- n. 5 - Maggio 2010
- Fiere
A Düsseldorf, dal 13 al 15 maggio
Befa 2010
Una primavera avanzata che di tale aveva, visto il tempo uggioso che ci ha accompagnato sino all’ultimo giorno, soltanto il nome, ci ha accolti nella capitale della Renania del Nord - Westfalia, il Land più popolato di Germania (18 milioni di abitanti di cui 6 solo nell’area della Ruhr; la quarta agglomerazione europea dopo Mosca, Parigi e Londra) che assicura più del 20% delle esportazioni del Paese. Una zona chiave, dunque, per l’economia tedesca e come tale quasi predestinata ad accogliere manifestazioni fieristiche di ampio respiro tanto più che essa dispone di un centro espositivo di grande qualità a pochi minuti dal centro città. Tant’è che vi si organizzano oggi manifestazioni di fama mondiale come la ben nota “Medica”, rassegna annuale di tutto quello che riguarda il mondo della salute risultato dalla fusione tra la preesistente, omonima, fiera di Düsseldorf con “Interhospital” di Hannover. È dire dell’intelligenza dei nostri amici teutonici che, anziché disperdersi e moltiplicare le fiere (vedi la Polonia dove ce ne sono ormai tre, ma pare anche che in certe contrade provinciali del “profondo Nord” pedemontano italico vi siano velleità serpeggianti), hanno il buon senso di farne una ed una sola. Annuale in questo caso vista l’importanza del settore. E ciò senza che nessuno si lamenti per una frequenza troppo elevata.
Nel mondo funerario tale ritmo sarebbe probabilmente insostenibile a meno che non si tratti, come negli Usa, di una “fiera-convention” con problematiche proprie (elezioni annuali, …) che ne giustificano ampiamente la ragion d’essere. Approfittiamo dell’occasione per ricordare che in ottobre si terrà alla Nuova Orléans (o Nouvelle Orléans o New Orleans che dir si voglia), nella disgraziata Louisiana (tra uragani Katrina e maree nere BP i nostri “cajuns” si ritrovano sempre con qualche gatta, severa, da pelare), la NFDA capeggiata dalla sempre attivissima Deborah Andres. L’amica Debbie era del resto impegnata ad Hong Kong nell’esposizione colà organizzata, negli stessi giorni di Befa, assieme a Wilson Tong e alla quale Tanexpo era egualmente presente. Appuntamento dunque in autunno nel “Vieux Carré”, il quartiere francese, per ascoltare o, meglio, per respirare jazz & blues nella capitale di tali generi musicali dopo essersi rifocillati con le corroboranti ed infuocate pietanze della cucina “cajun”.
Si parlava di Düsseldorf. La città, adagiata sul bordo del Reno, rimane, pur nella sua dimensione considerevole, estremamente vivibile grazie agli ampi spazi verdi che la ornano, alla sobria bellezza dei suoi palazzi, alle opulente dimore borghesi del lungo Reno, all’ordine e alla pulizia che generalmente vi regnano. L’avverbio “generalmente” non è casuale visto che ogni regola ha la sua eccezione. Rappresentata in questo caso dal quadrilatero del centro storico dove, all’imbrunire, si riversano, in una bolgia quasi goliardica, giovani e meno giovani per affollare le strade che lo attraversano e soprattutto le innumerevoli, e spesso storiche, birrerie dove si degusta la famosissima birra locale, la “Alt”. Si tratta di un nettare ambrato, ad alta fermentazione, che riunisce in sé la freschezza sbarazzina della “lager” alla austera serietà delle “ales” britanniche. Come tutti non sanno, una simpatica guerra di campanile vede coinvolte, da decenni, le due città vicine di Düsseldorf e Colonia. La ragione di tale agonismo risiede proprio nella birra visto che nella seconda si prepara la “Kölsch” (dal nome tedesco di Colonia, Köln) che i locali considerano largamente superiore a quella dei vicini più a Nord. Al punto da sostenere che se la Alt presenta il suo caratteristico colore bronzeo ciò sarebbe dovuto all’ottusità dei “düsseldorfer” che non avrebbero ancora capito che per preparare la loro birra non bisogna attingere dal contaminato Reno l’acqua necessaria alla sua fabbricazione. Al che i rivali renani, ma soprattutto i bavaresi, rispondono dileggiando l’abitudine di consumare la Kölsch in bicchierini cilindrici (pessima abitudine che ha attecchito anche nella capitale del Land) da 0,20 litri (chiamati “Stangen”) o addirittura da 0,10 litri (ed in questo caso il loro nome è “Stösschen”)! Al punto che i critici, tra i quali volentieri ci annoveriamo, preferiscono parlare, soprattutto per quanto riguarda questi ultimi, indegni, contenitori di “reagenzgläser” e cioè di provette da laboratorio. Ciò detto i nostri favori vanno alla Alt soprattutto quando essa accompagni le pietanze locali tra le quali si distinguono, per la loro varietà, le innumerevoli proposte di würstel. Bel matrimonio estremamente gradito ai palati dei discendenti dei sudditi delle vecchie province dell’impero asburgico. E forse non solo ad essi…
Ritornando alla Befa l’impressione è stata che l’edizione 2010 abbia segnato un ritorno ad un livello qualitativo, oltre che di partecipazione di espositori e visitatori, degno di un grande paese come la Germania. Avevamo partecipato per la prima volta a tale manifestazione nel lontano 1995. Ogni edizione successiva ci aveva dato la sensazione, molto netta, di una progressiva involuzione che sembrava ineluttabile. È con una certa sorpresa, quindi, che quest’anno abbiamo ritrovato una Befa all’altezza e, senza peccare di immodestia, se lo diciamo noi che organizziamo quella che è la fiera leader del settore, ebbene forse si potrebbe pensare che quanto affermiamo abbia una certa fondatezza. Complimenti quindi agli organizzatori anche se non sono mancati alcuni inconvenienti dovuti ad una certa rigidità dei nostri amici germanici che riescono in certi casi a trasformare le loro qualità in difetti. Al punto che durante l’allestimento era impossibile trovare un responsabile dell’ente fieristico o dell’organizzazione (la Befa, per l’appunto, è la Federazione professionale del paese) per avere informazioni utili su alcuni aspetti tecnici legati all’allestimento dello stand o solamente per avere i pass per l’indomani. Alle cinque del pomeriggio tutti a casa e non se ne parla più! Quanto ai pass non possiamo omettere di segnalare una politica incomprensibilmente detestabile che ne concede un massimo di cinque, indipendentemente dalla superficie occupata dallo stand, e gli altri li fa pagare profumatamente anche se servono a chi deve andarci per lavorare. Credevamo che tale attitudine arrogante se ne fosse andata assieme al non rimpianto presidente di Befa 2005 di cui serbiamo un ricordo sgradevolissimo. Ci sbagliavamo. Altro punto negativo: pur apprezzando la grafica dai colori acidulati e l’animazione su internet, dobbiamo avanzare qualche riserva sul catalogo. Da un lato i colori scelti ne rendono difficile, in certi casi, la lettura; dall’altro la ripartizione nelle diverse sezioni non brilla per semplicità rendendone poco agevole la consultazione.
Venendo all’esposizione propriamente detta abbiamo riscontrato, come si diceva poc’anzi, un netto miglioramento della qualità di tutte le categorie merceologiche. Ciò potrebbe sembrare strano in un periodo di crisi quale quello in cui viviamo; eppure forse proprio in questi momenti occorre dare fondo alle risorse intellettuali ed estetiche per cercare di superare col minor danno possibile la fase delicata. Abbiamo così potuto ammirare una vasta gamma di cofani (molti dei quali non utilizzabili in Italia a causa della regolamentazione propria al nostro paese) frutto, spesso, di una sensibilità all’ambiente ed alla natura particolarmente evidente in certe produzioni. È ben chiaro che i costruttori italiani hanno ancora una volta fatto sfoggio dell’eccellenza dei loro prodotti. Erano presenti (in ordine alfabetico) Europag, con l’architetto Rino Pagotto sul ponte di comando ben assecondato dal figlio Alberto, Ferrari, con il titolare Franco Ferrari e Daniele Mazzolini, Italia In by Stragliotto, con Enrico Stragliotto, Pagotto, con Stefano Barbon. Tutti, a quanto ci risulta, hanno riscosso un franco successo e rientrano soddisfatti della propria partecipazione. Così come è il caso della 3 Bi-R.B. delle Bianchin madre e figlia che hanno affascinato i visitatori con le loro sontuose, sublimi ed originali imbottiture. Veri pezzi unici fatti a mano con tessuti di altissima qualità nel loro atelier di Signoressa nella Marca Trevigiana. A questi livelli il prezzo non conta. Imbottiture come quelle delle Bianchin sono una necessità per un cofano di prestigio, ma lo sono anche per una cassa modesta che ne esce fortemente valorizzata dalla bellezza dell’imbottitura nascondendo quasi la banalità del contenitore. Tra i produttori di accessori abbiamo ritrovato con piacere La Errevieffe di Dalla Chiara, Spaf di Sandrone, Tecnica Press di Moretti e Zorsol con l’inarrestabile Sergio Scanziani ed il sempre attivo Pierluigi Poledri. La cremazione, si sa, è il mercato più “portante” del momento. In tale contesto non poteva mancare la presenza di GEM-Matthews con Fabrizio Giust e tutti i suoi collaboratori. Abbiamo avuto notizia di un importante cantiere ottenuto a Stoccolma, in Svezia, tanto più significativo tenuto conto della severità, a livello di impatto sull’ambiente, di quel paese. Ottima referenza quindi per l’azienda friulana che continua la sua espansione all’internazionale. Ci risulterebbe anche che GEM-Matthews fornirà i primi forni provvisti di sistemi di filtrazione in California, il primo stato degli Usa a richiedere macchine che ne siano provviste grazie alla particolare sensibilità alle problematiche ambientali di quello stato il cui governatore è l’ex attore austriaco, ora anche americano, Schwarzenegger. Ciò in controtendenza, per il momento e finché dura, con le pratiche statunitensi dove, in ossequio al dio dollaro, la protezione del mondo in cui viviamo ed in cui dovranno vivere i nostri figli non è particolarmente sentita.
In un mercato della cremazione in continuo sviluppo in tutti i paesi è evidente che il settore delle urne cinerarie è in ascesa esponenziale. Abbiamo ritrovato con piacere la Völsing che presentava la sua vastissima gamma in uno stand affascinante ed affollatissimo. Tra i connazionali La Cenerina di Falconara Marittima e La Leonessa di Brescia con le loro gamme di alta qualità. Presente anche Valbrenta New Design nello stand del distributore Zorsol. Tra gli altri espositori abbiamo apprezzato la produzione della tedesca Felms Memorial, quella di un importatore tedesco nel cui stand due artigiani della Gambia realizzavano, interamente a mano, urne ricche di contenuti simbolici e rituali in un legno durissimo del loro paese, nonché le urne ecologiche nepalesi e policrome della finlandese Lalupate Oy (“Lalupate” è il nome nepalese di un fiore, mentre “Oy” sta, in lingua finnica, per “srl”) ben proposte da due finlandesi che più finlandesi di così non si può: capelli biondo cenere, quasi bianchi, ed occhi di un azzurro infinito in cui perdersi quasi. Quello stesso azzurro che, scorrazzando da sud a nord di quel paese, ritrovavamo nelle acque delle migliaia di laghi e nei cieli purissimi all’uscire dalle verdi gallerie che attraversano le immense foreste di quella terra affascinante e dove, forse proprio perché l’ambiente forgia i caratteri, la quiete e la pace dominano anche nei comportamenti, sempre civili (eccetto il sabato quando fanno il pieno dell’ottima vodka locale o dell’eccellente birra “Lapin Kulta”, oro della Lapponia, sempre però con uno che, a turno, non beve per riportare a casa gli altri! Altra prova di civiltà) degli abitanti. Ci viene sempre a mente il modo di guidare degli automobilisti finnici sulle strade molto strette che attraversano vasti spazi inabitati. Un po’ come certe piste africane o amazzoniche dove c’è una corsia centrale occupata da chi guida e che presentano sfoghi laterali, spesso sterrati, che permettono a due vetture di incrociarsi o di superarsi nelle rare occasioni in cui se ne presenti la necessità. Ebbene il conduttore finnico non appena vede da lontano nel retrovisore che qualcuno sta arrivando lascia strada, quasi gettandosi sul lato, evitando così quegli squallidi spettacoli ricorrenti sulle strade, e soprattutto sulle autostrade, italiane di colui che si incolla, mettendo a repentaglio la sua e l’altrui vita, alla vettura che lo precede agitandosi, lampeggiando, azionando il clacson, imprecando, gesticolando e quant’altro. Ben triste immagine che soprattutto noi italiani (ma anche tedeschi e svizzeri fuori dal loro paese, a meno che non si tratti, ci viene il dubbio, di italiani con macchine portanti targa straniera…: “Una scimmia vestita in smoking rimane pur sempre una scimmia”, diceva in altri tempi il nostro allenatore di rugby) diamo costantemente a dimostrazione di quel comportamento pecoreccio, da “burino”, di cui spesso i denigratori del bel paese ci fanno carico e che in questo caso ci pare più che ampiamente giustificato. Come pure ci pare azzeccato il gesto, ricorrente e ben codificato, rivolto dalle guidatrici australiane a certi esagitati ai quali esse mostrano un mignolo piegato a significare piccola taglia ed afflosciamento di qualcosa che lasciamo alla fantasia del lettore di meglio definire. Quasi a sottolineare la probabile fondatezza di quelle teorie, frutto della ricerca di eminenti psicologi, che spiegano l’aggressività al volante come compensazione a frustrazioni di altro genere tra le quali la mancanza di potenza in altri frangenti avrebbe un ruolo preponderante se non esclusivo. Le cose si complicano, in clima di pari opportunità, ove si tratti di sapere quale potrebbe essere il gesto che i maschietti potrebbero rivolgere alle guidatrici che conducono altrettanto male. Vasto problema… Non a caso, del resto, molti grandi piloti sia di F1 (Rosberg padre, Hakkinen, Raikkonen), ma soprattutto di rally vengono da lì a conferma del fatto che saper guidare non significa mettersi su un rettilineo in autostrada ed andare (in Germania dove, su certi tratti autostradali, non ci sono limiti di velocità) a 320 km/h con una Ferrari, ma significa soprattutto avere testa e quello che essa contiene, il cervello, ben sviluppati, soprattutto a livello di neocortex (l’elemento anatomico cerebrale che maggiormente ci differenzia dai primati, anche da quelli più evoluti come i bonobo o i gorilla del Congo).
Elogiati, come meritano, i nostri amici finlandesi, ritorniamo a Befa ed in particolare agli altri espositori italiani. Ricorderemo innanzitutto Pilato, sempre con prodotti di altissimo livello. Quindi Alea, con i suoi ben noti frontali. Spencer era rappresentata, in assenza di Spadoni e Ciardella impegnati su altri fronti, da Laura Pastori e da una collaboratrice intente ad informare i numerosi visitatori sui prodotti esposti con dovizia di particolari. Infine Modit con i suoi prodotti tessili (divise per il personale e altro).
Ricorderemo per ultimo lo stand di Tanexpo che non solo ha ricevuto la visita regolare dei colleghi espositori italiani per il rituale caffè, ma anche di molti stranieri venuti a felicitarsi per l’eccellente livello della da poco conclusasi edizione 2010 a Bologna. Ci pare una giusta e meritata ricompensa al lavoro svolto per assicurare il successo alla grande manifestazione mondiale. Tali complimenti ci gratificano soprattutto quando essi ci giungono da professionisti qualificati del settore quali David Hyde e Rudolf Kleewein, rispettivamente organizzatori delle eccellenti NFE (l’esposizione funeraria britannica: prossima edizione in programma a Stoneleigh dal 10 al 12 giugno 2011) e Devota (in Austria, a Ried im Innkreiss, dal 23 al 25 settembre 2011) e presenti entrambi con propri stand. Ci ha fatto anche molto piacere vedere Beatriz Colom ed Ernestina Lafarga Perales impegnate a promuovere Funermostra, la fiera funeraria spagnola prevista nella bella Valencia dall’8 al 10 giugno 2011. Anch’esse unanimi nel riconoscere il successo della manifestazione bolognese.
Tra i diversi espositori come non menzionare la EP, azienda di software, o l’olandese Funeral Products di Peter Biemans, sempre attivissimo e sorridente. Gli indiani dicono che un sorriso non costa nulla ed apre molte porte. Chi, provvisto di un minimo di buonsenso, si azzarderebbe a contraddire tale palmare evidenza? I “musoni” inveterati avrebbero, forse, qualcosa da imparare dalla saggezza orientale. Atteggiamento ben integrato, viceversa, da Christian Wampl della svizzera Algordanza, presente anche a Bologna, che realizza diamanti tramite un trattamento appropriato delle ceneri da cremazione costituite essenzialmente da carbonio. Ed il diamante che cos’è se non un allotropo del carbonio caratterizzato da una particolare disposizione degli atomi di tale elemento?
Qualcosa che caratterizza le esposizioni germaniche è la presenza molto evidente di imprese specializzate nei funerali marini. Anche quest’anno Befa ne ha ospitate molte e non era difficile incrociare, nei corridoi, barbuti lupi di mare in tenuta da commodoro (con quattro “lasagne” sulle maniche). Negli stessi corridoi abbiamo rivisto una conoscenza di lunga data, Regina Mukiibi Mugongo, famosa imprenditrice di Kampala in Uganda e fresca rappresentante del suo paese in seno a Fiat–Ifta. L’abbiamo amabilmente rampognata per la sua assenza a Bologna ottenendo in cambio la promessa di essere con noi nel 2012. A proposito di Fiat–Ifta abbiamo come sempre avuto la gioia di rivedere la coppia Dirk Van Vuure e Gerard Knap con le rispettive consorti. Quest’ultimo sembrava eccessivamente turbato dallo squallido spettacolo offerto loro e ad altri avventori britannici la sera precedente in un locale sul lungo Reno da alcuni italiani che “speripateticizzavano” (insistiamo col neologismo forgiato in precedenza!) Tanexpo ed i suoi organizzatori. Tanto più avvelenanti ed avvelenanti quanto più scornati per il successo della manifestazione. Dispiace, peraltro, vedere che l’italietta dell’ignavia, della invidia, della maldicenza e del provincialismo gretto e becero così bene rappresentata da Alberto Sordi in molti dei suoi film continui ad esistere. Senza tuttavia che, come accade con i personaggi dell’Albertone, un lampo di orgoglio o di eroismo riscatti una vita da verme. Apparentemente è una tara che ci portiamo dietro da secoli e che, come il lavoro in nero o altre magagne nazionali (tutti abbiamo ancora in mente quello studio, pubblicato, sull’uso dei telefonini che verrebbero usati in Italia soprattutto per questioni di corna facendo così la gioia e soprattutto garantendo - vedi un po’ visto che siamo in tema - attributi in oro ai differenti operatori) rimane difficile da debellare. Sarebbe ingeneroso (per i simpatici primati nei quali si distinguono, come ben sanno gli zoologi, due sotto-ordini, le scimmie e le pro-scimmie) rievocare la storia delle scimmiette in smoking, però ci starebbe, eccome! Diceva un nostro amico calabrese durante certi viaggi fatti assieme all’estero: “Non facciamoci riconoscere!” comportandoci da italiani da caricatura, da macchiette, da maschere della commedia dell’arte.
Ma che figura! Ancora una volta la saggezza orientale ci viene in aiuto con un vecchio proverbio cinese: “Lo stolto molto parla e dice; l’uomo ragionevole spende qualche parola; il saggio tace!”. Sed de hoc satis! Molto avremmo da imparare da quei popoli, ma, è di dominio pubblico, nel bel paese siamo tutti geni! E fieri di esserlo!
Tranquillizzato il buon Gerard Knap abbiamo avuto il gran piacere di rivedere, a qualche settimana di distanza, Teresa Saavedra, la boliviana titolare di una prestigiosa impresa a Cochabamba e neoeletta Presidentessa dell’Alpar latino-americana. In occasione di Befa essa ha assunto anche la terza vice-presidenza di Fiat–Ifta, il che significa, in termini spiccioli, che fra qualche anno la vedremo alla testa di tale organizzazione stante il sistema di avvicendamento in vigore in quella struttura. Al presidente succede il primo vice. Il secondo allora diventa a sua volta primo e così via di due anni in due anni. È un giusto riconoscimento al lavoro indefesso svolto da Teresa nell’interesse della professione e ce ne rallegriamo perché ogni lavoro merita salario.
Per concludere come non ricordare la mostra di veicoli funerari tra i quali faceva bella mostra di sé un veicolo degli anni cinquanta della Misericordia di Piombino, dono della Pilato ad Emmanuel von Sidow, nonché una esposizione di storici abiti da cerimonia funebri di tutta Europa di proprietà della azienda funeraria di Serguei Yakushin di Novosibirsk, in Russia asiatica, e che avevamo già avuto modo di ammirare a Mosca in occasione dell’ultima esposizione funeraria colà svoltasi. La mostra è diventata itinerante e dopo Düsseldorf essa andrà ad Amsterdam e quindi a Barcellona.
Da ultimo ci sentiamo di complimentarci con la WP-Wood Products di Ulisse Amadio che, dopo molti anni di ricerca e di onerosi investimenti, sta uscendo sul mercato con una gamma di accessori per cofani dalle qualità eccezionali che già hanno trovato estimatori presso i grandi esperti del settore. Ad essi, conoscenza occasionale di una serata in birreria, vada il nostro augurio di franco successo. Ai nostri occhi essi rappresentano l’Italia che tace e che opera producendo in loco e dando lavoro ai nostri connazionali. Senza blaterare e senza abbandonarsi a geremiadi ipocrite perché arrivano i cinesi. Soprattutto quando questi ultimi giungono col cavallo di Troia predisposto dai furbetti del quartierino, ben italiani, che tentano di intubare i loro concorrenti pur essendo i primi a piangere e ad inveire contro il pericolo giallo. Per certi aspetti una versione aggiornata e commerciale del vecchio e colorito detto napoletano “È comm’a zoccola che chiagne e f…e!”.
WP, dunque, come esempio di quell’ideale greco, che tanto ci sta a cuore, della “kalokagazìa”, la sintesi di “kalòs” (bello) e (kai) “agathòs” (buono), i tratti distintivi dell’ideale di uomo compiuto. Non a caso il periodo forse più prestigioso della nostra storia, il Rinascimento (da un presunto oscurantismo medievale che tale, tuttavia, non era), trova le sue origini in quell’Umanesimo che rimette l’uomo al centro dell’universo alla luce dei cenacoli e delle accademie, platoniche o aristoteliche, che tra Firenze e Padova riscoprono il patrimonio filosofico greco. In questo Uomo, con una “U” grande così, vogliamo ancora, nonostante i pessimi esempi che ci circondano, credere. Forse non tutto è perduto.
Buon lavoro e buone vacanze a tutti!
Il Viaggiatore