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In cammino con gli Angeli

Intervista alle prime donne portantine in Italia che da un paio di anni hanno avviato con successo la loro innovativa attività.

Se a volte si indugia a “discutere sul sesso degli angeli” adesso finalmente è arrivata una risposta inequivocabile che mette a tacere ogni dubbio: gli angeli appartengono al sesso femminile e si chiamano Chiara, Daniela, Evelyn e Jessica. Sono le prime donne nel nostro Paese ad esercitare la professione di portantine e hanno chiamato la loro società “Gli Angeli”, un nome dal forte impatto emozionale che rimanda alla delicatezza del compito ma anche alla dolcezza e alla sensibilità connaturate all’essenza femminile.

Abbiamo voluto chiamarci “Gli Angeli” – ci spiega Evelyn Marascio che abbiamo intervistato qualche settimana fa – perché riteniamo che accompagnando la salma nel suo ultimo viaggio con la grazia e la gentilezza che solo una donna sa infondere, possiamo trasformare una cerimonia triste e dolorosa in un vero e proprio rito di passaggio denso di significato ed emotività.
In un periodo come questo in cui trovare un lavoro è un miraggio pressoché irraggiungibile, avete anche avuto il merito, l’intelligenza e la caparbietà di inventarvene uno. Qual è stata la genesi di questo percorso?
Come spesso succede tutto è avvenuto abbastanza casualmente, da una iniziale idea balenata a mio marito, Carlo Pussetti, anni orsono. Sembrava quasi uno scherzo o una sorta di ‘mission impossible’, ma un po’ alla volta, non senza sacrifici e con una adeguata preparazione,
siamo riuscite a formare la squadra. Oggi oltre a me e a mia figlia Jessica Pizzinga, ci sono Chiara Boltri e Daniela Trifan e presto si aggiungeranno altre ragazze, perché fortunatamente le richieste non mancano. Veniamo da esperienze diverse, chi dal settore turistico, chi da quello della ristorazione, unite dalla voglia di fare e di metterci in gioco per essere imprenditrici di noi stesse.
Com’è stata l’accoglienza da parte della comunità?
Indubbiamente molto positiva. Abbiamo iniziato un po’ in sordina, un paio di anni fa. Operiamo nel torinese e prima di tutto abbiamo dovuto conquistare la fiducia degli impresari. Sono comunque state le famiglie a fare la differenza, ad attribuire al nostro servizio un valore aggiunto. Noi arriviamo in punta dei piedi, cercando di renderci invisibili per rispetto al dolore, ed è forse proprio per questo che veniamo notate e apprezzate da tutti, ricevendo puntualmente complimenti e ringraziamenti che non sono mancati fin dal primo funerale.
Ai portantini viene in genere richiesta una certa prestanza fisica: l’essere donne vi ha causato qualche difficoltà in questo senso?
Non si può certo dire che portare a spalla un feretro sia un lavoro leggero o che le donne siano pari agli uomini in fatto di forza fisica, soprattutto in certe circostanze come quando ci troviamo a che fare con casse fuori misura, o con trasporti da piani alti o altre situazioni decisamente complicate, ma alla fine siamo sempre riuscite a ad assolvere al nostro compito. Questo tuttavia è solo un aspetto del nostro lavoro, l’essere donna comporta altri risvolti positivi: la donna prima di tutto è madre, la figura chiave, un punto fermo, quella che a volte soffre ma sempre con il sorriso sulle labbra. E questo evidentemente lo trasmettiamo all’esterno e ci è capitato spesso che le  persone in quei momenti di particolare sofferenza si rivolgano a noi  anche per una parola di conforto. Pensiamo che i funerali andrebbero eseguiti con maggior rispetto, sensibilità e professionalità. Ed è esattamente ciò che noi ci impegniamo a fare ad ogni servizio.
Immaginiamo che in questi due anni di attività vi sarà capitato qualche episodio degno di essere citato…
Non dimenticherò mai la prima volta che abbiamo fatto un funerale - racconta Evelyn. - Eravamo davanti alle camere ardenti, quando arrivò il carro funebre. L’autista non vedendo i portantini chiese se per caso fossero in ritardo e quando gli fu riferito che i portantini eravamo noi …  rimase letteralmente a bocca aperta tanto fu il suo sbalordimento. Ci chiese poi di fare una foto insieme a noi, vicino alla sua auto funebre e so che la tiene tutt’ora come sfondo del telefono!.
Per la peculiarità della loro professione di queste quattro intraprendenti signore se ne è occupata ampiamente la stampa locale e nazionale, oltre a quella di settore, tanto che anche Daniela Ruffino, vice presidente della Regione Piemonte, ha voluto incontrarle. Una scelta lavorativa come questa non dovrebbe stupire e fare notizia più di tanto – le donne sono infatti presenti in modo sempre più determinante in moltissimi ambiti ritenuti di esclusiva pertinenza maschile (ingegneri, camioniste, soldatesse, dirigenti di aziende multinazionali, ministre… giusto per fare qualche esempio) – ma evidentemente quando si tratta di attività legate alla tematica della morte i tabù raddoppiano e sono pertanto ancora più radicati e duri a cadere.
 
Raffaella Segantin


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