Rotastyle

Il "Design dell'oltre" di BG+ Progettazione

Per trasformare la morte in luce

La grotta di Qafzeh, in Israele, è un sito archeologico di assoluta importanza non tanto perché contiene scheletri umani vissuti 100.000 anni or sono, ma soprattutto perché documenta una delle più straordinarie “invenzioni” nella storia dell’uomo: la sepoltura dei morti. Questa invenzione e il rituale ad essa collegato mettono in evidenza un passaggio concettuale di straordinaria rilevanza: per la prima volta l’uomo “inventa la speranza”, ossia immagina una vita oltre la morte. L’uomo del Paleolitico superiore non si sente più soltanto parte di un ciclo naturale della vita e appartenente a un contesto ambientale nel quale riposare, essere dimenticato e “ritornare polvere”: inventa “l’al di là”, un oltre alla dimensione naturale. Conseguentemente, inventa la “memoria dei defunti”, il ricordo, la relazione tra sé e l’altro, tra la dimensione terrena e quella ultra terrena. Questo uomo primitivo inventa anche un altro aspetto che risulterà decisivo nella sua evoluzione culturale, il “pensiero simbolico”, la capacità di associare concetti diversi ad oggetti differenti: i simboli che stanno alla base del linguaggio, della comunicazione, delle scienze. Nella grotta di Qafzeh, l’uomo primitivo inventa i “rituali della sepoltura”: la presenza di ossa colorate di rosso e l’associazione dell’ocra rossa, un pigmento naturale ritenuto simbolo di vita, alla morte/viaggio nell’aldilà testimoniano un salto mentale di straordinario valore che supera ogni dimensione funzionale e “utilitarista” per acquisire i tratti della “pietas”, del desiderio di “marcare” con un colore/simbolo del sangue e della vita ciò che era inesorabilmente consunto.
Attraverso la storia delle sepolture sarebbe possibile ri-costruire quella delle culture, delle comunità, delle realizzazioni, dei rituali, dei comportamenti, degli artefatti, della produzione artistica di millenni. I luoghi di sepoltura fin dalle origini divennero luoghi di ritrovo, di relazione, di ritualità e di socialità: in molte culture ancora oggi la continuità/contiguità con i defunti viene sancita da incontri conviviali o da conversazioni. I cimiteri così come li conosciamo vengono definiti alla fine del ‘700: l’abate Scipione Piattoli considera un abuso l’uso delle sepolture all’interno delle chiese per motivi storici, in quanto usanza assolutamente estranea agli usi degli antichi cristiani, e principalmente per motivi igienici, in quanto rappresentano per i fedeli che le frequentano un vero pericolo, e ribadisce “l’indispensabile necessità de’ Cimiteri fuori dalle città”. In Italia i primi cimiteri pubblici risalgono ai decenni successivi al Congresso di Vienna; in essi sono già contenuti i principi che ne determineranno una progettazione completamente nuova: il divieto assoluto ad effettuare seppellimenti in luoghi di culto chiusi e nelle città; un posizionamento esterno al centro abitato e possibilmente esposto a nord e cinto da un muro alto due metri; il diritto ad una sepoltura individuale che potrà essere rinnovata dopo cinque anni. Da queste disposizioni hanno origine le vaste dimensioni dei cimiteri attuali che vanno a riunificare tutte le sepolture. Verso la metà dell’800 la possibilità di ottenere un posto distinto e separato per sé e per la propria famiglia costituirà un importante fattore per la “monumentalizzazione” del cimitero urbano. Ma il modello ottocentesco è inevitabilmente andato in declino: una nuova cultura della morte, nuovi comportamenti, nuovi approcci rispetto alla vita, al ricordo, alla relazione con i defunti hanno trasformato profondamente i rituali e la fruizione dei luoghi di sepoltura.
Il progetto di un nuovo cimitero, di un luogo della pace, della memoria, della serenità e della luce si inserisce in una scelta emergente nella realtà contemporanea: la cremazione, civilissima e antichissima pratica in uso presso popoli di diverse culture che risparmia al corpo il processo degenerativo, biologico ed inesorabile della decomposizione e che da sempre è intesa come simbolo di purificazione, di liberazione dello spirito e di immortalità dell’anima.
L’idea di BG+ progettazione si propone di:
contrapporsi all’ineluttabilità della trasformazione del corpo in cenere, per farlo realmente diventare un diamante, espressione della purezza e della luce;
creare una profonda contrapposizione al concetto “tradizionale”di morte intesa come buio, tenebre ed oblio per incamminarsi sui sentieri della luce, dell’eternità, della relazione luminosa;
recuperare il senso originario della sepoltura negli aspetti simbolici, rituali e relazionali attualizzandolo ed inserendolo nella cultura contemporanea;
ri-costruire un luogo, una relazione con i defunti e con la memoria come esperienza di serenità, di pace, di gioioso incontro.
L’opera si concretizza in un artefatto che si colloca nel tessuto urbano, in un ambiente naturale, sollecitatore di silenzio e di meditazione, fruibile ogni giorno: un luogo della memoria, della luce, della serenità.
Il cielo stellato sopra di noi e la legge morale dentro di noi”. Questi principi del filosofo Immanuel Kant hanno guidato gli elementi costruttivi del progetto che si concretizza in:
• una grande cupola d’acciaio che all’interno trova incastonati i diamanti-defunti, nuove stelle del firmamento del ricordo, della pietas e della relazione con i vivi;
• una struttura di stanzialità (sedute e leggii) sotto la cupola, per supportare il tempo del raccoglimento e del ricordo (dopo aver “acceso” il diamante del proprio defunto tramite un computer o un transponder collegabile al cellulare);
• un insieme di stele, in ocra rossa, nelle quali sono riportati gli elementi essenziali del defunto (nome, cognome, fotografie e date) collocate a lato della cupola centrale;
• una delimitazione realizzata con materiale trasparente, comunicante, “un muro di concetti chiave” scritti sulle vetrate che permettono la vista, che favoriscono la fruizione e che “definiscono” il luogo.
Non solo una struttura, ma anche una utilizzazione ed una esperienza fatta di ricordi, di culto della memoria, di luce.
 
Francesco Schianchi
(sociologo)

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