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LE TOMBE DEI RE DI SPAGNA ALL´ESCORIAL

El Escorial:
il monastero Reale di San Lorenzo


"Non dimenticate soprattutto quanto ebbi a dirvi: semplicità di forma, austerità nella concezione d´insieme, nobiltà senza arroganza, maestà senza ostentazione".
Questo era l´ammonimento che Filippo II soleva impartire al proprio architetto Juan de Herrera per la realizzazione del Reale monastero di San Lorenzo di El Escorial. Il periodo della costruzione dell´edificio corrisponde, d´altra parte, agli anni della Controriforma e del Concilio di Trento, e la sorprendente severità e sobrietà dell´Escorial sono indicative sia dello spirito religioso spagnolo che del fervente cattolicesimo di Filippo II.

La sua fede ascetica e rigorosa è riflessa nelle superfici disadorne della costruzione, rigida composizione rettangolare di spazi e torri quadrate marcanti i quattro angoli.

Il Reale monastero di San Lorenzo di El Escorial
Ad una quarantina di chilometri a nord di Madrid si trova la località di El Escorial, famosa per il Reale monastero di San Lorenzo, fondato dal re Filippo II dopo la decisiva vittoria di San Quintino, riportata dal suo esercito il giorno di San Lorenzo (10 agosto 1557). Il complesso non sorse quindi come residenza reale, ma come fondazione pia abitata dagli eremiti dell´Ordine di San Gerolamo, isolati in una zona desertica, e consacrati alla preghiera per l´anima di Carlo V, Filippo II e il resto della Famiglia reale ivi sepolta.

Secondo una interpretazione diffusa, la graticola, strumento del martirio di san Lorenzo, suggerì il modulo compositivo dell´edificio: un quadrilatero (208 x 162 m), con corti interne, quattro torri d´angolo (i piedi della graticola) e un edificio sporgente a est (il manico). Altre letture critiche, invece, attribuiscono la forma del maestoso complesso alla volontà di Filippo II di ricostruire il Tempio di Salomone, di Gerusalemme; altri ancora vogliono vedere nel rigido impianto ortogonale l´influsso classico italiano, dal palazzo di Diocleziano a Spalato ad alcune soluzioni formali della Basilica di San Pietro oltre a echi di progetti di alcuni fra i nostri più grandi architetti (Alessi, Tibaldi, Sangallo). Juan Bautista de Toledo, Castello, Francisco de Mora e Juan de Herrera furono gli architetti dell´immenso edificio (1563-1584), sotto la guida di Filippo II e del suo consigliere Jacopo da Trezzo. Spiccano anche i nomi di alcuni architetti italiani, che progettarono parti del complesso, come G.B. Castello di Bergamo, cui si deve lo scalone imperiale, e il romano G.B. Crescenzi, il cui nome è legato alla realizzazione del Pantheon dei Re.

Proprio a partire dalla metà del Cinquecento, infatti, l´arte e la cultura italiane stavano godendo in Europa di un prestigio sino allora mai raggiunto: il Rinascimento italiano si impone in tutte le corti europee nella piena maturità dei suoi altissimi risultati formali, pittura, scultura, architettura. Il prestigio raggiunto all´estero, in epoca rinascimentale, dagli artisti italiani è testimoniato anche da alcuni significativi aneddoti, come quello che ricorda l´imperatore Carlo V, padre di Filippo II, chinarsi a raccogliere il pennello caduto a Tiziano ed esclamare: "Tiziano è degno di essere servito da Cesare.

Ci sono molti principi ma un solo Tiziano". L´insieme dell´immenso complesso di granito grigio blu è di un classicismo maestoso e severo. Il grande quadrilatero presenta quattro lunghe facciate, delle quali la più imponente, ed anche la più bella, è quella del fronte sud. Ad ovest il fronte principale, con la statua di San Lorenzo (alta 4 metri e 20); dal vestibolo si accede direttamente al Patio de los Reyes, mentre sulla destra si accede al monastero, con un´importante e ricchissima libreria, il refettorio ed il convento vero e proprio. Sulla sinistra si trova invece il collegio.

La cameretta che Filippo II occupò nell´ultima parte della sua vita e dove morì è adiacente al coro della chiesa: attraverso un´apertura nel muro egli poteva assistere alla Messa benché malato. La grande chiesa, a croce greca, è sormontata da una cupola con lanterna (gli affreschi sono di Luca Giordano); la Capilla mayor racchiude un immenso paliotto, con un tabernacolo del da Trezzo e due gruppi di statue inginocchiate, in bronzo dorato, opera di Leone e Pompeo Leoni: a destra Carlo V e la sua famiglia, a sinistra Filippo Il e la sua famiglia. I successori di Filippo II apportarono alcune modifiche ed aggiunte alla costruzione, che fu completamente restaurata sotto Ferdinando VII. L´Escorial per ben due volte è stato devastato dal fuoco, ed è stato anche saccheggiato dalle truppe francesi nel 1807, destino comune a moltissimi edifici religiosi dell´Europa durante le campagne napoleoniche, che portarono la soppressione di tutti i conventi e la loro distruzione o spoliazione.


Il Pantheon dei Re e degli Infanti
Ai Pantheon si accede dall´interno della chiesa, a destra dell´altare maggiore. Uno dei due scaloni conduce ad una porta di marmo e bronzo, dove campeggia la scritta: "Sito dedicato dalla pietà degli Austriaci alle spoglie mortali dei Re Cattolici, ..., Carlo V, il più illustre dei cesari, desiderò questo luogo dell´ultimo riposo per sé e quelli della sua stirpe; Filippo II, il più prudente dei re, lo disegnò; Filippo III, principe dalla profonda pietà, diede inizio alle opere; Filippo IV, grande per la sua clemenza, costanza e religiosità, lo ingrandì, abbellì e terminò nell´anno del Signore 1654".

Un altro lungo scalone scende poi al Putridero (marcitoio), ove i corpi dei sovrani restavano cinque anni, e poi al Panteón de los Reyes, collocato al di sotto del presbiterio della chiesa. Già ai tempi di Filippo II esisteva una sorta di cappella-cripta, rivestita di granito, ma fu Filippo III, nel 1617, a decidere di adibirla a tomba dei re, incaricando il suo soprintendente Crescenzi di farla rivestire di marmi e bronzo. I lavori si conclusero solo nel 1654, sotto Filippo IV. La magnificenza decorativa del Panteón esercitò grande influenza sul barocco spagnolo, come ad esempio nel caso della camera sepolcrale dei Duchi del Infantado, a Guadalajara.

Il Panteón ha forma ottagonale, contiene quattro file di nicchie, in ciascuna delle quali si trova un sarcofago, e nel fondo ha un altare di marmo verde di Genova, sormontato da un Crocifisso, lavoro dell´italiano Pietro Tacca. Gli angeli furono realizzati dal milanese Cesari ed il candelabro dal genovese Virgilio Franchi. I sovrani che hanno regnato sono sepolti a destra di questo altare, mentre alla sinistra sono le tombe delle loro consorti da cui hanno avuto discendenza.

Nel 1862, per poter collocare altri defunti della famiglia reale, a causa della ridotta dimensione del locale contiguo che fungeva da tomba per gli Infanti, Isabella II fece costruire il nuovo Panteón de los Infantes: in tutto nove camere, sotto la sacrestia e la sala capitolare. Sempre rivestite di marmi e bronzo, esse sono realizzate in stile eclettico-storicista, e introducono nel contempo alcune nuove forme di pesantezza veramente "sepolcrale". Vi sono conservate le ceneri di tutti i principi ed infanti di Spagna e delle regine che non ebbero eredi.

Nella rotonda dei bambini si trova un quadro della bolognese Lavinia Fontana, rappresentante la Sacra Famiglia

Giovan Battista Crescenzi
Di nobile famiglia romana e fratello di un cardinale nominato marchese da Filippo IV, era nato nel 1577; venne in Spagna nel 1617, per dirigere l´équipe di decoratori italiani che terminarono il Pantheon dei Re, dove sicuramente lavorò alle opere bronzee, ma non alla realizzazione di quelle in pietre e marmi. Nel 1630 fu nominato soprintendente alle Opere Reali, nonostante l´aperta opposizione di alcuni membri. Morì nel 1635. A parte il riconoscimento del suo ruolo di cortigiano, gentiluomo di camera e maggiordomo, di gusti raffinati e competenza in campo artistico, la critica si divide tra il considerarlo realizzatore attivo o semplice mediatore tra il re e gli artigiani veri e propri


Filippo II e la Spagna del ´500
Il principale mecenate della Spagna del secondo Cinquecento fu Filippo Il, salito ai troni di Spagna e di Napoli dopo il ritiro nel convento di San Giusto del grande re Carlo V, la cui lunga consuetudine con Tiziano ne attesta, come abbiamo già detto, le conoscenze pittoriche. Le sue simpatie artistiche italianizzanti ed il temperamento personale, rigido, devoto e scrupoloso sino alla morbosità, gli dovevano rendere affine la severità dello stile del Vignola, in auge a Roma dopo la metà del secolo, ed invece incomprensibile il ben più ornato stile plateresco.

Questo peculiare stile spagnolo derivava il suo nome direttamente da plata, l´argento, e si riferisce alla particolare tecnica utilizzata dai cesellatori del prezioso metallo. Filippo, da adolescente, aveva visitato le terre del grande regno di suo padre, regno sul quale non tramonta mai il sole, all´età in cui tutti i giovani sono desiderosi di assimilare cose mirabolanti ed esperienze nuove. Sicuramente tutti i sontuosi palazzi visitati ed i loro splendidi giardini dovettero suscitare in lui un desiderio di emulazione, poiché addirittura prima di tornare in Spagna aveva già cominciato a disporre l´inizio dei lavori ai palazzi la cui ristrutturazione egli diresse personalmente, nello stile di quelle terre.

È d´altra parte noto che Filippo II stesso intervenne durante l´esecuzione dell´Escorial, apportando ai disegni svariate modifiche e semplificazioni. Benché sia uso definire freddo e monotono il complesso architettonico realizzato al termine di queste travagliate vicende, ove si ponga mente a tanta parte dell´architettura spagnola cinquecentesca, pare più appropriato definirlo grandioso e semplice.
 
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