle materie e dei gas. I tessuti hanno ritrovato una certa tonicità e il viso ha assunto una fisionomia più familiare.
Nonostante ciò, non è ancora pronto per essere esposto e vegliato dai familiari. L’operatore deve ancora svolgere alcuni atti per concludere il trattamento: suturare i punti d’incisione, tamponare, ma anche vestire, truccare e pettinare il defunto.
L’iniezione e il drenaggio hanno costretto il tanatoprattore ad eseguire piccole operazioni chirurgiche sul corpo al fine di accedere al sistema arterioso, al cuore e alle viscere delle cavità toracica e addominale. L’incisione realizzata per la ricerca, per l’esteriorizzazione e per la preparazione dell’arteria, così come il foro lasciato dalla punta del tubo di prelievo, sono certamente minimi, ma necessitano comunque di solidi punti di sutura. È importante eseguire bene questi punti di incisione per evitare fuoriuscite dei liquidi iniettati durante ulteriori manipolazioni (trasporto del corpo non ancora nel feretro, posizionamento del defunto nel cofano per l’esposizione, …). La tecnica più utilizzata in Francia per ricucire questi punti di apertura consiste nel realizzare una sutura con ago e filo chirurgici. Esistono differenti punti ai quali si può ricorrere: punti di N, in Z, da materassaio, sutura a sopraggitto, a spiga o a punti staccati. Bisogna realizzare una sutura che deve essere stagna e il più estetica possibile (soprattutto quando il defunto ha vestiti scollati e l’iniezione è stata fatta a livello dell’arteria carotidea). Chiuse le zone di incisione, il tanatoprattore si dedica ai punti dall’iniezione intravenosa o ai piccoli tagli cutanei suscettibili di provocare perdite. Una piccola goccia di adesivo sotto forma di gel consente di rendere subito stagni questi piccoli fori. Anche le piaghe vengono trattate e i bendaggi rifatti.
Ma il cadavere non è ancora al sicuro da ipotetiche fuoriuscite di liquidi e di materiali biologici: occorre ancora tamponare gli orifizi naturali per garantire l’impermeabilità del corpo. Il setto nasale, la bocca, la trachea, l’ano e la vagina sono vie di evacuazione naturale per i liquidi e per le materie biologiche. Il prelievo dalle cavità toracica e addominale ha avuto come obiettivo quello di aspirare il contenuto delle viscere, ma il tanatoprattore non può avere alcuna certezza di aver aspirato tutto. È quindi indispensabile tamponare gli orifizi naturali per evitare qualsiasi reflusso di fluidi, di liquidi o di altre materie. Se le secrezioni biologiche presentano un rischio sul piano sanitario (contaminazione di agenti patogeni), rilasciano anche odori sgradevoli, spesso nauseabondi, che possono disturbare i familiari durante l’esposizione e mandare così a monte il lavoro svolto. Con l’aiuto di una lunga pinza senza denti l’operatore introduce nella fossa nasale del cotone che può essere impregnato con un prodotto disinfettante. Obiettivo è quello di introdurne il massimo possibile in modo che vada a creare un vero e proprio tappo. Il tanatoprattore imbottisce anche la cavità orale di cotone assicurandosi di spingerlo ben fino in fondo alla gola: bisogna evitare ogni eventuale rigurgito (catastrofico per la riuscita del trattamento) durante le manipolazioni (sistemazione del corpo nel cofano e trasporto) o durante l’esposizione del corpo. Il tamponamento dovrà essere invisibile ad occhio nudo e i filamenti di cotone non dovranno creare palline sul vestito e non dovranno attaccarsi ai baffi. Poi occorre chiudere definitivamente la bocca, se non lo si è già fatto all’inizio dell’operazione, e riposizionare le labbra in maniera il più naturale possibile per ridare al defunto una espressione familiare. Se la bocca e le narici sono oggetto di un tamponamento sistematico, l’ano, così come le zone genitali e urinarie, è spesso protetto con un semplice assorbente sul quale si applica un prodotto deodorante. Solo i casi più difficili (fuoriuscita permanente delle feci per esempio) richiedono necessariamente un tamponamento più efficace.
Se la persona deceduta portava uno stimolatore cardiaco, l’operatore procede alla sua rimozione prima di iniziare la vestizione. In Francia è un obbligo legale. Qualsiasi stimolatore cardiaco o protesi che contengano radioelementi artificiali devono essere rimossi dal tanatoprattore o dal medico prima che il defunto venga inumato o cremato. Con la lama del bisturi l’operatore incide la pelle a livello della protesi cardiaca elettronica e cerca il pacemaker aiutandosi con la pinza da dissezione dotata di denti. Con una pinza tagliente seziona la sonda metallica che collega la protesi al sistema cardiaco e la rimuove. Poi sutura attentamente l’apertura con un punto. In Francia la legge obbliga l’operatore che ha espiantato lo stimolatore cardiaco a occuparsi del suo smaltimento, vincolandolo così a rivolgersi agli specialisti che si occupano della raccolta, del riciclo e dell’eliminazione degli scarti dei trattamenti. A questo punto possono avere inizio i preparativi estetici.
La vestizione di un defunto richiede precisione, abilità e tecnica. Un uomo muscoloso e sportivo avrà sicuramente meno difficoltà di una donna piccola e minuta a manipolare questa massa corporea immobile, ma senza basi tecniche sarà uno sforzo inutile. Vi sono naturalmente defunti più o meno facili da vestire. Va da sé che la corpulenza del defunto, la qualità e la forma dei vestiti sono variabili e possono complicare questa operazione. Il corpo non presenta più rigidità cadaverica perché è stato oggetto di esercizi di estensione, di flessione e di rotazione per romperne la rigidità prima e durante la fase di iniezione arteriosa. Al contrario, però, è pieno di soluzione conservativa, è stato “ricucito” in alcuni punti, le palpebre e le labbra sono state posizionate e chiuse. Bisogna quindi manipolarlo con precauzione. In Francia i defunti sono per la maggior parte vestiti con i propri abiti, cosa che non accade invece negli Stati Uniti, dove i funeral directors propongono alle famiglie una gamma di vestiti appositamente concepiti. Si tratta di abiti aperti sulla schiena che si chiudono con un sistema di allacciamento speciale o con una chiusura in velcro. Questo genere di articoli è commercializzato anche in Francia, ma è ancora poco venduto. Il tanatoprattore francese deve quindi adattarsi ai vestiti scelti dal deceduto o dalla famiglia e conoscere i gesti da compiere per poter mettere su un corpo immobile e in posizione supina abiti concepiti per essere infilati in verticale da un individuo vivente.
L’operatore inizia col mettere al defunto la biancheria. Gli slip sono posizionati sopra l’assorbente e i calzini infilati facilmente. L’aggancio del reggiseno richiede qualche operazione per posizionare il più naturalmente possibile il petto della defunta. I collant, i pantaloni o la gonna sono fatti passare sollevando una gamba dopo l’altra. Quando l’insieme del vestito è infilato su entrambe le gambe, l’operatore prende con una mano i due piedi, li solleva, e fa scivolare con l’altra mano il tessuto sotto la zona dei glutei, che per effetto del movimento si sono alzati. Il peso del corpo rende a volte difficile questa manipolazione. Per quanto riguarda la camicia, la giacca o il vestito, la tecnica di vestizione consiste nel far passare i vestiti sopra la testa per poi farli scivolare lungo la schiena. Per farlo il tanatoprattore si mette accanto al braccio dal quale deve far passare la manica del vestito. Flettendo l’arto verso la testa infila il pugno nell’apertura del tessuto e chiude i bottoni attorno al polso (camicia e giacca). Compie poi la stessa operazione sul secondo braccio. Chiusi i bottoni e infilate le maniche fino alle spalle (a questo punto il dietro del vestito di trova sul ventre del defunto con l’apertura della testa rivolta verso i suoi piedi), l’operatore solleva il busto e fa passare il vestito con un gesto brusco, poi abbottona la camicia, la giacca e fa il nodo all’eventuale cravatta oppure sistema correttamente il taglio del vestito sul corpo della defunta. A volte accade che il deceduto sia troppo corpulento e quindi troppo difficile da sollevare. La sola tecnica per poterlo vestire senza doverlo spostare consiste allora nel tagliare con delle forbici la schiena del vestito per farne una tunica all’americana. Capita anche che l’abito, quando è di mediocre qualità o troppo usurato, si rovini.
Una volta messi e sistemati i vestiti il tantoprattore posiziona correttamente sul petto le mani del defunto mettendole una sull’altra o incrociandole. Il loro posizionamento è fatto con grande attenzione perché il fatto di incrociare le mani di un morto ha una forte connotazione religiosa e può essere mal vissuto delle famiglie. Presso i cattolici, infatti, la tradizione vuole che si incrocino le dita delle mani e che vi si ponga un oggetto devozionale (rosario o croci). A volte le famiglie danno indicazioni di non unire le mani del defunto, ma di lasciarle lungo il corpo. Le mani sono, come il viso, una parte visibile che i familiari guarderanno con attenzione: devono quindi essere curate minuziosamente. Se non è stata fatta una manicure in occasione della pulizia iniziale del corpo, l’operatore colmerà adesso questa lacuna. Un trucco leggero perfezionerà l’estetica delle mani e del viso. Se il morto ha recuperato tratti più familiari e una colorazione più naturale grazie all’iniezione del fluido e alla saturazione dei tessuti, il suo colorito non è però esattamente quello di una persona vivente. L’applicazione di cosmetici permetterà quindi di perfezionare le espressioni del viso e di ricreare discretamente le zone d’ombra e di luce per dare l’illusione che il corpo abbia definitivamente ritrovato la propria personalità.
Una fase tecnica essenziale che tratteremo il mese prossimo!

 
Mélanie Lemonnier
(traduzione a cura di Nara Stefanelli)

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