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Ah l'America!

Idrolisi alcalina e riduzione organica naturale: due metodi di trattamento dei corpi recentemente approvati dallo Stato di Washington.

Arrivano dagli Stati Uniti le ultime novità in tema di cremazione che prevedono alternative rispetto ai metodi tradizionali.
Ha destato interesse e qualche commento non propriamente ripetibile la notizia della approvazione il 19 aprile 2019 con legge SB 5001 dello Stato di Washington (USA) di due nuove forme di trattamento dei cadaveri:
  • la “idrolisi alcalina” (nota in Italia come cremazione liquida o resomation), definita come “la riduzione di resti umani a frammenti ossei ed elementi essenziali in un impianto di idrolisi autorizzato che utilizza calore, pressione, acqua e agenti chimici di base”. Ne avevamo già parlato nel numero 6/2017 di Oltremagazine. Con la legittimazione legislativa anche in questo Stato americano e con oltre una ventina di installazioni sul territorio USAOltreoceano è ormai una realtà, non ancora attuata nei principali Paesi europei, dove la cremazione calda (quella tradizionale, per intenderci) è l’unica soluzione tecnologica ammessa;
  • la “riduzione organica naturale”, definita come “la conversione in ambiente controllato e accelerata dei resti umani nel suolo”. Che è una novità assoluta per il nostro settore.
Non è invece stata autorizzata dallo Stato di Washington la cosiddetta cremazione fredda, cioè l’applicazione dei principi di liofilizzazione al corpo umano, sistema molto caro in Italia ai movimenti “No-Crem”, di cui peraltro non risulta alcuna concreta applicazione nel mondo.

La legge americana è stata approvata con ampia maggioranza (38 favorevoli e 11 contrari al Senato e 80 favorevoli e 16 contrari alla Camera) ed entrerà in vigore il 1° maggio 2020. Con la stessa legge SB 5001 si è operata una modifica normativa di grande rilevanza, non ancora percepita dai più, e cioè la equiparazione tra le varie tipologie di trasformazione cadaverica. Difatti, ai fini della destinazione finale, non si fa differenza tra “resti umani o resti, il corpo di una persona deceduta, compresi i resti che seguono il processo di cremazione, idrolisi alcalina o riduzione organica naturale. Questo include anche il corpo in ogni fase di decomposizione”. In sostanza nello Stato di Washington vi è equiparazione tra cadavere sepolto, resti mortali esiti di fenomeni cadaverici trasformativi conservativi e ceneri.

Come funzionano le autorizzazioni in America

Vediamo però ora di approfondire le questioni legate alla tecnologia trasformativa. Per gestire un crematorio o una cremazione, per operare o condurre una idrolisi alcalina, per operare o condurre una riduzione organica naturale, o per utilizzare un impianto di riduzione organica naturale è necessaria una licenza o una autorizzazione specifica. E negli USA non scherzano: esiste con ampi poteri il Funeral and Cemetery Board (Board), che applica e amministra le leggi relative ai cimiteri, agli obitori e ai resti umani.
Il direttore del Dipartimento delle licenze (DOL), che dipende da esso, avvalendosi se occorre dei pareri dello stesso Board, è incaricato di amministrare le leggi. Le strutture, compresi i crematori che eseguono servizi dedicati ai defunti, devono quindi essere dotate di specifica licenza, con permesso o approvazione dalla DOL e possono essere da questo ispezionate. Il direttore del DOL nomina l’Ispettore degli stabilimenti funebri, dei crematori, dei direttori funebri e degli imbalsamatori dello stato di Washington, che deve essere stato a sua volta un impresario funebre e imbalsamatore autorizzato nello Stato, con un minimo di cinque anni consecutivi di esperienza. L’ispettore è autorizzato, ai fini ispettivi, ad entrare nei locali o nella sede degli affari dell’impresa funebre o nei luoghi dove avviene l’imbalsamazione o la cremazione; rientra inoltre tra i sui compiti controllare le licenze e le registrazioni degli impresari funebri, imbalsamatori, operatori di cremazione e praticanti.

Come si noterà, quello statunitense è un sistema soggetto a notevoli controlli, con precise regole di formazione, con numerose scuole che offrono programmi educativi completi e con aggiornamenti periodici obbligatori. E, per finire, con verifiche concrete sul campo, portate a termine da persone competenti. Non oso fare commenti o parallelismi con l’attuale situazione italiana!

Cos’è la “riduzione organica naturale”?

Cerchiamo di capire cosa è la cosiddetta “riduzione organica naturale”. Per semplicità la si può assimilare ad un processo che avviene dentro ad un digestore organico, che è un sistema utilizzato in agricoltura. Mentre in agricoltura lo scopo è quello di trasformare la materia organica per produrre biogas e compost, in questo caso l’obiettivo è quello della trasformazione della materia organica in compost estraendo il gas che si forma e accelerando il processo immettendo aria e quindi ossigeno. Il tutto si svolge in ambiente controllato: il corpo del defunto viene avvolto in un sudario e posizionato in un lungo contenitore d’acciaio a sezione esagonale, adagiato su un letto di trucioli di legno, erba medica e paglia. I gas prodotti dal processo vengono aspirati periodicamente, immettendo aria pulita e/o ossigeno per accelerare l’attività microbica. Nel giro di circa un mese, secondo chi produce questi acceleratori di decomposizione, il cadavere viene ridotto in compost che, riconsegnato alla famiglia, può farne quel che vuole, anche essere usato come ottimo terriccio per far crescere fiori e alberi.
Coloro che intendono saperne di più possono consultare in internet il testo di legge completo per valutare i contenuti dell’innovazione normativa (ovviamente in inglese).

Prima di legiferare sulle nuove metodiche di trattamento dei cadaveri, sono stati autorizzati e svolti studi e prove sulle tecniche utilizzate, con la messa in funzione di impianti sperimentali: a quelli dedicati alla resomation, allo studio da anni, se n’è recentemente aggiunto uno per la riduzione organica naturale, con l’utilizzo di sei corpi donati alla scienza.

Chi si è battuto per l’introduzione di questa nuova tecnica di trattamento dei cadaveri è la Public Benefit Corporation denominata Recompose, (recompose.life), diretta da Katrine Spade, che dichiara: “Il nostro team sta ancora lavorando per proporre i nostri servizi. Il nostro obiettivo è costruire un business sostenibile per fare della riduzione organica naturale un’opzione permanente di trattamento dei cadaveri, servire le persone nei decenni a venire, e rendere i nostri servizi disponibili a tutti coloro che li desiderano.”

Ma quanto costerà questo nuovo servizio?

La risposta, che troviamo sempre sul sito di questa associazione no profit, non è precisa, ma dà un’idea: “Ci aspettiamo che il servizio Recompose costi più di una cremazione diretta, ma meno di una sepoltura convenzionale. Oltre a creare prezzi accessibili, stiamo formando un fondo comunitario per sostenere chi ha meno risorse. Se ti iscrivi per aggiornamenti qui, ti informeremo quando i prezzi saranno disponibili.” In sostanza il nuovo sistema costerebbe di più della cremazione calda.

La Public Benefit Corporation ha recentemente lanciato una richiesta di fondi per 6,75 milioni di dollari di raccolta, con un investimento minimo di 100.000 $. La prima realizzazione concreta di una “factory”, cioè uno stabilimento che preveda la riduzione organica naturale, è prevista a Seattle (USA). Sul fronte ambientale l’associazione no profit asserisce di aver fatto svolgere un calcolo di LCA (life cycle assessement) ossia di valutazione del ciclo vitale, i cui risultati sono ampiamente a favore del nuovo metodo, visto che gli effetti ambientali sono di minor inquinamento (anche se va detto che nel sito i contenuti dello studio non sono disponibili).

Per concludere: si tratta di una tecnologia agricola applicata al settore funerario, che è tutta da approfondire e valutare per gli effetti concreti che produrrà. Auguriamoci che non sia una “americanata”!
 
Daniele Fogli


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