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TORCE, TROMBE e CANTI

i riti dell'antica Roma

Il rito funerario più antico, nel mondo romano, era rappresentato dall'inumazione: lo riferiscono anche gli scrittori Cicerone e Plinio. Il sepolcreto nel Foro, però, che si data dall'VIII al VI sec. a.C. contiene tanto tombe di inumati quanto di cremati: testimonianze hanno rivelato infatti che, nel corso del V sec. a.C., erano praticati entrambi i tipi di sepoltura.

Nell'età repubblicana, dal 400 a.C. in poi, il rito abituale era diventato quello della cremazione, diffusa ininterrottamente sino a tutto il I sec. d.C. Di seguito, iniziò a diffondersi nuovamente l'inumazione. Mentre a quest'ultima consuetudine si rifaceva l'idea che il morto deve ritornare alla terra dalla quale ha avuto origine, alla cremazione si collegava la funzione purificatrice del fuoco, che libera l'anima dall'involucro corporeo.

Ritrovamenti archeologici dimostrano anche la conoscenza presso i Romani delle tecniche dell'imbalsamazione, anche se poco diffuse. Un esempio è venuto alla luce nel 1964: nei dintorni di Roma, è stato trovato il cadavere mummificato di una bambina di 7-8 anni, databile attorno alla seconda metà del II sec. d.C. Alcuni studiosi hanno pensato che la bambina fosse figlia di un ufficiale romano che viveva in Egitto, dove sarebbe morta e lì imbalsamata e solo successivamente trasportata nella penisola. Altri non escludono però che la mummificazione fosse stata eseguita a Roma, dove esistevano abili imbalsamatori secondo la moda egizia.

Il "funus" nell'antica Roma.
Con il termine "funus" i Romani indicavano tutto ciò che accadeva tra il momento della morte e il compimento delle ultime cerimonie successive alla sepoltura. Il rituale funerario romano si basava su due concetti: innanzitutto, la morte comportava una sorta di contaminazione e richiedeva atti di purificazione da parte dei vivi; in secondo luogo, lasciare un cadavere senza sepoltura era causa di spiacevoli conseguenze sul destino dell'anima del defunto.

Le esequie dovevano essere effettuate con la maggiore solennità possibile. Nel caso di membri di classi più elevate, i preparativi per i funerali venivano affidati ad imprese professionali di pompe funebri ed ai loro dipendenti: la sepoltura dei poveri e dei bambini era invece molto semplice.

Quando la morte era imminente, i parenti e gli amici intimi si radunavano attorno al letto del moribondo per confortarlo e sostenerlo. Il parente più stretto tra i presenti gli dava l'ultimo bacio per trattenere l'anima che, così si credeva, lasciava il corpo insieme all'ultimo respiro. Lo stesso parente chiudeva gli occhi della persona defunta e poi tutti gridavano ad alta voce il suo nome e la piangevano. Il cadavere veniva alzato dal letto, appoggiato a terra, lavato, spalmato di unguenti e profumi e vestito. Veniva anche introdotta in bocca una moneta, per pagare il viaggio del defunto sulla barca di Caronte. L'esposizione del cadavere nella camera ardente, sopra un grande letto (se la famiglia era benestante) e con i piedi rivolti verso la porta di casa, talvolta si prolungava addirittura per sette giorni.

Nei tempi più antichi, i funerali si svolsero di notte, alla luce delle torce, per evitare ai sacerdoti e ai magistrati la vista di un cadavere. Tale uso rimase poi in età repubblicana solo per la sepoltura dei bambini, mentre in tutti gli altri casi il corteo era in pieno giorno: il feretro, aperto, veniva portato via da casa dai parenti maschi o dagli amici più stretti oppure dagli schiavi liberati in occasione della morte. I portatori potevano essere quattro, come nel caso dei poveri, ma il loro numero poteva salire sino ad otto. Il corteo era aperto dai suonatori di trombe: talvolta la musica si interrompeva per consentire i canti.


La sepoltura.
Doveva avvenire all'esterno delle città: le eccezioni erano ammesse solo nel caso di personaggi di particolare importanza e degli imperatori. Non appena il corteo funebre giungeva al luogo dell'inumazione o della cremazione, dopo l'elogio funebre pronunciato da un parente prossimo, veniva compiuto il gesto di gettare una manciata di terra sul cadavere; in caso di cremazione, si spezzava una piccola parte di un osso da seppellire. Per quanto riguarda l'inumazione, i più poveri venivano deposti direttamente nella terra, i ricchi in sarcofagi particolarmente scolpiti, le persone mediamente benestanti in sarcofagi più semplici di marmo, pietra, terracotta o legno. Potevano poi essere collocati in tombe a camera o sepolti sotto la terra.

La cremazione del cadavere e del letto funebre poteva essere effettuata nel luogo dove venivano seppellite le ceneri o in un luogo diverso, riservato alle cremazioni. Il defunto veniva circondato da doni di vario genere, da oggetti personali e talvolta anche dagli animali domestici, uccisi sulla pira per accompagnarlo nell'aldilà. Parenti e amici gridavano per l'ultima volta il suo nome e veniva appiccato il fuoco con delle torce. Le ceneri, irrorate di vino, venivano raccolte dai parenti e riposte in urne cinerarie, in marmo, pietra, terracotta. Tali urne venivano poi sotterrate o poste in una colombaia.

Al ritorno dal funerale i parenti dovevano sottoporsi ad un rito di purificazione con acqua e fuoco e nello stesso giorno si consumava presso la tomba un banchetto funebre, in onore del defunto.
 
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