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BOTTA... E RISPOSTA

Chi conosce Alfonso De Santis, personalmente o attraverso i suoi scritti, sa bene che è un uomo caparbio, tenace, dalla forte personalità, convinto delle proprie idee, giuste o sbagliate che siano, pronto a battersi per sostenerle fino in fondo. A noi piace questa sua capacità di dire sempre quello che pensa, anche a costo di apparire impopolare, e, pur se qualche volta possiamo non essere d'accordo con lui, riteniamo, confortati in questo dalle numerose testimonianze dei nostri lettori, che i suoi interventi sulle pagine di questa rivista costituiscano un utile momento di riflessione e di dibattito per la categoria. L'articolo di De Santis pubblicato lo scorso mese ha provocato due interventi di risposta. Li troverete qui di seguito, così come troverete la replica del nostro esuberante amico di Foggia.
c.p
Egregio Direttore,
penso rammenti il nostro colloquio all'interno dello stand di Tanexport, a Parigi, quando alla sua domanda di cosa ne pensassi della rivista da Lei diretta, fui abbastanza chiaro nel farle capire che in Oltre ben poco si parlava delle questioni del settore funerario, salvo l'abbondante pubblicità, condita da un paio di articoli ricorrenti, uno a firma del Prof. Campione che ci intrattiene sui problemi psicologici attinenti il lutto e uno a firma di De Santis p.i.f. Alfonso.
Forse ora, che è pienamente maturata ed esplicitata l'alleanza con Federcofit, qualche piccolo cambiamento potremo vederlo in futuro.Ero stato altrettanto chiaro nel giudicare di infima qualità non tanto la prosa, quanto i contenuti della rubrica del citato p.i.f. (che sta per perito impresario funebre), avendone la rivista tutto da guadagnare nel trovarsi altri "esperti". Solo dalla lettura dell'ultimo numero di luglio/agosto 2002 di Oltre comprendo i motivi per i quali il suddetto p.i.f. continua a suonare il piffero e cioè che non è pagato per quel che scrive!
Contrariamente a quanto Le dissi, e cioè che non intendevo replicare agli scritti di tale persona, mi tocca ora chiederLe di rettificare o far rettificare, una delle miriadi di inesattezze contenute nell'articolo a firma del suddetto p.i.f. "Stampa di settore, …" e non tanto sui contenuti, in quanto non ne vale la pena, ma sul fatto che la rivista I Servizi Funerari non è per niente morta (guarda guarda, questo p.i.f. non avendo più materia prima fa morire anzitempo pure le riviste, per racimolare qualche funerale), ma ha cambiato editore e principale sistema di diffusione (allego, per i miscredenti, l'articolo che lo chiarisce).
L'occasione mi è gradita per informare Lei e il "suo" p.i.f., che mi ha portato all'onore delle cronache come "il padre putativo del progetto di riforma del regolamento di polizia mortuaria nazionale", che dopo sette anni di duro lavoro lobbistico per modificare la normativa di settore in modo da essere aderente ai bisogni di Comuni, imprese pubbliche, cittadini senza tutela, non senza comprendere in molti casi anche le ragioni dell'imprenditoria funebre privata e dei costruttori, è possibile che qualche cedimento… alla verità mi possa essere perdonato.
Dai suoi scritti sembrava che la verità fosse una prerogativa del citato p.i.f. e che i cinque dell'Ave Maria, Fogli, Melis, Miazzolo, Samoggia, Scolaro (in rigoroso ordine alfabetico), fossero in realtà degli emeriti imbroglioni per l'intera categoria degli impresari funebri. Orbene, rilevo che mancano all'appello Caciolli, Leanza, Zaffarano, o al p.i.f. Lei direttore non ha ancora chiarito per chi sta scrivendo. Ma forse manca all'appello qualcun altro, questa volta il vero padre putativo dell'attuale cambio di impostazione della normativa funebre, e cioè quel Cerato che, dietro le quinte, sta conducendo in porto la sua barca a vela. A proposito, caro direttore e altrettanto "caro" p.i.f., fate anche Voi gli scongiuri!!! Non ce n'è uno di regolamento di polizia mortuaria nazionale che, iniziato bene (per una sola parte lobbistica), non finisca male!


Ing. Daniele Fogli


Egregio dott. Pezzino,
in difetto di un indirizzo di posta elettronica del direttore responsabile, mi rivolgo a Lei quale direttore editoriale, per segnalarLe che, avendo più volte occasione di leggere Oltre Magazine, ho dovuto notare come vi siano interventi che in più occasioni si collocano al di sopra delle righe, segnatamente a firma di Alfonso De Santis.
Coloro che scrivono normalmente intendono esprimere il proprio pensiero, cosa che costituisce un fatto del tutto importante in ogni ambiente, ma sarebbe auspicabile che il pensiero fosse rivolto al confronto sui contenuti, i quali non necessariamente debbono essere condivisi, e fosse espresso nei limiti del buon gusto e del rispetto delle persone, cosa che non sempre è presente.
Evidentemente, i limiti del buon gusto costituiscono aspetto abbastanza soggettivo, spesso qualificante della persona di volta in volta interessata. Glielo segnalo in quanto un direttore responsabile (ma anche il direttore editoriale) ha la responsabilità dei testi pubblicati rispetto ai quali dovrebbe sentire la responsabilità di farsi garante per molti motivi, uno dei quali la qualità della pubblicazione di cui sia responsabile. Cordialmente.
Dott. Sereno Scolaro


Ero (come impresa di famiglia) uno degli abbonati alla "pregevole rivista tecnico-giuridica settoriale" (sono queste le parole da me usate nell'articolo di luglio), edita da Maggioli e diretta dall'ing. Daniele Fogli, I Servizi Funerari. Il mio abbonamento (riferito a 4 numeri e non all'anno solare) sarebbe scaduto con il n. 1/2002 (essendo iniziato con il 2/2000, reiterato nel 2001), ma prima che inviassi l'importo per l'annata successiva mi pervenne la comunicazione dall'editore Maggioli con la quale mi si invitava a non effettuare il rinnovo causa l'avvenuta cessazione della pubblicazione, evento del quale, peraltro, mi rammaricavo, deprecando il mancato sostegno da parte di impresari funebri, Comuni e (aggiungo oggi, essendomi sfuggito a luglio) ASL.
Con una lettera del 13 agosto scorso, inviata al direttore di Oltre Magazine, l'ing. Fogli lamenta il fatto che nel citato articolo abbia dato per "morta" la "sua" rivista. Se non è morta dovrebbe essere viva, ma dove sia nessuno sa (proprio come l'araba fenice). Ormai siamo in settembre. Dovrebbero essere usciti già tre numeri.
Il n. 1 mi spetta di diritto per esserne in credito. Il 2 e 3 vorrei comprarli, ma non so dove. Cortesemente me lo faccia sapere, ingegnere, altrimenti non mi rimane che fare un appello a "Chi l'ha visto?". Se poi volesse benignamente farmi rimborsare anche l'importo dell'ultimo abbonamento inviato alla "sua" precedente creatura Nuova Antigone, venuta a mancare improvvisamente, quella sì, in tenera età, le sarei immensamente grato!
Sa, un p.i.f. (perito impresario funebre), quale lei benevolmente mi qualifica, ha sempre da imparare e non si vergogna di ammetterlo. Solo chi ritiene di non avere nulla da imparare pecca di presunzione. Per la cronaca, però, sento il dovere di precisare che non sono "perito", sia perché non sono defunto, sia perché non ho frequentato scuole ad indirizzo tecnico-industriale.

Ho una modestissima licenza liceale che mi ha consentito di essere insignito (senza averlo mai sollecitato, né giammai mi sarei sognato di farlo, conscio dei miei limiti) della nomina a Membro Associato della antica e prestigiosa Accademia Tiberina (insieme a quella dei Lincei e della Crusca, fra le più importanti d'Italia) - che annovera studiosi di chiara fama in tutti i campi dello scibile - per la mia attività "giornalistica" dilettantistica esercitata fin dai banchi di liceo. Ed ora, pensionato, di raccogliere lusinghieri successi dalla partecipazione a concorsi letterari, come il noto La parola e l'immagine, annualmente organizzato da Fenacom e giunto quest'anno alla XX edizione. Fra l'altro, negli ultimi tre anni, ho scritto e pubblicato due libri (il terzo è in cantiere) che costituiranno una traccia indelebile del mio "passaggio".
E, per quanto anche questi potrebbero essere di "infima qualità", come diceva Plinio "nullus est liber tam malus, ut non aliqua parte prosit". Traduco per chi potrebbe non avere dimestichezza con le belle lettere: non v'è libro tanto cattivo, che in qualche parte non contenga alcunché di buono.
Non so quanti ne abbia scritto e pubblicato l'ingegnere che, tuttavia, avrebbe potuto usare aggettivazioni più comunemente pertinenti alla mia trascorsa attività di impresario funebre, come becero o squallido, che non mi avrebbero scalfito più di tanto, come non mi offende il "perito", per il sol fatto che mi sono sempre "onorato" di avere svolto la mia professione nel rigoroso rispetto dell'etica professionale.
Scelta soggettiva e difficile ma radicata e convinta, che mi ha consentito di non dover mai ricorrere a "mezzucci" o espedienti da improvvisatore o da arrivista per "racimolare" (come lui paventa) qualche funerale in più.
Un grave errore ho commesso: quello di avere attribuito la "paternità" della bozza del regolamento di polizia mortuaria, elaborata ai tempi della "Ministra" Bindi, all'ing. Daniele Fogli il quale, incavolato, ha preso carta e penna (o computer) ed ha scritto al mio direttore per recriminare e pretendere una giusta e doverosa rettifica. Vengo a Canossa, ing. Fogli! Con il capo cosparso di cenere, contrito e genuflesso, chiedo perdono a lei ed a tutti coloro che leggono questa rivista per l'affronto che mi sono permesso di portarle.

Se vuole lavare col sangue l'onta subita, sono pronto ad immolarmi in un duello all'ultimo sangue all'arma bianca! Ma anche lei ha commesso un grossolano errore - mi consenta - allorquando si è arrogato il diritto di suggerire al direttore della rivista Oltre Magazine di rivolgersi ad "altri esperti" per la stesura degli articoli di carattere settoriale "avendone tutto da guadagnare". Non immaginavo che l'ingegnere facesse anche l'indovino! Dando per certo che con articoli di "altri" (chi, per esempio?), in sostituzione dei miei, la rivista ci guadagnerebbe.
Peccato che la gran parte del popolo di Oltre non conosca i suoi articoli (sicuramente di grande levatura), altrimenti la sfiderei ad affrontare un sondaggio per verificare l'indice di gradimento da parte dei lettori. Tuttavia una verifica la si può ottenere (con l'ausilio del direttore) invitando, appunto, i lettori di questa rivista ad esprimere, con un brevissimo cenno di assenso o di dissenso (basta anche un sì oppure un no), il proprio parere sui miei interventi.
Che, per quanto mi consta, pur essendo classificati da lei (e da lei soltanto) di "infima qualità", sono letti, apprezzati, seguiti, condivisi, perfino attesi da tanti (ex) colleghi impresari funebri. È per loro che scrivo, per i p.i.f. come me (dove p. sta per piccolo), i quali si sentono pienamente capiti nelle loro difficoltà, nelle loro ambasce, nella loro impotenza, si sentono rappresentati di fronte alle pretese "lobbistiche" di certi "poteri forti" (come li definì l'arrendevole Miazzolo), rappresentati dalla burocrazia spocchiosa, onnisciente e invadente.
In un dei miei prossimi articoli (ne ho tanta di materia prima!) citerò una frase pronunciata da un prelato: "fa più danni la burocrazia che la mafia". Sono certo che, pure se di "infima qualità", anche lei, che non è un p.i.f. ma un v.e.s. (vero esperto settoriale), continuerà a leggerli, perché sono la voce schietta e genuina della categoria dei "piccoli" impresari funebri italiani che vedono il loro sacrificio di decenni di dedizione e di rispetto delle regole deontologiche depauperato e vanificato dall'avvento di una valanga disordinata e imprevedibile di leggi e leggine regionali e comunali, inventate da burocrati di provincia in vena di eccentricità, che ostacoleranno lo svolgimento del loro consueto lavoro al servizio delle collettività.

Le "miriadi di inesattezze" da me scritte sono il frutto della mia esperienza professionale e della lotta senza quartiere combattuta contro la insulsaggine di certi burocrati della mia città, di cui leggerà in un altro dei miei prossimi articoli (come vede la materia prima non mi manca). Se sono inesattezze per lei, sicuramente sono "vangelo" per gli imprenditori funebri privati.
Non per niente le nostre posizioni sono diametralmente opposte, non per niente non sono più nella dirigenza della Feniof, l'unica organizzazione "corporativa" privata disposta a subire le prevaricazioni "lobbistiche" dei Comuni schierati a difesa della loro invadenza nel settore funerario attraverso le loro "imprese pubbliche", autentici carrozzoni politico-partitocratico-clientelari, che hanno mietuto successi nel passato sfruttando le risorse della collettività.
Se fossi stato presidente di Feniof avrei mobilitato la categoria e l'avrei incitata perfino alle "barricate" ( come abbiamo quasi fatto nella mia città), per difendere i nostri interessi e la nostra qualificazione. Sì, ingegnere, ha letto bene: interessi e qualificazione! Ma io sono nessuno e, al di là della facile retorica, mi sento vecchio e stanco. L'ultima, l'unica arma rimastami è la penna. La userò fino a quando avrò qualcosa da dire - che piaccia o meno ai cinque dell'Ave Maria (veramente i miei Pigmalioni erano quattro) - oppure fino a quando il direttore e l'editore di Oltre Magazine mi inviteranno a smettere.
Non ho mai pagato una sola lire bucata per acquisire un funerale, non pretenderò mai un centesimo annerito di euro per la mia modesta opera al "servizio" della categoria. I mestieranti della penna, invece, piuttosto che svelare agli ignari sostenitori della Feniof l'ammontare del loro appannaggio di "liberi professionisti", arzigogolano sulla presunta mancanza di "buon gusto" da parte di chi firma queste note che, lungi dal pretendere di essere l'unica verità, non sono altro che "il pensiero di…". Il mio "buon gusto" si estrinseca a tavola.
Quando si tratta del mio lavoro di (ex) impresario funebre abbandono buone maniere e aplomb. Facilmente perdo le staffe e mando… "al diavolo" chi avrebbe dovuto agire per la tutela della categoria e non l'ha fatto a tempo debito o chi dall'esterno si arroga il diritto di suggerire le regole del nostro "modus operandi" (mi sia concesso lo sfoggio di erudizione; eleva l'infima qualità della mia prosa). È una reazione viscerale allo scempio che si sta consumando sulle nostre teste.
Da anni si studia, si parla, si disserta, si progetta, si attende, mentre quel poco di buono che c'era nel nostro settore viene sacrificato sull'altare delle belle speranze. Ma questo è un argomento che a voi, facoltosi pensionati di enti locali, attuali "liberi professionisti", non interessa. Siamo noi a piangere sul nostro diuturno impegno, non più adeguatamente remunerato a causa della smisurata proliferazione degli ultimi anni (grazie al decreto Bersani - complice l'inerzia di Feniof), della mancata programmazione, della mancata esclusione dal commerciale e della assenza di leggi di tutela del nostro pregresso patrimonio professionale.
 
Alfonso De Santis

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